Mancato pagamento dei crediti da lavoro subordinato e prova del danno da svalutazione
TAR Sicilia, Catania, Sez. IV, Sent. 21.9.2017, n. 2177
Avv. Giuseppe Bruno
di Roma, RM
Letto 229 volte dal 05/10/2017
Il credito da rapporto di lavoro subordinato ha natura privilegiata ex art. 439, co. 3, cpc. ed esonera il lavoratore dalla prova del danno, che deve ritenersi presunto “juris et ede jure” a fronte dell’intervenuta svalutazione. Pertanto, gli interessi ed il risarcimento conseguenti dalla svalutazione devono essere riconosciuti anche d’ufficio.
N. 02177/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01955/1998 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1955 del 1998, proposto da:
Orifici Giuseppe, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Alessandro, con domicilio eletto presso lo studio Luigi Edoardo Ferlito in Catania, via Padova, 7;
contro
Azienda Usl 5 di Messina - Gestione Liquidatoria, non costituita in giudizio;
Assessorato Regionale alla Salute della Regione Siciliana, in persona dell’Assessore legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, ed ivi domiciliato in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
per il riconoscimento
del diritto al pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali conseguenti alla tardiva applicazione della parte economica del D.P.R. 384/90;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Assessorato Regionale alla Salute della Regione Siciliana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il dott. Gustavo Giovanni Rosario Cumin e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame il ricorrente ha chiesto la condanna della Gestione Liquidatoria istituita presso l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 5 di Messina al pagamento di rivalutazione monetaria ed interessi legali conseguenti alla tardiva applicazione della parte economica del d.p.r. n. 384/1990.
Nel ricorso si espone in punto di fatto quanto segue: a) il ricorrente, con la qualifica di Aiuto Medico, ha prestato attività lavorativa sin dal 16 giugno 1980 alle dipendenze della Unità Sanitaria Locale n. 41 di Messina Nord; b) il d.p.r. n. 384/1990 ha disposto l’applicazione dei nuovi valori stipendiali di categoria con decorrenza giuridica dall’1 gennaio 1988 e decorrenza economica dall’1 luglio 1988; c) con delibera n. 650 - AS del 27 febbraio 1995, in rettifica della precedente delibera n. 1860 - AS del 26 maggio 1993, l’Unità Sanitaria Locale n. 41 ha riconosciuto all’odierno ricorrente, in applicazione del citato d.p.r., l’inquadramento economico, provvedendo a determinare il trattamento di conguaglio corrispondente al livello retributivo e a liquidare la complessiva somma di £. 16.620.286; d) la competente Unità Sanitaria Locale ha provveduto a pagare il suddetto importo solo in data 30 novembre 1993 e 30 maggio 1995; e) con atto in data 28 marzo 1995, il ricorrente ha richiesto le somme dovute (£. 3.751.245), a titolo di interessi e rivalutazione monetaria, per effetto della tardiva applicazione della parte economica del citato d.p.r., entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; f) l’Unità Sanitaria Locale n. 41, con nota del 10 aprile 1995, ha respinto la richiesta; g) con raccomandata trasmessa in data 24 ottobre 1997, il ricorrente ha inutilmente reiterato la sua richiesta.
In punto di diritto il ricorrente ha osservato, in sintesi, quanto segue: a) ai sensi dell’art. 429, terzo comma, c.p.c., la rivalutazione monetaria e gli interessi costituiscono componenti essenziali della prestazione lavorativa e, pertanto, devono essere corrisposti per il solo fatto oggettivo del ritardo nell’adempimento; b) la somma dovuta al lavoratore per effetto della svalutazione non rappresenta il maggior danno previsto dal secondo comma dell’art. 1224 c.c., bensì l’integrazione del credito originario nel suo valore economico al momento del pagamento, con la conseguenza che sul lavoratore non grava alcun onere di dimostrare la sussistenza e la consistenza del danno patito a causa del ritardo nell’adempimento; c) nel caso di specie il ricorrente ha percepito il trattamento economico di conguaglio con un ritardo di ben tre anni ed è, pertanto creditrice della complessiva somma di £. 3.751.245 a titolo di interessi e rivalutazione monetaria; d) deve considerarsi tenuta al pagamento di quanto richiesto la Gestione Liquidatoria istituita presso l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 5 di Messina, avuto riguardo al disposto degli artt. 6, punto 1, della legge n. 724/1994 e 2, comma 14, della legge n. 549/1995, nonché ai sensi del decreto assessoriale in data 28 aprile 1995 (sul punto, cfr. Cass., Sez. Un., n. 1989/1997).
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependo l’intervenuta prescrizione delle pretese creditorie avanzate da parte ricorrente
Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
Va, in primo luogo, disattesa, l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Amministrazione intimata.
Nel caso in esame, infatti, i crediti di parte ricorrente risultano maturati in data 19 gennaio 1991, posto che, ai sensi degli artt. 5 e 75 del d.p.r. n. 384/1990 (il secondo specificamente relativo all’Area Medica), i provvedimenti applicativi delle disposizioni contrattuali riguardanti istituti a contenuto economico e normativo con carattere vincolato ed automatico avrebbero dovuto essere adottati dai competenti organi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento, cioè non oltre trenta giorni dal giorno successivo alla sua pubblicazione (art. 138), intervenuta in data 20 dicembre 1990.
Rispetto alla menzionata data del 19 gennaio 1991 risulta, quindi, tempestiva la richiesta inoltrata da parte ricorrente con atto in data 28 marzo 1995, con la quale è stato interrotto il termine prescrizionale quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4), c.c..
Tanto precisato, il Collegio osserva che, ai sensi dell’art. 429, terzo comma, c.p.c., il credito relativo ad un rapporto di lavoro subordinato presenta natura privilegiata (sul punto, cfr. Corte Costituzionale, sentenze n. 207/1994 e n. 13/1977), restando esonerato il lavoratore dalla prova del danno, che deve ritenersi presunto “juris et ede jure” a fronte dell’intervenuta svalutazione (cfr., per tutte, Corte Costituzionale, sentenze n. 43/1977 e n. 13/1977, nonché Cass. Civ., Sez. Un., n. 16036/2010), con la conseguenza, tra l’altro, che gli interessi ed il risarcimento ad essa conseguenti devono essere riconosciuti anche d’ufficio.
Ai fini dell’esatta individuazione dell’obbligo dell’Amministrazione intimata di corrispondere i richiesti accessori del credito tardivamente corrisposto, deve ribadirsi che, ai sensi degli artt. 5 e 75 del d.p.r. n. 384/1990, i provvedimenti applicativi del menzionato decreto avrebbero dovuto essere adottati entro il 19 gennaio 1991.
Va, quindi, affermato il diritto di parte ricorrente alla corresponsione di interessi legali e rivalutazione monetaria, ai sensi dell'art. 429 comma 3, c.p.c., sul credito per la sorte capitale liquidato dall’Amministrazione, in quanto esso è stato tardivamente soddisfatto rispetto al termine normativamente previsto di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui si tratta.
Il credito di parte ricorrente va, conseguentemente, rideterminato secondo i criteri fissati dalla decisione n. 3 del 15 giugno 1998 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (successivamente ribaditi dalle sentenze della medesima Adunanza Plenaria n. 10 del 13 ottobre 2011 e n. 18 del 5 giugno 2012).
In tali pronunce è stato enunciato il principio di diritto secondo cui gli interessi legali e la rivalutazione monetaria devono essere calcolati separatamente sull’importo nominale del credito retributivo, al netto delle ritenute fiscali e previdenziali, escludendo sia il computo degli interessi e della rivalutazione monetaria sulla somma dovuta quale rivalutazione, sia il riconoscimento di ulteriori interessi e rivalutazione monetaria sulla somma dovuta a titolo di interessi.
In particolare, la giurisprudenza stabilito che: a) gli interessi legali sono dovuti sugli importi nominali dei singoli ratei, dalla data di maturazione di ciascun rateo e fino all’adempimento tardivo, e le somme da liquidare a tale titolo devono essere calcolate sugli importi nominali dei singoli ratei, secondo i vari tassi in vigore alle relative scadenze, senza che gli interessi possano, a loro volta, produrre ulteriori interessi; b) la rivalutazione deve essere calcolata sull’importo nominale dei singoli ratei e va computata con riferimento all’indice di rivalutazione monetaria vigente al momento della decisione, con l’ulteriore precisazione che la somma dovuta a tale titolo, in ragione della sua natura accessoria, non deve essere a sua volta ulteriormente rivalutata.
Non spettano, quindi, gli interessi anatocistici ex art. 1283 c.c. atteso che, per giurisprudenza pacifica (cfr. Consiglio di Stato, VI, n. 864 del 7 novembre 1992, T.A.R. Lazio, Sede di Roma, III, n.1216 del 12 giugno 1996 e T.A.R. Bari, I, n. 5265 del 4 dicembre 2001), essi, in quanto diretti a ripristinare il patrimonio del creditore di un’obbligazione pecuniaria del compenso che avrebbe avuto riscuotendo a tempo debito gli interessi dovuti e mettendoli a frutto a loro volta, non si applicano sui crediti retributivi, in quanto il cumulo dei predetti interessi all’automatica rivalutazione darebbe luogo a quell’ingiustificata locupletazione che il citato art. 1283 intende, invece, evitare.
Per le considerazioni che precedono, il ricorso va accolto nei termini e nei limiti sopra indicati, con conseguente condanna dell’Amministrazione intimata: a) a procedere al calcolo delle somme dovute - con decorrenza dal 19 gennaio 1991 e sino al soddisfo - applicando i criteri fissati nella presente sentenza; 2) a liquidare e pagare le somme risultanti dal calcolo effettuato seguendo i predetti criteri, entro il termine di giorni 90 dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Quarta):
1) accoglie il ricorso in epigrafe e condanna l’Amministrazione intimata al pagamento di rivalutazione monetaria ed interessi nei termini specificati in motivazione;
2) compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Pennetti, Presidente
Francesco Bruno, Consigliere
Gustavo Giovanni Rosario Cumin, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Gustavo Giovanni Rosario Cumin
Giancarlo Pennetti
IL SEGRETARIO
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