Cessione stupefacenti il lavoro di utilità a discrezione del giudice
Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 23 febbraio 2011, n.6876
Avv. Milena Patania
di Catania, CT
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La sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità - nel caso di cessione di stupefacenti - non costituisce un diritto dell'imputato, ma è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice pur in presenza dei presupposti richiesti dalla legge e del parere positivo del p.m.. Il giudice è libero di decidere, sia non accogliendo tale richiesta, anche a fronte del parere positivo del p.m., sia accogliendola, andando di contrario avviso alle determinazioni sfavorevoli del p.m.. La sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità non costituisce, infatti, un diritto dell'imputato, essendo rimessa la relativa applicazione all'apprezzamento discrezionale del decidente, da esercitarsi avendo riguardo principalmente al parametro costituzionale espresso dall'art. 27.
La sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità - nel caso di cessione di stupefacenti - non costituisce un diritto dell'imputato, ma è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice pur in presenza dei presupposti richiesti dalla legge e del parere positivo del p.m..
La Cassazione ha ricordato che "per procedere alla sanzione del lavoro di pubblica utilità in luogo della pena detentiva è necessario che si verifichino quattro condizioni: che l'interessato sia tossicodipendente o, comunque, assuntore di sostanze stupefacenti; che sia intervenuta sentenza di condanna o di patteggiamento che abbia riconosciuto il fatto di lieve entità; che l'imputato abbia espressamente chiesto, eventualmente in via subordinata, la sostituzione delle pene irrogate con quella del lavoro di pubblica utilità; che non ricorrano le condizioni per la concessione del beneficio di cui all'art.163 c.p.".
"Nella specie sussisterebbero tutti i presupposti per accogliere la istanza dell'imputato", tuttavia "il giudice è libero di decidere, sia non accogliendo tale richiesta, anche a fronte del parere positivo del p.m., sia accogliendola, andando di contrario avviso alle determinazioni sfavorevoli del p.m.. La sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità non costituisce, infatti, un diritto dell'imputato, essendo rimessa la relativa applicazione all'apprezzamento discrezionale del decidente, da esercitarsi avendo riguardo principalmente al parametro costituzionale espresso dall'art. 27, in particolare, sub specie, della idoneità della misura a tendere alla rieducazione del condannato, ai parametri di cui agli artt. 132 e 133 c.p., oltre che ai parametri dettagliati nello stesso art. 73. co. 5 bis. Dal vaglio di legittimità a cui è stata sottoposta Ia pronuncia impugnata si palesa evidente l'implicito rigetto della istanza di applicazione del citato co. 5 bis, sul rilievo del decidente volto ad evidenziare l'oggettiva entità del fatto, la personalità del prevenuto, quale descritta dai suoi precedenti, gravi e numerosi, che ne fanno emergere la particolare proclività a delinquere, con conseguente pericolo per la collettività, tanto da determinare la Corte distrettuale a non riconoscere al soggetto una modifica, in melius, del trattamento sanzionatorio applicato dal Tribunale.
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 23 febbraio 2011, n.6876
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