Secondo la S.C. l’ordinanza ricostruisce e valuta le emergenze delle indagini in corso, nei confronti di due avvocati che hanno ottenuto il rinvio di udienze penali, producendo un certificato del medesimo medico curante, attestante impedimento dovuto a ragioni salute, impedimento che è invece risultato inesistente. Di conseguenza va ritenuto senz’altro valido e fondato il sequestro dei due computer contenenti documenti afferenti alla loro attività, perché effettuato con il preciso scopo di individuare i files rilevanti per accertare se i due legali, nei giorni in cui hanno prodotto i certificati attestanti l'impossibilità di svolgere attività lavorativa nelle udienze di cui hanno ottenuto il differimento per assoluto impedimento di presenziare, abbiano altrove svolto regolarmente attività lavorativa. Di qui l'evidente pertinenzialità tra beni in sequestro e i reati che sono oggetto delle indagini in corso. La Suprema Corte conclude anche per l’evidente impossibilità di riconoscere agli avvocati le invocate garanzie di cui ai commi 3 e 4 dell'art. 103 c.p.p., essendo essi interessati nelle indagini non nella qualità di difensori di altri cittadini indagati, ma nella qualità di cittadini essi stessi indagati e, come tali, non meritevoli della privilegiata posizione garantita dalla legge.