Stop alla costituzione di parte civile nell'ambito di un procedimento per responsabilità amministrativa di una società. Lo affermato la Corte di giustizia europea con la sentenza della seconda sezione del 12 luglio 2012, causa C-79/11. Secondo i giudici "l’articolo 9, paragrafo 1, della decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, deve essere interpretato nel senso che non osta a che, nel contesto di un regime di responsabilità delle persone giuridiche come quello in discussione nel procedimento principale, la vittima di un reato non possa chiedere il risarcimento dei danni direttamente causati da tale reato, nell’ambito del processo penale, alla persona giuridica autrice di un illecito amministrativo da reato." La vicenda Nel luglio 2010 il pubblico ministero presso il Tribunale di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio del sig. Giovanardi e a., accusati di aver concorso colposamente a causare il decesso di una persona e lesioni gravissime ad altre. I fatti sono avvenuti nel 2008, nel corso di lavori che gli imputati stavano compiendo, quali dipendenti della Rete Ferroviaria Italiana Spa, per la rimozione di alcuni dispositivi di sicurezza degli scambi su di un nodo ferroviario. Sono state anche rinviate a giudizio due persone giuridiche, la Elettri Fer s.r.l. e la Rete Ferroviaria Italiana Spa, chiamate a rispondere di un «illecito amministrativo da reato» (articolo 25-septies, commi 2 e 3, Dlgs n. 231/2001) per responsabilità «amministrativa» da reato delle persone giuridiche (per conto delle quali agivano, nell’adempimento dei loro compiti funzionali, gli imputati). Ad esse si imputa di non aver adottato modelli di organizzazione più dettagliati. Le vittime hanno chiesto di essere autorizzate a costituirsi parte civile, non solo nei confronti delle persone fisiche, ma anche nei confronti delle due persone giuridiche. La normativa italiana Il decreto legislativo n. 231/2001 non detta espresse disposizioni riguardo alla possibilità di effettuare la costituzione di parte civile nei confronti di persone giuridiche chiamate a rispondere della responsabilità «amministrativa» da reato. La giurisprudenza della Corte suprema di cassazione e di merito tende a negarne l’ammissibilità. Il diritto italiano limita in tal modo la possibilità per la vittima di ottenere un pieno risarcimento del danno subito e la costringe a proporre una nuova azione per chiedere il risarcimento al di fuori dell’ambito del processo penale, la quale si svolge in tempi successivi. La domada del giudice italiano Il Gip. presso il Tribunale ha chiesto alla Corte di giustizia Ue se il decreto legislativo 231/2001, laddove non prevede la possibilità che le persone giuridiche siano chiamate a rispondere, nell’ambito del processo penale, dei danni da esse cagionati alle vittime di un reato, siano compatibili con la direttiva 2004/80 (relativa all’indennizzo delle vittime di reato) e con la decisione quadro 2001/220/GAI (relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale). Il giudice del rinvio si domanda se la vittima deve avere la possibilità di chiedere, nell’ambito del medesimo procedimento penale, il risarcimento dei danni alle persone giuridiche imputate in base all’articolo 25 septies del decreto legislativo n. 231/2001. La risposta dei giudici comunitari La Corte di giustizia dichiara innanzitutto irrilevante la direttiva 2004/80: essa è diretta a rendere più agevole per le vittime della criminalità intenzionale violenta l’accesso al risarcimento nelle situazioni transfrontaliere, mentre, nel procedimento principale, le imputazioni riguardano reati commessi colposamente, e in un contesto puramente nazionale. La decisione quadro 2001/220/GAI dispone che ciascuno Stato membro garantisce alla vittima di un reato il diritto di ottenere, entro un ragionevole lasso di tempo, una decisione relativa al risarcimento da parte dell’autore del reato nell’ambito del procedimento penale, eccetto i casi in cui il diritto nazionale preveda altre modalità di risarcimento. La Corte rispetta tale interpretazione. Innanzitutto, la decisione quadro è unicamente volta all’elaborazione, nell’ambito del procedimento penale, di norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità. Inoltre, essa non contiene alcuna indicazione in base alla quale il legislatore dell’Unione avrebbe inteso obbligare gli Stati membri a prevedere la responsabilità penale delle persone giuridiche. Infine, dalla formulazione letterale, risulta che la decisione quadro garantisce alla vittima il diritto al risarcimento nell’ambito del procedimento penale per «atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro» e che sono «direttamente» all’origine dei pregiudizi. Orbene, un illecito «amministrativo» da reato è un reato distinto che non presenta un nesso causale diretto con i pregiudizi cagionati dal reato, commesso da una persona fisica, e di cui si chiede il risarcimento. La responsabilità della persona giuridica è qualificata come «amministrativa», «indiretta» e «sussidiaria», e si distingue dalla responsabilità penale della persona fisica, autrice del reato che ha causato direttamente i danni e a cui può essere chiesto il risarcimento nell’ambito del processo penale. Pertanto, le persone offese in conseguenza di un illecito amministrativo da reato commesso da una persona giuridica, non possono essere considerate come le vittime di un reato che hanno il diritto di ottenere che si decida, nell’ambito del processo penale, sul risarcimento da parte di tale persona giuridica.