L'illecito contrattuale sanitario da utilizzo di medici specializzandi
Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 7 febbraio 2008, n. 2933
Avv. Staff di Guidelegali.it
di Milano, MI
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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PREDEN Roberto - Presidente Dott. PETTI Giovanni Battista - Consigliere Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere Dott. AMATUCCI Alfonso - rel. Consigliere Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: AZIENDA POLICLINICO (OMESSO), in persona del Direttor
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto - Presidente
Dott. PETTI Giovanni Battista - Consigliere
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere
Dott. AMATUCCI Alfonso - rel. Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AZIENDA POLICLINICO (OMESSO), in persona del Direttore Generale Dr. Mo. Ub., elettivamente domiciliata in ROMA VIALE DEL POLICLINICO 155, presso lo studio dell'avvocato CAPPARELLI Antonio, che la difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
DI. FR. MA., CI. MA., elettivamente domiciliati in ROMA VIALE LIEGI 14, presso lo studio dell'avvocato ABENAVOLI Ivana, che li difende, giusta delega in atti;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 43895/06 del Giudice di Pace di ROMA, Sezione Terza, emessa il 31/07/06, depositata il 26/10/06, R.G. 97500/05:
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 19/12/07 dal Consigliere Dott. Alfonso AMATUCCI;
udito l'Avvocato Antonio CAPPARELLI;
udito l'Avvocato Ivana ABENAVOLI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UCCELLA Fulvio, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
che l'Azienda Policlinico (OMESSO) ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma, n. 43895/06, pubblicata il 26.10.2006, che la ha condannata a pagare a Ci.Ma. euro 500,00 a Di. Fr.Ma. euro 500,00 ed a Di. Fr.Si. euro 300,00 oltre agli accessori;
che i primi due avevano agito giudizialmente, anche nella qualita' di esercenti la potesta' sul figlio minore Si., per il risarcimento dei danni che affermavano di aver subito per condotte poste in essere dai medici dipendenti dell'Azienda in violazione dei diritti del paziente;
che al ricorso resistono con controricorso Di. Fr.Ma. e Ci.Ma., anche nella indicata qualita'.
RITENUTO IN DIRITTO
che l'Azienda ricorrente ha individuato il mezzo di impugnazione nel ricorso per cassazione, anziche' nell'appello, nell'assunto che la sentenza fosse stata pronunciata secondo equita' in relazione al valore della causa, individuato in euro 1.100,00 in ragione dell'affermazione degli attori, contenuta in atto di citazione, che il valore fosse stato contenuto entro lo scaglione della fascia A previsto per il pagamento del contributo unificato;
che in atto di citazione, in contesto diverso dalla precisazione della domanda, era pero' testualmente chiarito che quel valore era dichiarato "ai fini del contributo unificato", sicche' all'affermazione degli attori non puo' attribuirsi la valenza di un contenimento del petitum entro il valore di euro 1.100,00;
che, in applicazione del criterio di cui all'articolo 14 c.p.c., il valore si determina in base alla somma indicata nella domanda e, in mancanza, la causa si presume di competenza del giudice adito, entro il cui limite massimo rimane fissato il valore (nella specie, di euro 2.582,28), in difetto di contestazione da parte del convenuto del valore dichiarato o presunto;
che, nel caso di specie, il risarcimento del danno "esistenziale e morale" era stato domandato senza alcuna indicazione di valore, sicche' la causa comunque eccede il valore di euro 1.100,00 entro il quale il Giudice di Pace decide secondo equita', a mente dell'articolo 113 c.p.c., comma 2;
che la sentenza e' stata dunque pronunciata secondo diritto ai sensi del primo comma dell'articolo 113 c.p.c.;
che avverso le sentenze che il giudice di pace necessariamente decide secondo diritto (quand'anche, ovviamente, l'entita' del danno sia equitativamente liquidata ovvero ne sia stata domandata la liquidazione equitativa) il mezzo di impugnazione previsto era l'appello e non il ricorso per cassazione (Cass., nn. 1295/2002, 9262/2000, 12187/98) anche secondo il testo dell'articolo 339 c.p.c., antecedente alla modificazione apportatavi con il Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, n. 40 articolo 1 comma 1;
che, in esito alla novella di cui al decreto legislativo citato, e' comunque previsto l'appello anche per le sentenze che il Giudice di Pace pronuncia secondo equita' a norma dell'articolo 113 c.p.c., comma 2, se pubblicate in epoca successiva al 2 marzo 2006, come nel caso in esame;
che il ricorso per Cassazione va dunque dichiarato inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara l'inammissibilita' del ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in euro 1.400,00 di cui euro 1.300,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
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