Per la configurabilità del reato di maltrattamenti non occorre che lo stato di sofferenza e mortificazione inflitto alla persona offesa in regime di continuità temporale, quindi con abitualità, si colleghi in forma simmetrica a specifici contegni prepotenti e vessatori attuati nei suoi confronti dal soggetto agente, potendo quello stato derivare anche dal diffuso clima di afflizione, sofferenza e paura indotto nella vittima dall’imputato.