I giudici di legittimità, con la pronuncia in esame, hanno statuito che Il fatto che l’atto di apertura del procedimento disciplinare disposto dal Consiglio dell’ordine territoriale a carico di un avvocato non costituisca una decisione ai sensi dell’ordinamento professionale forense, bensì sia da qualificarsi come mero atto amministrativo, il quale non incide, in maniera definitiva, sul relativo status professionale, e non decide questioni pregiudiziali a garanzia dei corretto svolgimento della procedura (così S.U. n. 28335 del 2011 ) - e come tale non è autonomamente impugnabile davanti al Consiglio nazionale forense - , non determina automaticamente la sua impugnabilità davanti al giudice amministrativo. Infatti, secondo il Collegio, un intervento del giudice amministrativo violerebbe il principio del giudice naturale precostituito per legge, con un’inammissibile doppia trasgressione dell’ordo processus: da un lato, quello che vuole impugnabile soltanto davanti al Consiglio Nazionale forense unicamente il provvedimento definitivo emesso dal Consiglio dell’Ordine locale, dall’altro, quello per cui le decisioni del Consiglio nazionale forense possono essere impugnate soltanto davanti alle Sezioni Unite della Corte dl cassazione. Inoltre la qualificazione di atto amministrativo dell’atto di avvio del procedimento disciplinare, peraltro, ai di là dei rilievi evidenziati, non conforta la tesi della sua impugnabilità davanti al giudice amministrativo, anche per la sua natura di atto interno al procedimento (endoprocedimentale) amministrativo che si svolge davanti al Consiglio dell’ordine locale, privo dl una sua autonoma rilevanza esterna. Rilevante è - prosegue il Collegio, invece, il provvedimento definitivo, nel quale confluisce al termine del procedimento disciplinare in sede locale; provvedimento questo, impugnabile davanti all’Organo giurisdizionale provvisto di giurisdizione: il Consiglio Nazionale forense”.