Il pubblico dipendente, con una tipologia contrattuale part time, viene cancellato dall’albo forense; ciò avviene ad opera della legge 25 novembre 2003, n. 393, che stabilisce l’incompatibilità tra le due attività. La decisione del ricorso presentato dall’avvocato deve, però, essere sospesa fino alla decisione della Consulta; rimane, quindi, iscritto nell’albo professionale. La sopra menzionata legge 2003, ha stabilito una incompatibilità fra le due attività concedendo tre anni di tempo (dalla data di entrata in vigore della stessa legge) per esercitare il diritto di scelta. La normativa ha efficacia retroattiva; l’avvocato si vede cancellare dall’albo forense. Occorre, però, attendere che si esprima la Corte Costituzionale; sempre la Cassazione aveva già in precedenza, avuto modo di ritenere “non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della legge n. 339/03, artt. 1 e 2, nella parte in cui non prevedono che il regime di incompatibilità stabilito dall'art. 1 non si applichi ai dipendenti pubblici a tempo parziale ridotto non superiore al 50 per cento del tempo pieno, già iscritti negli albi degli avvocati, alla data di entrata in vigore della medesima legge n. 339/03, prevedendo invece, all'art. 2, solo un breve periodo di “moratoria” per l'opzione imposta tra impiego ed esercizio della professione per contrasto, nei sensi di cui in motivazione, con gli artt. 3, 4, 35 e 41 Cost.” (Cass. 24689/2010).