In base all'art. 2109, secondo comma, c.c. l'esatta determinazione del periodo feriale di pertinenza del singolo lavoratore spetta unicamente all'imprenditore quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell'impresa, mentre il lavoratore ha soltanto la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell'ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca - al solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali - i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda. Ne consegue che, allorché il lavoratore, assentatosi dal lavoro a causa di una lunga malattia, non abbia goduto - in tutto o in parte - delle ferie annuali di propria spettanza entro il periodo stabilito dalla contrattazione collettiva in assenza di alcuna determinazione al riguardo da parte del datore di lavoro, non può desumersi dal silenzio serbato dall'interessato alcuna rinuncia - che, comunque, sarebbe nulla per contrasto con norme imperative (art. 36 Cost. e art. 2109 cod. civ.) - e quindi il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva delle ferie non godute. Pertanto le clausole di contratti collettivi (nella specie: art. 51 del CCNL dei dipendenti ferroviari) che prevedono, nel corso del rapporto, esclusivamente il diritto al godimento delle ferie e non anche all'indennità sostitutiva, in applicazione del principio di conservazione del contratto, devono essere interpretate nel senso che in ogni caso la mancata fruizione delle ferie per causa non imputabile al lavoratore, non può escludere il diritto di quest'ultimo all'indennità sostitutiva delle ferie, in considerazione della irrinunciabilità del diritto stesso, costituzionalmente garantito.