Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea, quando nella pubblica amministrazione per una promozionone o avanzamento di carriera sia richiesta una determinata anzianità professionale, nel calcolo va computato anche il lavoro precedentemente svolto dal dipendente con un contratto a tempo determinato. Ciò sempre che le mansioni esercitate pro tempore siano paragonabili a quelle richieste ai dipendenti di ruolo. Unica eccezione l’esistenza di «ragioni oggettive» che legittimino la disparità di trattamento. I giudici di Lussemburgo giudicando su di un caso spagnolo hanno fatto applicazione della Direttiva del Consiglio 28 giugno 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. Tale accordo vieta di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato, a meno che il trattamento differenziato non sia giustificato da ragioni oggettive. Il caso era quello di un dipendente che tra il 1989 e il 2005 aveva lavorato in qualità di dipendente pubblico temporaneo presso la Comunità autonoma d’Andalusia e che poi nel 2005 è divenuto dipendente pubblico di ruolo di detta amministrazione. Nel 2007 il dipendente partecipò ad un concorso per una promozione interna che fra i requisiti richiedeva una determinata anzianità professionale. Ammesso nonostante non avesse i requisiti indicati nel bando, una volta risultato vincitore si vide annullare la promozione in quanto non possedeva né il titolo richiesto né l’anzianità di dieci anni come dipendente di ruolo. Il Tribunale amministrativo n. 12 di Siviglia, investito della controversia, ha interpellato la Corte di giustizia. Per i giudici lussemburghesi l’accordo quadro europeo esige che sia esclusa ogni disparità di trattamento tra i dipendenti di ruolo e i dipendenti temporanei di uno Stato membro, a meno che un trattamento diverso sia giustificato da ragioni oggettive. E spetta al giudice nazionale stabilire se il dipendente esercitava le sue funzioni in una situazione paragonabile a quella dei dipendenti di ruolo. Dunque, una volta verificato che il soggetto si trovi in una situazione paragonabile a quella di un dipendente di ruolo del grado richiesto nel bando di concorso, il giudice nazionale deve accertare se esista una ragione oggettiva che giustifichi la mancata considerazione. Al riguardo, la Corte ricorda che la «ragioni oggettive» devono risultare dalla particolare natura delle mansioni o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro. In ogni caso, il semplice riferimento alla natura temporanea del lavoro del personale dell’amministrazione pubblica non soddisfa tali esigenze e tale natura non è quindi di per sé idonea a costituire una ragione oggettiva ai sensi dell’accordo quadro.