L'uso di espressioni di valenza denigratoria e lesiva della reputazione del profilo professionale dell'ex datore di lavoro pubblicate sulla bacheca del proprio profilo Facebook integra sicuramente gli estremi della diffamazione, alla luce del carattere pubblico del contesto in cui quelle espressioni sono manifestate, della sua conoscenza da parte di più persone e della possibile sua incontrollata diffusione tra i partecipanti alla rete del social network. Più esattamente tale comportamento va qualificato come delitto di diffamazione aggravato dall'avere arrecato l'offesa con un mezzo di pubblicità (fattispecie considerata al terzo comma dell'art. 595 c.p. e equiparata, sotto il profilo sanzionatorio, alla diffamazione commessa con il mezzo stampa), poiché la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio rende l'agente meritevole di un più severo trattamento penale.