il Ministero del Lavoro, in sede di istruttoria, non è vincolato ma solo facoltizzato ad avvalersi dei dati ARAN - che vengono in rilievo come parametro di riferimento vincolante esclusivamente ai fini dell'ammissione alla contrattazione collettiva nel pubblico impiego
TAR Lazio di Roma, sezione III bis, sentenza n. 8066/2012
Avv. Prof. Piero Lorusso
di Roma, RM
Letto 442 volte dal 25/09/2012
il Ministero del Lavoro, in sede di istruttoria, non è vincolato ma solo facoltizzato ad avvalersi dei dati ARAN - che vengono in rilievo come parametro di riferimento vincolante esclusivamente ai fini dell'ammissione alla contrattazione collettiva nel pubblico impiego- secondo la più recente giurisprudenza, l’ art. 3, comma 3, Dlgs. n. 479/1994 ( il quale stabilisce che il CIV INPDAP, così come quello degli altri enti previdenziali pubblici, è costituito "da ventiquattro membri dei quali la metà in rappresentanza delle confederazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale.....secondo criteri che tengano conto delle esigenze di rappresentatività e degli interessi cui le funzioni istituzionali di ciascun ente corrispondono") deve essere “inteso ed applicato come impositivo della sola scelta dei componenti dell'organismo tra i rappresentanti delle predette organizzazioni e non anche come prescrittiva di un confronto tra queste ultime e di una preferenza di quelle dotate di un maggior grado di rappresentatività, con la conseguenza che la nomina di un rappresentante di una confederazione correttamente ascritta alla categoria di quelle maggiormente rappresentative sul piano nazionale (e, quindi, titolare dell'unico requisito prescritto dalla legge) deve intendersi sicuramente conforme al parametro normativo di riferimento” (Consiglio Stato sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6341; T.A.R. Firenze Toscana sez. III, 16 aprile 2012, n. 731).
N. 08066/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02411/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2411 del 2009, integrato da motivi aggiunti depositati in data 11/01/10, proposto da:
dalla C.S.E. Confederazione Indipendente Sindacati Europei in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma, Via Piave n. 61, in persona del suo segretario generale e rappresentante pro tempore sig. Marco Carlomagno, rappresentato e difeso dall'avv. Alfredo Samengo, con domicilio eletto presso Alfredo Samengo in Roma, via Po, 25/B;
contro
Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero dell'Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei L.R. p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata ope legis in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
CGIL, CISL, UIL, UNIONE PROVINCE ITALIANE, ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMUNI ITALIANI, CONFSERVIZI, Ruggini Sandro, De Caro Stefano, Soricaro Giuseppe, Borio Carlo, Porrari Franco, Assogna Mario, Caronia Giuseppe, Ponti Enrico Matteo, Lolaico Saverio, Callipo Sebastiano, Mannucci Corrado; Confsal, rappresentato e difeso dall'avv. Renato Lioi, con domicilio eletto presso Renato Lioi in Roma, via Merulana, 139;
UGL, rappresentato e difeso dagli avv. Giuliano Bologna, Cristina Della Valle, con domicilio eletto presso Giuliano Bologna in Roma, via Merulana, 234;
C.I.S.A.L., Confederazione italiana Sindacati autonomi Lavoratori, con sede in Roma, Via Torino n. 95, in persona del legale rappresentante pro tempore, Francesco Cavallaro, nella sua qualità di Segretario Generale, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dall'avv. prof. Piero Lorusso e dall'avv. prof. Federico Tedeschini , con lui elettivamente domiciliata in Roma, Largo Messico n. 7 presso il di lui studio,Cisal, rappresentato e difeso dagli avv. prof. Piero Lorusso, Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso Piero Lorusso in Roma, l.go Messico, 7; Lima Carlo, rappresentato e difeso dagli avv. Simona Serafini e Maria Rosa Rivellini, con domicilio eletto presso Nicola Maione in Roma, via Garigliano, 11;
per l'annullamento, con il ricorso principale con i motivi aggiunti depositati in data 11/01/10::
del DPCM 2 gennaio 2009, successivamente conosciuto, recante la ricostruzione del consiglio di indirizzo e vigilanza dell’INPDAP, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali ivi compresi;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Ministero dell'Interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri nonché di Confsal, Ugl, Cisal e di Lima Carlo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2012 la dott.ssa Ines Simona Immacolata Pisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe la Confederazione CSE (Confederazione Indipendente Sindacati Europei) ha impugnato il DPCM 2 gennaio 2009, recante la ricostituzione del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell'INPDAP, Istituto Nazionale per i dipendenti dell'Amministrazione Pubblica, deducendone l’illegittimità sotto vari profili nella parte in cui ha nominato i rappresentanti delle confederazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative sul piano nazionale in seno al Consiglio escludendo, e comunque non considerando, la CSE.
Parte ricorrente ha evidenziato come, a suo avviso, la giurisprudenza richiamata dall'Amministrazione per suffragare la legittimità della scelta di utilizzare i dati comunicati dalle organizzazioni sindacali, in luogo di quelli messi a disposizione dall'ARAN, sarebbe del tutto inconferente in quanto riguardante fattispecie in cui l'Amministrazione non disponeva di strumenti alternativi.
Nella specie si sarebbe trattato, invece, di accertare la maggiore rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini della designazione dei rappresentanti in seno al CIV INPDAP, l'Ente che in passato gestiva la previdenza per la generalità dei pubblici impiegati, con esclusione di quelli alle dipendenze degli enti pubblici non economici. Gli artt. 3, Dlgs. n. 479/1994 e 4, D.P.R. n. 368/1997) infatti stabiliscono che la selezione delle Confederazioni sarebbe dovuta avvenire "secondo criteri che tengano conto delle esigenze di rappresentatività e degli interessi cui le funzioni istituzionali di ciascun ente corrispondono", cioè a dire tenendo conto della loro rappresentatività nel pubblico impiego.
Ad avviso di parte ricorrente, inoltre, la circostanza che i dati certificati dall'ARAN in ordine alla rappresentativia sindacale siano per legge finalizzati a selezionare le organizzazioni sindacali da ammettere alla contrattazione collettiva, non significherebbe che l'Amministrazione, in mancanza di diversi attendibili strumenti di verifica, non possa e non debba farne impiego.
Sulla questione relativa all'utilizzabilità dei dati ARAN, peraltro, la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai fini del rinnovo del CNEL, per il settore Pubblica Amministrazione, ha fatto ricorso ai dati .ARAN; e ciò sebbene, per legge, tali dati non vengano certo certificati dall'Agenzia ai fini del rinnovo del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (v. Relazione Presidenza del Consiglio dei pag. A3 penultimo capoverso, sub doc. n. 2 deposito 19 aprile 201 2).
Con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente ha quindi evidenziato la rappresentatività della CSE, confrontandola comparativamente con quella della CISAL e dell'UGL, secondo le risultante delle tabelle ARAN relative al biennio 2008/2009. La CSE., quale Confederazione maggiormente rappresentativa in entrambi i bienni, doveva quindi essere necessariamente considerata dall'Amministrazione ai fini della selezione dei soggetti legittimati ad esprimere un proprio rappresentante in seno al ricostituendo CIV. In conclusione, parte ricorrente ha chiesto l’acoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto impugnato,.
DIRITTO
In via preliminare, il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse della CSE alla decisione, in considerazione della soppressione dell'INPDAP e del trasferimento all'INPS dei relativi rapporti, con conseguente cessazione delle attività del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell'ente soppresso (art. 21, commi 2, 2 bis e 4, D.L. n. 201/2011) che, in ogni caso, in considerazione della durata quadriennale dell’incarico, non potrebbe protrarsi oltre alla data del 28.luglio 2012.
Né, peraltro, nella fattispecie in esame ricorrono i presupposti per la decisione della causa ai sensi e per gli effetti di cui all’art.34, comma 3, cpa: ed invero, parte ricorrente non ha proposto nel presente giudizio domanda di risarcimento del danno né risulta , peraltro, che tale domanda sia stata proposta autonomamente o che, comunque, la parte sia in procinto di farlo, così da potersi ritenere sussistente un interesse concreto e attuale, seppure limitatamente a tale profilo (T.A.R. Firenze Toscana sez. III, 16 aprile 2012; T.A.R. Milano Lombardia sez. IV, 05 ottobre 2011, n. 2352).
In ogni caso, nel merito il ricorso deve ritenersi infondato.
Innanzitutto, deve ritenersi inammissibile per carenza di interesse la prima censura, con cui si lamenta l’illegittimità della determinazione adottata nella parte in cui, nel pervenire alla ricostituzione del Comitato di Vigilanza dell’ INPDAP, l’amministrazione ha omesso di prendere come punto di riferimento i dati di rappresentatività sindacale accertati dall'ARAN relativi al biennio 2008/2009 (circostanza che, ad avviso di parte ricorrente, avrebbe ineluttabilmente condotto a riconoscere la CSE quale Confederazione maggiormente rappresentativa, legittimata d esprimere un proprio rappresentante in seno al CIV, in luogo della ULG ovvero della Cisal).
Risulta infatti dagli atti di causa e non è contestato da parte ricorrente che il Ministero del. Lavoro ha provveduto, preliminarmente, a richiedere l'informativa inerente la consistenza numerica dei soggetti rappresentati, l'ampiezza e la diffusione delle strutture organizzative, la partecipazione alla formazione e stipulazione di CCNL, la partecipazione alla trattazione di vertenze individuali, plurime e collettive di lavoro.
Orbene, premesso che il Collegio condivide l’assunto dell’amministrazione secondo cui il Ministero del Lavoro, in sede di istruttoria, non è vincolato ma solo facoltizzato ad avvalersi dei dati ARAN - che vengono in rilievo come parametro di riferimento vincolante esclusivamente ai fini dell'ammissione alla contrattazione collettiva nel pubblico impiego- secondo la più recente giurisprudenza, l’ art. 3, comma 3, Dlgs. n. 479/1994 ( il quale stabilisce che il CIV INPDAP, così come quello degli altri enti previdenziali pubblici, è costituito "da ventiquattro membri dei quali la metà in rappresentanza delle confederazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale.....secondo criteri che tengano conto delle esigenze di rappresentatività e degli interessi cui le funzioni istituzionali di ciascun ente corrispondono") deve essere “inteso ed applicato come impositivo della sola scelta dei componenti dell'organismo tra i rappresentanti delle predette organizzazioni e non anche come prescrittiva di un confronto tra queste ultime e di una preferenza di quelle dotate di un maggior grado di rappresentatività, con la conseguenza che la nomina di un rappresentante di una confederazione correttamente ascritta alla categoria di quelle maggiormente rappresentative sul piano nazionale (e, quindi, titolare dell'unico requisito prescritto dalla legge) deve intendersi sicuramente conforme al parametro normativo di riferimento” (Consiglio Stato sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6341; T.A.R. Firenze Toscana sez. III, 16 aprile 2012, n. 731).
Invero, in sede di nomina dei rappresentanti sindacali in un organo amministrativo collegiale, l'amministrazione si trova di fronte al problema non già di stabilire quali siano le associazioni sindacali maggiormente rappresentative abilitate ad esprimere il proprio rappresentante, ma di ripartire fra più associazioni - tutte obiettivamente e pacificamente riconosciute maggiormente rappresentative - un minor numero di seggi disponibili.
La ricorrente, pertanto, avrebbe potuto dolersi del provvedimento adottato solo nel caso di nomina di associazioni prive dei requisiti di maggiore rappresentatività (nella specie, invece, legittimamente erano stati attribuiti tutti i sei posti disponibili alla Cgil, alla Cisl e alla Uil, organizzazioni di maggiore diffusione nell'ambito sociale, rispetto ad altre di minoranza).
La giurisprudenza di legittimità, peraltro, ha puntualizzato che «l'avverbio "maggiormente" non implica alcuna comparazione fra le diverse confederazioni» ma piuttosto «comporta l'esistenza di un'organizzazione molto estesa sia in senso territoriale che settoriale» (Cass. 28 ottobre 1981, n. 5664).
Per le medesime argomentazioni ora esposte, va ritenuta infondata la terza censura, con cui si lamenta che l'Amministrazione avrebbe dovuto contemperare il criterio proporzionale con quello pluralistico e, estendendo l'istruttoria anche alla CSE, assegnare un seggio alla medesima “posto che la Confederazione ricorrente risulta pacificamente organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa con riferimento sia al biennio 2008/2009 che a quello 2006/2007” nel comparto PCM.. Né, peraltro, meritano accoglimento le censure relative al presunto difetto di motivazione del provvedimento impugnato e alla violazione degli artt.. 4 Dlgs. 479/1994, che inerisce l'istituzione dell'I.N.P.D,A.P. e detta norme di organizzazione e gestione interna dell'ente de qua, nonché dell’art. 4 D.Lgs. 366/1997, il quale si riferisce non alle modalità e/o ai criteri di nomina e/o alla motivazione in base alla quale la P.A. designa determinate 00.SS., ritenendole maggiormente rappresentative, quali membri del C.I.V. I.N.P.D.A.P., bensì alle norme di organizzazione e gestione interna del Comitato de quo.
In conclusione, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere dichiarati improcedibili e, comunque, infondati.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li dichiara improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse e comunque infondati.
Condanna la ricorrente a rifondere le spese di lite, nella misura di euro 3.000,00 (duemila), oltre IVA e CPA come per legge, nei confronti delle amministrazioni costituite difese dall’Avvocatura nonché nella misura di euro 2.000,00 nei confronti di ciascuna controinteressata costituita in giudizio (CONFSAL, UGL, CISAL).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Evasio Speranza, Presidente
Paolo Restaino, Consigliere
Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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