Locazione: obbligazioni del locatore
Cassazione Civile, Sez. III, 31 marzo 2008, n.8303
Avv. Barbara Verlicchi
di Lugo, RA
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L'art. 1575 c.c. obbliga il locatore a mantenere la cosa locata idonea all'uso convenuto, e non a modificarla o trasformarla, rispetto allo stato esistente al momento della stipula della locazione, per renderla idonea all'esercizio di una specifica attività per cui è stata locata, e pur se determinati requisiti siano prescritti dalla pubblica autorità. Cassazione civile , sez. III, 31 marzo 2008, n. 8303 &nb
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZA Fabio - Presidente - Dott. CALABRESE Donato - Consigliere - Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere - Dott. CHIARINI Maria Margherita - rel. Consigliere - Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza sul ricorso proposto da: EUROVERN SRL, in persona del legale rappresentante S.L., elettivamente domiciliata in ROMA VIA A BERTOLONI 55, presso lo studio dell'avvocato CEFALY Francesco, che la difende unitamente agli avvocati PIETRO DI MAJO, MARIA TOZZI, giusta delega in atti;
- ricorrente - contro SOLIM DI GIORDANO & C SNC, elettivamente domiciliata in ROMA VIA TIGRE' 37, presso lo studio dell'avvocato CAFFARELLI Francesco, che la difende unitamente agli avvocati PAOLO GALIZIA, FRANCO GERARDI, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 154 0/03 della Corte d'Appello di TORINO, quarta sezione civile, emessa il 27/11/03, depositata il 17/12/03, R.G. 1727/03; udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 07/02/08 dal Consigliere Dott.ssa Maria Margherita CHIARINI; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto Con citazione del 29 maggio 2001 la s.n.c. Solim di Giordane e &. intimò sfratto per morosità - per L. 38.880.000 di cui chiedeva contestualmente l'ingiunzione di pagamento - alla s.r.l. Eurovern da un suo capannone concessole in locazione dal primo agosto 2000 al 31 luglio 2006 per il canone mensile di L. sei milioni, ridotto a L. 1.950.000 finchè la locatrice non avesse modificato una finestra (clausola n. 8 del contratto), intervento avvenuto nel settembre del 2000 senza però che la conduttrice aumentasse il canone. La conduttrice contestava la domanda deducendo che i locali non erano idonei all'uso a cui dovevano esser destinati e perciò la locatrice si era obbligata all'esecuzione dell'ampliamento della finestra, e al rivestimento delle pareti di locali confinanti con altri; ove si svolgevano altre attività con materiale antincendio REI 120; i locali non erano a norma per l'aerazione secondo il D.P.R. n. 303 del 1956, art. 9 e D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 33, essendo la superficie areata soltanto di mq. 85 e non avendo la locatrice mantenuto l'impegno di aumentarla; il cortile era occupato da materiale della locatrice e del precedente conduttore e quindi il godimento dell'immobile non era pieno; mancavano il certificato di agibilità e la documentazione attestante la potabilità dell'acqua; la locatrice aveva occultato che le coperture del capannone in lastre di fibrocemento contenevano amianto; i tubi pluviali all'interno erano ammaccati, senza protezione e fuori uso; la caldaia era scollegata e non in uso; non vi era accesso fisso sul tetto per pulire i lucernari ed i canali di gronda; le strutture portanti del tetto apparivano sottodimensionate e insicure per gli strati di cui erano composti e la resistenza al fuoco. Inoltre a seguito dei temporali si erano verificate infiltrazioni d'acqua che avevano allagato i locali costringendo i lavori aziendali a fermarsi per i cui danni si riservava di agire. Chiedeva la risoluzione del contratto per inadempimento della locatrice. Il Tribunale, premessa l'irrilevanza di difetti del capannone diversi da quelli individuati dalle parti all'art. 8 del contratto di locazione - che non era una clausola di stile avendo la conduttrice nella prima parte di essa dichiarato che i locali affittati erano idonei al proprio uso ed esenti da difetti influenti sulla propria attività e sulla salute dei lavoratori - e cioè la modifica dell'apertura della finestra esistente in misura tale da rendere il locale conforme alle norme sull'igiene e la salute dei lavoratori dovendo esser adibito ad attività produttiva e, se richiesto dagli organi preposti, il rivestimento delle pareti con materiali REI 120 - affermava che al predetto fine le dimensioni delle finestre aperte dalla locatrice erano insufficienti perchè il difetto di superficie di aerazione, secondo il C.T.U., era pari a mq. 41,92. E poichè le parti avevano concordato la misura ridotta del canone fino all'esecuzione di detti ampliamenti - secondo le misure indicate dalla ASL competente, che era quella di (OMISSIS) - non essendo stati correttamente eseguiti non vi era morosità, nè poteva esser accolta la domanda di condanna al pagamento delle differenze di canone, ma anche la domanda della conduttrice di risoluzione del contratto per inadempimento della locatrice era da respingere stante la notevole differenza sulla misura delle aperture tra quella indicata dalla predetta ASL e quella di (OMISSIS), interpellata dalla locatrice, il cui inadempimento non poteva perciò ritenersi grave. Doveva poi esser riconosciuto il diritto della locatrice al preavviso legale di recesso della conduttrice e conseguentemente, essendo stato di un solo mese, questa doveva pagare cinque mensilità di canone. Le domande risarcitorie delle parti erano infondate. Entrambe le parti interponevano appello. Con sentenza del 17 dicembre 2003 la Corte di appello di Torino premetteva: a) con la clausola n. 2 del contratto del 31 luglio 2000 le parti si erano accordate per l'esonero del locatore da ogni inadempienza riguardante la L. n. 46 del 1990 e la L. n. 626 del 1994 e a tal fine avevano precisato che il locale era privo di impianti elettrico, riscaldamento e antincendio; b) era pacifico che nel settembre del 2000 la locatrice aveva ampliato la finestra del capannone ancorchè secondo le misure indicate dalla ASL di (OMISSIS), ritenuta competente, e la conduttrice non aveva contestato alcunchè nè fornito altre misure per l'ampliamento, ma soltanto dopo esser stata messa in mora (6 marzo 2001) per il pagamento dell'intero canone, aveva denunciato (21 marzo 2001) che i lavori non erano stati ultimati secondo gli accordi e che vi erano materiali lasciati in deposito; quindi (29 marzo 2001) aveva chiesto alla locatrice il certificato di agibilità antincendio e poi, il 25 ottobre 2001, le aveva comunicato che il primo dicembre 2001 avrebbe liberato i locali per le gravi anomalie riscontrate e per ragioni di sicurezza e igienico - ambientali, ed il 4 dicembre aveva riconsegnato le chiavi; c) gli obblighi previsti dagli artt. 1575 e 1576 cod. civ., non comprendono opere di modificazione o trasformazione della cosa locata, anche se imposte da norme di legge, per renderla idonea all'uso convenuto, nè il locatore deve rimborsare i relativi costi al conduttore (salva la normativa sui miglioramenti ed addizioni), e pertanto gli obblighi del locatore di dotare l'immobile di precise caratteristiche sono rilevanti soltanto se assunti contrattualmente; d) tutti i vizi denunciati erano palesi - come evidenziato dalla documentazione fotografica - e noti alla conduttrice, come dimostrato dalla clausola 8 del contratto in cui gli interventi a carico della locatrice erano soltanto due - ampliamento finestra ed eventuale rivestimento delle pareti di locali confinanti con altre attività - e perciò la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento di quest'ultima doveva esser respinta; e) l'obbligo di ampliare la finestra non indicava nè le modalità, nè le dimensioni, sì che era onere della conduttrice formulare specifiche richieste al riguardo in ragione delle sue conoscenze tecniche ed imprenditoriali, conformemente al disposto degli artt. 1176 e 1375 cod. civ., che implica una collaborazione tra le parti quando l'adempimento dell'una sia nell'interesse dell'altra, non potendo diversamente configurarsi un inadempimento; perciò l'ampliamento della superficie finestrata di mq. 13 eseguito dalla locatrice, in assenza di qualsiasi richiesta da parte della conduttrice, era esatto e quindi erroneamente era stata disposta dal giudice di primo grado C.T.U. esplorativa attribuendo all'obbligazione contrattuale un contenuto che non aveva ed arbitrario, atteso che il C.T.U. ha scelto di considerare a norma l'apertura delle finestre secondo la finalità della sicurezza del lavoro (D.P.R. n. 303 del 1956, art. 9, come modificato dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 33, comma 1), che secondo la clausola n. 2 del contratto, il locatore era esonerato dal rispettare; e) dunque dal primo ottobre 2000, secondo la richiesta della locatrice, la conduttrice doveva pagare il canone in misura piena, pari a L. 6.000.000 mensili, e perciò l'inadempimento della conduttrice, pari al 67,5% dell'obbligo assunto, era grave, anche argomentando dalla l.n. 392 del 1978, art. 5, ed il contratto era da risolvere per fatto e colpa a lei imputabili (art. 1455 cod. civ.),ed in tale misura era da accogliere l'appello principale e da ragguagliare il canone dovuto per cinque mesi per il mancato preavviso, mentre era da respingere il contrapposto appello incidentale formulato proprio per la ritenuta contraddittorietà della sentenza tra la non riconosciuta morosità della conduttrice e il ritenuto obbligo di preavviso. Ricorre per cassazione la s.r.l. Eurovern cui resiste la Solim s.n.c. di Giordano e &. Diritto
1. - Con un unico, articolato motivo, la ricorrente deduce: 1) "violazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 112 e 115 c.p.c."; 2) falsa applicazione della normativa prevista agli artt. 1575, 1579 e 1580 cod. civ., in relazione all'art. 1229 c.p.c., e della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., con riferimento all'errata valutazione logico-giuridica degli atti e dei fatti oggetto di causa ed in particolare alla gravita dei vizi della cosa locata in violazione della disciplina delle normative speciali che tutelano, in prevalenza, il diritto alla salute". Gli obblighi della locatrice sono disciplinati dall'art. 1575 cod. civ. e l'art. 1579 cod. civ., riguarda le limitazioni convenzionali della responsabilità del locatore per vizi della cosa locata, ma senza escludere la disciplina posta a tutela della sicurezza e a garanzia della salute dei conduttori e dei suoi dipendenti ed infatti l'art. 1579 cod. civ., stabilisce che la convenzione che limita o esclude i vizi della cosa locata non ha effetto se il locatore li ha taciuti in mala fede o sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa locata o contrastano con particolari disposizioni legislative, tant'è che gli artt. 1229 e 1580 cod. civ., consentono la risoluzione del contratto, anche se i vizi erano noti, nonostante qualunque rinunzia del conduttore, se questi espongono a serio pericolo la sua sicurezza e salute, o dei suoi familiari o dipendenti. I vizi non conosciuti perchè occultati dal locatore comportano sempre l'applicazione degli artt. 1218 e 1453 cod. civ., e la conduttrice aveva dimostrato sia il pericolo per l'incolumità e la salute del conduttore, dei familiari e dei dipendenti a causa dei vizi, sia le ripetute infiltrazioni di acqua dal tetto e dalle pareti del capannone nel corso dei temporali; la mancanza del certificato di agibilità, l'omessa fornitura della documentazione sulla potabilità dell'acqua, la copertura del capannone contenente amianto a diretto contatto con l'ambiente lavorativo, strutture portanti del tetto esili e sottodimensionate non in grado di offrire sicurezza in termini statici e di resistenza al fuoco, con ripercussioni sul trend di lavoro, l'insufficienza delle aperture nel capannone e la mancanza di aerazione nei locali, necessaria alla sicurezza e alla tutela della salute, l'assenza di rivestimento a REI 120 per la sicurezza antincendio dei locali del capannone, tutti taciuti dal locatore, e la corte di appello ha sottovalutato tutti questi vizi limitandosi a ritenere prevalenti quelli noti ed accettati dalla conduttrice, ingiustamente condannata al risarcimento dei danni e al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. Invece la Corte di merito avrebbe dovuto, a norma degli artt. 1229, 1579 e 1580 cod. civ., in relazione all'art. 1575 cod. civ., decidere sulla risoluzione del contratto e sul risarcimento dei danni o sulla riduzione dei canoni per i vizi taciuti dal locatore e tali da rendere inidonea all'uso la cosa locata, come denunciato dalla conduttrice, giustificando il recesso dal contratto (L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c.) e dunque non vi era stata morosità della conduttrice, ovvero la Corte avrebbe dovuto pronunciare la risoluzione del contratto per l'ipotesi in cui i vizi espongano a serio pericolo l'incolumità o la salute del conduttore, dei familiari e dei dipendenti (art. 1580 cod. civ.), atteso che a norma dell'art. 1229 cod. civ., le clausole di esonero non devono violare particolari disposizioni legislative come quelle sulla salute e la sicurezza sul posto di lavoro, ed il danno non deve esser effetto di dolo o colpa grave. Inoltre, in violazione degli artt. 112 - 115 c.p.c., erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che non vi sia stata collaborazione della conduttrice nell'adempimento dell'obbligo dell'ampliamento delle finestre, mentre è pacifico, non essendo stato nè contestato, nè chiesto di provare, che la locatrice non avvisò prima di ampliare le aperture, ma lo comunicò soltanto quando chiese i canoni nella misura intera, benchè l'ampliamento non fosse conforme ed idoneo a garantire la sicurezza e la tutela della salute a norma degli artt. 1229 e 1580 cod. civ.. Il motivo è infondato. 1.1 - Come riassunto in narrativa, con motivazione immune da vizi logici e giuridici, la Corte di appello ha evidenziato che la conduttrice, all'atto della stipula del contratto di locazione, ha esonerato il locatore da ogni obbligo, anche in relazione all'adeguamento degli impianti, ed ha accettato il capannone nelle condizioni in cui si trovava al momento della consegna, affermandone l'idoneità all'uso pattuito, ma poi ha incentrato la sua linea difensiva, anche in relazione alla modifica strutturale delle finestre per l'esercizio dell'attività produttiva, sull'inidoneità del predetto capannone - precedentemente adibito a magazzino - all'uso convenuto (art. 1575 cod. civ.), affermando l'inadempimento ai corrispondenti obblighi della locatrice, legali e convenzionali. 1.2. Per giurisprudenza di legittimità costante l'art. 1575 cod. civ., obbliga il locatore a mantenere la cosa locata idonea all'uso convenuto, e non a modificarla o trasformarla, rispetto allo stato esistente al momento della stipula della locazione, per renderla idonea all'esercizio di una specifica attività per cui è stata locata, e pur se determinati requisiti siano prescritti dalla pubblica autorità (Cass. 3341/2001). Pertanto, avendo la conduttrice da un lato riconosciuto il capannone idoneo all'uso pattuito, dall'altro esonerato la locatrice da ogni inadempienza, correttamente; la Corte di appello ha applicato gli artt. 1578 e 1579 cod. civ., ravvisando nella relativa clausola una causa ostativa all'accoglimento della domanda di risoluzione a norma degli artt. 1218 e 1453 cod. civ.. Infatti dalla validità che l'ordinamento riconosce alla medesima consegue l'irrilevanza dei vizi conosciuti o conoscibili dal conduttore - come quelli dallo stesso elencati in quanto rimessa alla sua diligenza la relativa constatazione o la loro agevole deduzione da apparenti manifestazioni esteriori, e alla valutazione dell'autonomia delle parti i vizi che non rendono impossibile il godimento della cosa - e nella fattispecie la Corte di Appello ha evidenziato che non vi era prova alcuna che la conduttrice non avesse continuato a godere interamente del capannone per tutto il tempo che lo ha occupato - non potendosi escludere che il conduttore ritenga di realizzare i suoi interessi assumendosi il rischio economico dell'eventuale riduzione dell'uso pattuito (Cass. 14342/2000, 9019/2005), ovvero accollandosi l'onere delle spese per adeguare l'immobile locato all'uso che ne è stato previsto (tenendo anche conto che le misure di prevenzione inerenti alla specifica attività che viene svolta su un immobile locato sono a carico del conduttore), in cambio di un canone inferiore a quello che potrebbe esser richiesto in condizioni di perfetta fruibilità (Cass. 13270/2000). 1.3. - Quanto poi all'unica modifica strutturale che con il contratto la locatrice si era assunta di apportare allo stato esistente del capannone, e cioè l'ampliamento della finestra - mentre l'obbligo di rivestire le pareti con materiale antincendio era subordinato alla richiesta degli organi competenti, di cui la Corte ha evidenziato la mancanza di prova - ed al relativo inadempimento, ovvero all'irrinunciabilità all'esatto adempimento che la conduttrice invoca per effetto dell'art. 1580 cod. civ. - secondo cui per la tutela del primario interesse pubblico alla salute, è irrilevante qualsiasi esclusione o limitazione di responsabilità del locatore, ed il relativo rischio consente la risoluzione del contratto - da un lato la Corte di merito si è attenuta al principio, da riaffermare, secondo il quale, stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso (nella specie attività produttiva), grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività ripromessasi, anche in relazione al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative (Cass. 3441/2002), e quindi gravava sulla conduttrice la verifica delle modifiche strutturali richieste in relazione alle dimensioni della finestra esistente, e alla cui esecuzione si sia obbligata la locatrice; dall'altro è immune da vizi giuridici la valutazione dell'adempimento della locatrice e della sua diligenza, posto che la Corte di merito ha evidenziato che questa ha operato in conformità alle indicazioni tecniche fornite, per lo svolgimento nel capannone di attività produttiva, dall'unità sanitaria locale, ente strumentale fondamentale per la tutela della salute pubblica, sì che, in assenza di prova contraria, i giudici di appello hanno correttamente presunto che l'ampliamento delle finestre, ancorchè di dimensioni minori rispetto a quelle che ha indicato l'USL territorialmente competente, non possa aver posto in serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi dipendenti, e per questo non ha ritenuto configurabile la fattispecie di cui all'art. 1580 cod. civ.. 2. - Concludendo il ricorso va respinto e la ricorrente va condannata a pagare le spese del giudizio di Cassazione. P.Q.M La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di Cassazione di cui Euro 100,00 per spese ed Euro 1.300,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge. Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2008. Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2008
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