Nel caso di controversia tra avvocato domiciliatario e cliente, la competenza territoriale spetta al Tribunale del luogo in cui l’obbligazione deve essere adempiuta, ovvero lo studio legale del professionista. E’ quanto stabilito dalla Sez. VI Civile della Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza 19 maggio - 23 giugno 2011, n. 13896. Con tale pronuncia la consulenza ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Forlì si era in precedenza dichiarato territorialmente incompetente in favore del foro di Rimini, in accoglimento dell’eccezione di incompetenza territoriale avanzata da un avvocato convenuto in una controversia sorta con due clienti. In effetti, a Rimini vi era la residenza del procuratore domiciliatario, nonché il suo studio legale; dove era stato concluso il contratto e dove la prestazione doveva essere eseguita. I clienti hanno quindi proposto ricorso per regolamento di competenza, sulla scorta di quattro motivi, ritenuti infondati dalla Corte. La Cassazione ha condiviso la soluzione del Tribunale circa l'individuazione della competenza, in quanto, sia con riferimento al mandato, sia con riferimento alla procura alle liti, gli effetti del contratto tra le parti debbono considerarsi perfezionati nel comune di Rimini. In effetti, essendo un atto unilaterale recettizio, la procura alle liti si è perfezionata nel momento e nel luogo in cui il destinatario ne ha avuto conoscenza (art. 1334 cod. civ.), ovvero in Rimini. L’ indubbia dimostrazione della proposta di domiciliazione legale non può che essere desunta dal materiale invio degli atti di causa all’avvocato nominato come corrispondente, e la prova certa dell'accettazione si desume solo dall'esecuzione dell'incarico da parte del destinatario, esecuzione che si è esplicitata mediante la sottoscrizione della dichiarazione di autentica delle firme dei clienti, mediante l'iscrizione della causa a ruolo e mediante le successive attività procuratorie, svolte in Rimini. Infine, sulla scorta di un recente orientamento giurisprudenziale, la Suprema Corte ha ritenuto che l'obbligazione debba essere adempiuta presso il domicilio del creditore, ai sensi dell'art. 1182, 3° comma, cod. civ., nel caso in cui abbia per oggetto una somma di denaro determinata o determinabile sulla base di elementi precostituiti nel titolo dedotto in giudizio, essendo irrilevante sia la complessità della determinazione dell’importo (Cass. civ. Sez. 3, 14 ottobre 2005, n. 19958; 12 gennaio 2007, n. 453; 31 maggio 2010, n. 12455); sia che esso sia contestato dalla controparte e debba essere accertato dal giudice, in quanto la competenza deve essere individuata sulla base della domanda e non con riferimento alla sua fondatezza nel merito (Cass. civ. Sez. 2, 18 gennaio 2007, n. 1122; Cass- civ. Sez. Lav. 17 maggio 2007, n. 11415; Cass. civ. Sez. I, 25 settembre 2009, n. 20718). In conclusione, atteso che la domanda suddetta abbia un oggetto determinato o “determinabile in base al titolo contrattuale, poiché si tratta del corrispettivo di un mandato professionale, che per legge deve essere individuato dal giudice sulla base di apposite tariffe, vincolanti per le parti ed incluse fra gli effetti contrattuali, pur se non espressamente richiamate, in virtù del principio di cui all'art. 1374 cod. civ.”, il contratto vincola le parti non solo a quanto è sancito nello stesso, ma anche a tutte le conseguenze previste secondo la legge.