In caso di lesione di un diritto fondamentale della persona, come la vita, è errato risarcire il danno sulla base di un parametro esclusivamente temporale. Infatti la regola, secondo la quale il risarcimento deve ristorare interamente il danno subito, impone di tenere conto dell'insieme dei pregiudizi sofferti, ivi compresi quelli esistenziali, purché sia provata nel giudizio l'autonomia e la distinzione degli stessi, dovendo il giudice, a tal fine, provvedere all'integrale riparazione secondo un criterio di personalizzazione del danno, che, escluso ogni meccanismo semplificato di liquidazione di tipo automatico, tenga conto, pur nell'ambito di criteri predeterminati, delle condizioni personali e soggettive del lavoratore e della gravità della lesione e, dunque, delle particolarità del caso concreto e della reale entità del danno. (Nel caso di specie, la sentenza impugnata, in contrasto con tali principi, aveva quantificato il danno dovuto all'esposizione professionale all'amianto e alla conseguente patologia polmonare rivelatasi letale per il lavoratore, adottando un parametro rapportato esclusivamente alla durata della malattia, in tal modo non sufficientemente personalizzando il danno stesso, stante la mancanza di qualsiasi altra considerazione relativa alle condizioni personali e soggettive, al decorso della malattia, alla concreta penosità della stessa - dovuta anche alla ragionevole prevedibilità dell'esito letale di essa e del concreto livello di consapevolezza dell'assenza di ogni speranza - alle ripercussioni sulla vita del danneggiato, alle cure praticate e alle relative prospettive, ed in genere ad ogni ulteriore circostanza rilevante ai fini dell'intensità della sofferenza provata.) (1)