Locazione: durata della locazione negli immobili ad uso diverso dall'abitazione
Cassazione Civile, Sez. III, 11 Luglio 2006, n. 15718
Avv. Barbara Verlicchi
di Lugo, RA
Letto 1994 volte dal 23/06/2009
Nei contratti di locazione indicati dall'art. 27 della legge sull'equo canone, la pattuizione di una durata iniziale superiore a quella minima di legge (nella specie, nove anni) non esclude l'applicabilità della disciplina del rinnovo alla prima scadenza per una durata non inferiore a sei anni prevista dall'art. 28 della stessa legge, con la conseguenza che è affetta da nullità, ai sensi del successivo art. 79 legge cit., la clausola diretta a limitare la durata della rinn
Nei contratti di locazione indicati dall'art. 27 della legge sull'equo canone, la pattuizione di una durata iniziale superiore a quella minima di legge (nella specie, nove anni) non esclude l'applicabilità della disciplina del rinnovo alla prima scadenza per una durata non inferiore a sei anni prevista dall'art. 28 della stessa legge, con la conseguenza che è affetta da nullità, ai sensi del successivo art. 79 legge cit., la clausola diretta a limitare la durata della rinnovazione sino al raggiungimento di un termine complessivo di dodici anni.
Cassazione civile , sez. III, 11 luglio 2006, n. 15718
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto - Presidente -
Dott. VARRONE Michele - rel. Consigliere -
Dott. MAZZA Fabio - Consigliere -
Dott. FILADORO Camillo - Consigliere -
Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
SOCIETA' CORNO ALLE SCALE INIZIATIVE TURISTICHE SPA, in persona del
presidente del Consiglio di Amministrazione Z.G.,
elettivamente domiciliata in ROMA VIA COLA DI RIENZO 271, presso lo
studio dell'avvocato TESSAROLO COSTANTINO, difesa dagli avvocati
BRONDELLI FRANCESCA, LUISA LENZI, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
G.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA SIMON
BOCCANEGRA 8, presso lo studio dell'avvocato GIULIANI FABIO, che lo
difende unitamente agli avvocati RENATO SEGAPELI, GIOVANNI BATTISTA
BLESIO, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 375/02 della Corte d'Appello di BOLOGNA,
sezione seconda civile emessa il 15/03/2002, depositata il 31/05/02;
RG. 1660/2001;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
06/06/06 dal Consigliere Dott. Michele VARRONE;
udito l'Avvocato GIORGIO MARIELLA (per delega Avv. Luisa Lenzi e
Francesca Brondelli);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l'accoglimento del ricorso
principale p.q.r..
Fatto
Con atto notificato l'8/3/99 la S.p.A. CORNO ALLE SCALE intimava licenza per finita locazione al 1/7/01 e contestualmente citava avanti al Tribunale di Bologna - Sezione Distaccata di Porretta Terme, per la convalida, G.L., assumendo che il contratto di locazione concluso in data 1/7/89, tra quest'ultimo quale conduttore e la STAE S.p.A. (ora CORNO ALLE SCALE), della durata di 9 anni relativo all'immobile sito in Comune di Lizzano in Belvedere Corno alle Scale, località "Rocce", da destinare ad uso rifugio-ristoro, non essendo rinnovabile, si era risolto in data 30/6/98, previa comunicazione di disdetta in data 9/6/97 e che, a seguito di trattative tra le parti doveva intendersi prorogato fino al 1/7/2001. Si costituiva il G. opponendosi alla convalida ed eccependo la nullità della clausola contrattuale che escludeva la rinnovabilità del contratto de quo sicchè il contratto si era prorogato per ulteriori 9 anni fino al 30/6/2007, stante l'inefficacia della disdetta che non conteneva i motivi di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 29. Dopo il mutamento del rito, l'attrice deduceva il carattere stagionale della locazione ex L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 6, con l'onere, per il conduttore, di chiedere il rinnovo del contratto. Con sentenza in data 30/6-28/8/00 l'adito Tribunale, in composizione monocratica, respingeva la domanda avanzata dalla S.p.A. CORNO ALLE SCALE, dichiarando che il contratto di locazione si era rinnovato, alla prima scadenza del 30/6/98, per ulteriori 9 anni fino al 30/6/2007. Condannava l'attrice a rifondere al convenuto le spese processuali.
Proponeva appello la S.p.a. CORNO ALLE SCALE e deduceva:
1) l'erronea interpretazione di legge; violazione della L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 6. Invero, secondo l'appellante si verterebbe in tema di locazione stagionale perchè: A) la licenza di pubblico esercizio, rilasciata dal Comune di Lizzano in Belvedere, in forza della quale il G. conduceva in locazione il bar-ristorante, era a carattere stagionale invernale; B) esisteva l'onere contrattuale di somministrare pasti completi al pubblico, nei periodi di funzionamento della sciovia o seggiovia "Rocce" che appunto era periodico. Orbene, ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 6, il locatore deve concedere l'immobile anche per la medesima stagione dell'anno successivo solo se il conduttore gliene abbia fatto richiesta con raccomandata, prima della scadenza del contratto.
Inoltre l'obbligo del locatore ha durata massima di 6 anni o di 9 anni se si tratta di locazione alberghiera. Assumeva perciò, l'appellante che l'attività di ristoro era una attività commerciale genericamente intesa sicchè la durata del contratto non poteva considerarsi di nove anni ma di sei anni cosicchè siccome il conduttore non aveva mai chiesto alcun rinnovo, il contratto era scaduto al 30/6/98.
2) l'erronea interpretazione di legge; violazione della L. n. 192 del 1978, art. 28. Invero, nel contratto, le parti non avevano espresso alcuna volontà in ordine al rinnovo. Pertanto, poichè la L. n. 392 del 1978, art. 28, precisa che per le locazioni commerciali, il contratto si rinnova tacitamente di 6 anni in 6 anni, se non è data disdetta, il rinnovo sarebbe, a tutto concedere, di soli 6 anni cosicchè il contratto non potrebbe avere una durata complessivamente superiore a dodici anni (6 anni + 6 anni) con scadenza al 30/6/2001.
In via di ulteriore subordine, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della tesi circa la durata complessiva di 12 anni della locazione commerciale, l'appellante assumeva che la durata della locazione de qua non avrebbe potuto superare i 15 anni. Invero, in assenza di espressa convenzione tra le parti in ordine ad un periodo di rinnovo e, conseguentemente, in ordine alla sua durata, nel caso di locazione, originariamente pattuita per un termine superiore ai sessennio, il rinnovo ex lege non poteva che essere di 6 anni e non di 9 anni sicchè la scadenza, nella fattispecie, era per la data del 30/6/04.
Nella resistenza del G., con sentenza 31 maggio 2002 la Corte di Appello bolognese rigettava il gravame e condannava l'appellante alle spese del grado, affermando:
- che doveva escludersi la natura stagionale della locazione de qua;
- che l'originaria durata del rapporto di 9 anni era "intangibile";
- che la durata complessiva di 12 anni (6+6) era "fuori dalla realtà e dalla logica";
- che il rinnovo doveva necessariamente decorrere dal 30/6/98 (9 anni pattuiti dal 1/7/89);
- che la domanda subordinata di un rinnovo per soli 6 anni era inammissibile perchè non proposta con la memoria del 30/7/99 in sede di mutamento del rito.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la CORNO ALLE SCALE INIZIATIVE TURISTICHE s.p.a. affidandolo a tre motivi. Ha resistito il G. con controricorso, proponendo preliminarmente due eccezioni di inammissibilità del ricorso per violazione dell'art. 365 c.p.c. e per difetto di legittimazione ad impugnare. La ricorrente ha depositato memoria.
Diritto
La prima eccezione di inammissibilità concerne il fatto che il ricorso "appare sottoscritto dall'avv. Francesca Brondelli, non abilitata al patrocinio davanti a questa Corte.
L'eccezione non è fondata. Il ricorso è sottoscritto anche da altro avvocato - Luisa Lenzi - abilitato al patrocinio davanti alle superiori giurisdizioni ed, in tali casi, ha recentemente stabilito questa Corte che la mancata certificazione (o la certificazione) da parte di avvocato che non sia ammesso al patrocinio innanzi alla Suprema Corte dell'autografia della sottoscrizione della parte ricorrente (o di quella resistente) apposta sulla procura speciale ad litem rilasciata "in calce" o "a margine" del ricorso (o del controricorso) per Cassazione, costituisce mera irregolarità allorchè l'atto sia stato firmato anche da altro avvocato iscritto nell'albo speciale e indicato come co-difensore. Tale irregolarità non comporta la nullità della procura ad litem, sanabile per effetto della costituzione in giudizio del procuratore nominato, salvo che la controparte non contesti, con specifiche argomentazioni, l'autografia della firma di rilascio della procura (Cass. sez. un. 8 luglio 2003 n. 10732; in senso conforme Cass. 1 giugno 2004 n. 10495 e 25 novembre 2005 n. 24894).
Parimenti non fondata è l'altra eccezione con cui si contesta la legittimazione dell'attuale ricorrente che ha acquistato l'azienda della CORNO ALLE SCALE s.p.a. ma non ha partecipato ai precedenti gradi di giudizio. Infatti è principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che il successore a titolo particolare nel diritto controverso, pur non avendo partecipato al processo nei gradi anteriori, ha diritto autonomo di impugnare la sentenza pronunciata nei confronti del suo dante causa, dovendo solo fornire la prova della sua qualità di successore a titolo particolare, qualità nella specie non controversa (Cass. 7 marzo 1996 n. 1815 e 7 agosto 1995 n. 7247 ex plurimis).
Ambedue le eccezioni preliminari vanno pertanto rigettate.
Venendo finalmente all'esame del ricorso, con il primo motivo la ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 27, 28 e 79 e art. 1419 c.c., comma 2, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, si duole che la Corte felsinea abbia rigettato il secondo motivo di appello con il quale veniva indicato che il termine finale della locazione non potesse comunque superare i 12 anni.
La censura non coglie nel segno. Essa si infrange contro la statuizione della suddetta Corte, secondo la quale la L. n. 392 del 1978, art. 27, al comma 1, stabilisce che la durata delle locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione (e quindi delle locazioni commerciali) non può essere inferiore a 6 anni; il che significa che nulla vieta alle parti di concordare una durata superiore, così come è avvenuto nella fattispecie in cui è stata prevista la durata di 9 anni. Il ragionamento dell'appellante è perciò, erroneo perchè, per fare quadrare i conti, riduce a posteriori la durata del contratto, da 9 anni a 6 anni. Viceversa, la durata di 9 anni è intangibile. Pertanto, ipotizzare, come fa l'appellante, una durata di 12 anni (6 + 6), con scadenza al 30/6/2001, è fuori dalla realtà e dalla logica. E' evidente, quindi, che il periodo di rinnovo può avere decorrenza solo dal 30/6/98 (9 anni pattuiti dal 1/7/89)".
Motivazione corretta, perchè il fatto che le locazioni di cui all'art. 27 cit. abbiano in via normale la durata di 12 anni (6+6) non impedisce certo, come affermano i giudici bolognesi, che la durata iniziale possa essere maggiore di 6 anni, trattandosi di clausola valida in quanto posta a vantaggio del conduttore.
Il primo motivo va pertanto rigettato.
Con il secondo mezzo la ricorrente si duole dell'assoluta mancanza di motivazione sul punto in cui è stato confermato che il rinnovo della locazione in esame debba essere di ulteriori 9 anni.
Con il successivo ed ultimo mezzo, poi, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. lamentando che sia stata ritenuta non accoglibile la domanda, formulata in via di ulteriore subordine, con cui si chiedeva che la scadenza finale del contratto fosse comunque stabilita per il 30 giugno 2004 (9 + 6 anni). Tale domanda è stata dichiarata inammissibile in quanto proposta per la prima volta in appello.
I due motivi, che per la stretta connessione logico-giuridca della rispettive censure possono esaminarsi congiuntamente, sono invece fondati. Va rilevato, infatti, che l'impugnata sentenza, da un lato, afferma apoditticamente che il periodo di rinnovo, fatto decorrere correttamente dal 30/6/98, debba essere - come stabilito in prime cure - di 9 anni. Dall'altro, ritiene che la domanda subordinata sia nuova (e, quindi, inammissibile in appello), senza considerare che fin dal primo grado la contestazione si era incentrata circa la decorrenza e la durata del periodo di rinnovo, che la soc. CORNO voleva non superasse complessivamente i 12 anni, in via principale, ed i 15 anni (fino al termine del 30/6/2004), in via subordinata.
Ma così opinando, la Corte bolognese non si è uniformata al principio stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte, alla cui stregua "si ha mutamento della causa petendi - con conseguente introduzione di una domanda nuova in appello - quando il fatto costitutivo della pretesa sia modificato nei suoi elementi materiali, con la prospettazione di circostanze precedentemente non dedotte, mentre non costituisce mutamento della domanda una diversa prospettazione giuridica del medesimo petitum ovvero una diversa quantificazione dell'originaria pretesa, i cui fatti costitutivi siano rimasti inalterati" (Cass. 24 giugno 1995 n. 7201 e 23 giugno 2000 n. 8566 ex plurimis).
Ciò premesso, il secondo e terzo motivo vanno accolti, con correlata cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice che esaminerà la domanda subordinata inevasa alla luce del principio recentemente affermato da questa Corte, secondo il quale nei contratti di locazione indicati dall'art. 27 della Legge sull'equo canone, la pattuizione di una durata iniziale superiore a quella minima di legge (nella specie nove anni) non esclude l'applicabilità della disciplina del rinnovo alla prima scadenza per una durata non inferiore a sei anni prevista dall'art. 28 della stessa Legge, con la conseguenza che è affetta da nullità, ai sensi del successivo art. 79 Legge cit., la clausola diretta a limitare la durata della rinnovazione sino al raggiungimento di un termine complessivo di dodici anni (Cass. 26 gennaio 2005 n. 1596 e 24 novembre 2004 n. 22129).
Il giudice di rinvio, indicato in una diversa Sezione della stessa Corte a qua, provvederà anche alle spese di questo grado.
P.Q.M
la Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese del giudizio di Cassazione ad altra Sezione della Corte di Appello di Bologna.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 6 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2006
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