L'accettazione consapevole del rischio configura la reponsabilità per dolo eventuale. Questa è l'assoluta novità, nell'ambito dei processi penali che vedono imputati datori di lavoro per la morte di un proprio lavoratore, che emerge dalla importantissima sentenza della Corte d'Assise di Torino che ha condannato a 16 anni e 6 mesi per omicidio volontario con dolo eventuale - non per omicidio colposo - l'Amministratore Delegato della società. Oltre a lui sono stati condannati anche altri 5 dirigenti del colosso industriale. Nelle oltre 500 pagine di motivazione della sentenza è scritto testualmente che "continuare la produzione è stata una scelta sciagurata compiuta in prima persona proprio da Espenhahn". Secondo i giudici di merito, infatti, l’imputato - nella sua veste di datore di lavoro - si sarebbe rappresentato la concreta possibilità del verificarsi di infortunio mortale (e di incendio, reato per il quale verrà ugualmente condannato) sulla linea di lavorazione denominata APL5 di Torino, accettando il rischio del loro accadimento inteso come concreta possibilità, in termini di elevata probabilità, della realizzazione dell’evento medesimo. In tale contesto la professionalità e competenza dell’imputato, lungi dall’essere negata o sottovalutata, è stata considerata e valorizzata quale elemento centrale nell’accertamento dell’elemento soggettivo e del conseguente riconoscimento della responsabilità per i reati di incendio e omicidio dolosi.