No al reato di stalking se la relazione è in atto. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 29409/2013, annullando la condanna di un uomo riconosciuto colpevole fra l’altro di violenza sessuale e sequestro di persona. La Corte di appello, pur avendo riconosciuto la “sussistenza di un flusso di telefonate e messaggi da entrambe le parti … talmente elevato da far ritenere verosimile l’ipotesi di una relazione tra l’imputato e la vittima” ha ritenuto che ciò “non può in nessun caso annullare le dichiarazioni della donna a proposito della violenza denunciata né tantomeno i riscontri oggettivi presi in considerazione”. Secondo la Suprema corte però un simile ragionamento è incentrato unicamente sul reato di violenza sessuale, mentre i giudici dell’appello “omettono di considerare che, così come rilevato dal ricorrente in questa sede, all’imputato erano state altresì contestate le ipotesi di stalking e di sequestro di persona, reati in relazione ai quali la sentenza di appello ha comunque ritenuto di dover confermare la declaratoria di responsabilità”. “Ora - prosegue la sentenza - rispetto a questi ultimi reati i giudici di appello avrebbero dovuto effettivamente spiegare … le ragioni per le quali, in particolare, l’ipotesi di stalking potesse coesistere con una riconosciuta relazione in atto tra l’imputato e la vittima la quale avrebbe continuato ad inviare al primo messaggi di amore all’insaputa del marito.