Infanticidio, la Cassazione allarga la nozione di abbandono morale e materiale.
Corte di cassazione -Sezione I penale - Sentenza 19 giugno 2013 n. 26663
Avv. Fabio Cornacchia
di Roma, RM
Letto 373 volte dal 20/06/2013
Perché ricorra l’ipotesi di infanticidio in condizioni di abbandono morale e materiale è sufficiente che la madre versi in una situazione di grave isolamento anche “esistenziale” e “morale”. Mentre è sbagliato fornirne una interpretazione restrittiva. Con questa motivazione la Corte di cassazione, sentenza 26663/2013, ha annullato la sentenza di condanna per omicidio volontario aggravato ai danni della figlia appena nata da parte di una donna, in concorso con la di lei mamma. Secondo i giudici, infatti, l’abbandono “materiale” e “morale” costituisce un requisito della fattispecie oggettiva da leggere ‘in chiave soggettiva’: “in altri termini, la concreta situazione di abbandono, pur rappresentando un dato concreto e indiscutibile che deve effettivamente sussistere, trattandosi di un elemento del fatto tipico, non deve rivestire carattere di oggettiva assolutezza, in quanto è sufficiente ad integrare la situazione tipica anche la percezione di totale abbandono avvertita dalla donna nell’ambito di una complessa esperienza emotiva e mentale quale quella che accompagna la gravidanza e poi il parto”. E con riguardo al concorso della madre, i giudici chiariscono che “affinché si abbia concorso morale nel reato, anziché mera connivenza non punibile, è necessario che sussistano degli elementi concreti idonei a dimostrare che l’opera del concorrente abbia volontariamente inciso in misura apprezzabile sulla psiche dell’autore materiale del fatto”. Mentre nel caso in esame i giudici di merito hanno ritenuto soddisfatto l’onere probatorio semplicemente richiamando gli improperi rivolti dalla madre alla figlia nel corso della gravidanza e le condizioni di degrado culturale e sociale dell’imputata, senza null’altro aggiungere. Del pari apodittica, osserva la Corte, si appalesa la tesi relativa al concorso materiale, in quanto “l’aver collaborato al parto non dimostra affatto che la madre abbia poi concorso nella soppressione della nipotina, fatto diverso e distinto dal parto, consumatosi in tempi diversi neppure accertati con assoluta precisione (immediatamente dopo?, dopo uno, due, cinque minuti?)”.
CONDIVIDI
Commenta questo documento
L'avvocato giusto fa la differenza
Avv. Salvatore Longo
Studio Legale Associato Degli Avvocati Salvatore Longo E Rossella Adele Falvo - Maropati, RC
Cerca il tuo avvocatoFiltra per
Altri 85 articoli dell'avvocato
Fabio Cornacchia
-
Reato di Stalking non compatibile con una relazione in atto.
Letto 410 volte dal 12/07/2013
-
Droga, sanzione amministrativa per il consumo di gruppo.
Letto 196 volte dal 11/06/2013
-
Guida in stato di ebbrezza - Sì ai lavori socialmente utili in alternativa alla sospensione condizionale.
Letto 1521 volte dal 15/05/2013
-
Maltrattamenti in famiglia anche a seguito della cessazione del rapporto di convivenza.
Letto 377 volte dal 18/02/2013
-
Depenalizzata la colpa lieve se la condotta del medico non ha violato le linee guida.
Letto 351 volte dal 04/02/2013