Costituisce una discriminazione chiedere la cittadinanza italiana per l'ammissione ad una selezione pubblica come operatore sanitario (OSS)
Tribunale di Genova, Sezione lavoro, Ordinanza del 19 luglio 2011
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 959 volte dal 01/12/2011
massima: Ne deriva che il comportamento tenuto dalla convenuta e consistito nella previsione di una limitazione all'accesso al lavoro quale la cittadinanza nazionale, in quanto non giustificato da ragioni oggettive che legittimano un trattamento differenziato tra cittadini italiani (o UE) e cittadini extracomunitari, deve ritenersi discriminatorio ex articolo 43 del decreto legislativo 286/98. [...] Allo scopo di far cessare gli effetti della condotta discriminatoria, va affermato il diritto della ricorrente all'inserimento nella suddetta graduatoria, al fine di consentire alla medesima, al pari di ogni altro cittadino italiano, di partecipare alle prove/selezioni previste nell'ambito della chiamata pubblica per l'avviamento al lavoro del posto di OSS...
TRIBUNALE ORDINARIO DI GENOVA
SEZIONE LAVORO
IL GIUDICE
a scioglimento della riserva formulata in udienza osserva quanto segue.
La sig.ra Xxxxx ha presentato ricorso ai sensi dell'art. 44 del d.lgs. n. 286 del 1998 deducendo:
di essere nata in Ecuador e residente in Italia dal 2001 con regolare documento di soggiorno;
di lavorare in qualità di OSS (operatore socio sanitario) nelle strutture del'Asl4 con contratto a tempo determinato a far data dal 16/6/2000;
di aver presentato in data 27/5/2011 domanda di adesione alla selezione per un posto di operatore socio sanitario (OSS) categoria B livello super (azienda richiedente Ist – Istituto nazionale per la ricerca sul cancro) per svolgere le mansioni di operatore socio sanitario OSS presso l'Hospice "Maria Chighine" con contratto a tempo indeterminato a tempo pieno;
di essere in possesso dei requisiti per partecipare alla chiamata pubblica effettuata dalla Provincia di Genova e di cui sopra ovvero l'essere in possesso di attestato di qualifica di operatore socio sanitario (corso di durata annuale) e l'attestazione di avvenuta formazione per hostess e/o in cure palliative (deliberazione della Giunta regionale regione Liguria numero 423 del 9/4/2009)
di essere stata ammessa con riserva con la seguente dicitura "accettata con riserva per mancanza requisiti cittadinanza e obbligo scolastico";
di essere stata indicata nella graduatoria pubblicata in data 6/6/2011 tra gli esclusi per mancanza dei requisiti.
Ritiene la ricorrente che la sua esclusione dalla graduatoria suddetta da parte della Provincia di Genova sia illegittima, poichè, da un lato, ella possiede il requisito dell'adempimento dell'obbligo scolastico e, dall'altro, è del tutto irrilevante che la concorrente non sia cittadina italiana.
Sostenuta la pretestuosità della mancanza del requisito dell'obbligo scolastico, neppure menzionato nel bando di concorso, ella si incentra sulla mancanza del requisito della cittadinanza italiana, requisito del tutto ingiustificato alla luce dell'articolo 2 del decreto legislativo numero 286 del 25/7/1998, a mente del quale lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode di diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano.
In base a tale norma la Repubblica italiana, in attuazione della convenzione OIL numero 143 del 24 giugno 1975, ratificato con legge 10 aprile 1981 numero 158, garantirebbe a tutti i lavoratori stranieri, regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie, parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani.
Ha quindi introdotto il presente giudizio, onde far rimuovere gli effetti della condotta discriminatoria compiuta dalla Provincia di Genova attraverso l'esclusione della ricorrente dalla procedura concorsuale di cui in premessa, chiedendo la disapplicazione e/o l'annullamento e/o la dichiarazione di inefficacia di ogni provvedimento presupposto o connesso, al fine di ordinare alla convenuta amministrazione di inserire la ricorrente nella graduatoria dalla quale è stata illegittimamente esclusa e, conseguentemente, ad ammetterla alle prove e selezioni di cui in ricorso.
Chiede inoltre di condannare la Provincia di Genova a risarcire la ricorrente del danno non patrimoniale subito in conseguenza dell'atto di discriminazione e a versarle le retribuzioni eventualmente perdute con gli accessori di legge.
Si costituiva la provincia di Genova, chiedendo il rigetto del ricorso siccome infondato.
[...]
Evidenziava l'Amministrazione come, da un lato, la ricorrente non abbia dato prova all'atto dell'iscrizione alle liste di collocamento dell'adempimento dell'obbligo scolastico, unico requisito richiesto per l'iscrizione alle liste medesime.
Sosteneva inoltre l'indispensabilità del requisito della cittadinanza italiana per l'accesso al pubblico impiego, invocando giurisprudenza amministrativa ed ordinaria in tal senso (Cassazione sezione lavoro 13/11/2000 numero 24170; parere Consiglio di Stato, seconda sezione, numero 2592/2003 del 31.3.2004), nonchè il regolamento degli uffici dei servizi approvato con deliberazione della giunta provinciale del 17 giugno 2008 numero 176, nonchè recente parere dell'Ufficio Nazionale contro le discriminazioni razziali (parere numero 15 del 4 agosto 2010), tutti nel senso di affermare la piena legittimità della clausola di riserva dei posti di pubblico impiego ai cittadini italiani (nazionali o, entro certi limiti, dell'unione europea).
[...]
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Ritiene questo Giudice che il provvedimento di esclusione della ricorrente dalla graduatoria relativa all'avviso di chiamata pubblica per l'avviamento al lavoro di cui alla premessa sia illegittima e concretizzi ai danni della ricorrente una condotta discriminatoria i cui effetti vadano rimossi ai sensi dell'articolo 44 decreto legislativo numero 286 del 1998.
Risulta in via documentale che i requisiti necessari per la partecipazione alla chiamata pubblica di cui all'oggetto sono due ovvero l'essere titolare della qualifica di operatore socio sanitario e l'essere cittadino italiano.
È indubbio che la ricorrente sia in possesso del primo requisito: ella ha infatti prodotto attestato di qualifica professionale a seguito di corso accreditato dalla Provincia di Milano e dalla Regione Lombardia quale operatore socio sanitario.
Tale attestato non è stato contestato dalla Provincia convenuta nella sua veridicità o pertinenza e congruità rispetto alla chiamata pubblica per cui è causa, sicchè non può che ritenersene l'assoluta genuinità e validità ai fini della partecipazione al collocamento al lavoro in oggetto.
Non può d'altra parte trascurarsi il fatto che la ricorrente – circostanza anch'essa non contestata – risulti prestare alle dipendenze dell'Asl4 lavoro a tempo determinato proprio per la stessa qualifica di operatore socio sanitario e quindi sulla base del medesimo attestato prodotto in atti.
Risulta poi ammesso [...] che per poter ottenere la qualifica di operatore socio sanitario è necessario aver adempiuto all'obbligo scolastico, aver cioè conseguito quanto meno il diploma di scuola media inferiore.
E dunque, in difetto di precisi elementi di segno contrario, è impensabile che la ricorrente abbia ottenuto con corso accreditato dalla Provincia di Milano e dalla Regione Lombardia l'attestato di OSS in assenza di un valido titolo di studio relativo alla scuola media inferiore.
Ne consegue che l'accettazione con riserva prima e l'esclusione dalla graduatoria poi motivate dal mancato rispetto da parte della Xxxxx dell'obbligo scolastico siano pretestuose.
Non può poi non darsi rilievo al fatto che la chiamata pubblica per l'espletamento delle prove e selezioni di avviamento al lavoro non menzioni affatto il requisito dell'obbligo scolastico: ne consegue che ogni questione circa l'erronea od incompleta dichiarazione effettuata dalla ricorrente all'atto della iscrizione nelle liste di collocamento circa la prova dell'assolvimento dell'obbligo scolastico sia del tutto fuori di luogo in questa sede (e prima ancora nell'esclusione dalla graduatoria), trattandosi di requisito che in realtà risulta assorbito ed implicito in quello documentato di OSS.
Non resta allora che incentrarsi su quella che, ad avviso di questo giudice, è stata la reale motivazione dell'esclusione della lavoratrice dalla chiamata di avviamento al lavoro ovvero la mancanza di cittadinanza italiana.
Il requisito della cittadinanza italiana per l'accesso ai concorsi pubblici era certamente previsto in passato da leggi che sono state abrogate dalla normativa sopravvenuta.
Ci si riferisce in particolare al decreto legislativo 286/98 che all'articolo 2 sancisce quanto segue: "lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode di diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano" (comma due). La Repubblica italiana, in attuazione della Convenzione dell'OIL numero 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981 numero 158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri, regolarmente soggiornanti nel suo territorio e alle loro famiglie, parità di trattamento e piena eguaglianza dei diritti rispetto ai lavoratori italiani" (comma tre). Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla vita pubblica locale (comma quattro)".
Trattasi di disposizioni precettive ed imperative, suscettibili quindi di immediata applicazione, attestanti in capo allo straniero regolarmente soggiornante in Italia diritti di rilievo costituzionale, tra i quali va certamente ricompreso il diritto al lavoro e all'accesso al lavoro a parità di condizioni, ad eccezione di limitati casi, giustificati da ragioni oggettive di interesse nazionale.
Come unanimemente riconosciuto sia in dottrina che in giurisprudenza tale disposizione ha certamente abrogato l'articolo 2 del dpr 9 maggio 1994 numero 487, secondo cui "possono accedere agli impieghi civili delle pubbliche amministrazioni i soggetti che posseggono i seguenti requisiti generali: 1) cittadinanza italiana... Tale requisito non è richiesto per i soggetti appartenenti all'unione europea".
Il riferimento operato dal comma 13 dell'art. 70 del d.lgs. 165/2001 a tale disposizione non ha certamente il significato di "riportare in vita" il precetto ormai abrogato, dovendosi semmai interpretare detto comma 13 come riferito a quelle ipotesi eccezionali, residuali, in relazione alle quali il requisito della cittadinanza ha una sua ragione d'essere di ordine generale e collettivo.
È l'esame del quadro normativo complessivo che porta a tale conclusione.
In primo luogo deve rammentarsi che la richiamata Convenzione dell'organizzazione internazionale del Lavoro numero 143 del 1975 impegna l'ordinamento a "promuovere, garantire la parità di opportunità di trattamento in materia di occupazione e professione... Per le persone che in quanto lavoratori migranti familiari, si trovino legalmente sul territorio", aggiungendo che "ogni Stato può respingere l'accesso a limitate categorie di occupazioni o funzioni, quando tali restrizioni siano necessarie nell'interesse dello Stato".
In secondo luogo non bisogna dimenticare che il decreto legislativo numero 215 del 2003, attuativo della direttiva comunitaria numero 43 del 2000, nell'affermare l'applicazione del principio di parità di trattamento a tutte le persone sia nel settore pubblico che in quello privato, ha chiarito che detto principio deve regolare anche l'accesso all'occupazione e al lavoro, sia autonomo e dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione (articolo 3 comma 1°).
Va poi ricordato che l'articolo 27 del decreto legislativo numero 286 del 1998, il quale al comma terzo conferma l'efficacia delle disposizioni precedenti "che prevedono il possesso della cittadinanza italiana per lo svolgimento di determinate attività"; l'articolo 38 del decreto legislativo numero 165 del 2001 nel quale è data facoltà a un successivo decreto del Presidente del Consiglio di individuare quegli specifici "posti e funzioni" per i quali non può prescindersi dalla cittadinanza. Ci si riferisce ad esempio ai posti di magistrato, di polizia giudiziaria.
L'insieme complessivo delle disposizioni sopra esaminate porta al riconoscimento di un principio generale di diritto alla parità di trattamento fra cittadini e stranieri, derogabile solo nel caso di specifiche posizioni lavorative, in relazione ai quali esiste un interesse pubblico al mantenimento della clausola di riserva.
D'altra parte va ricordato come nessun limite costituzionale vi è alla partecipazione del cittadino straniero ai pubblici concorsi, tanto che l'articolo 97 comma 3 Cost. non fa alcun riferimento al requisito della cittadinanza.
Solo l'art. 54 Cost. espressamente si riferisce ai cittadini italiani impegnati nello svolgimento di pubbliche funzioni, le quali devono secondo la disposizione in esame essere adempiute dai cittadini con onore, prestando giuramento.
Tale norma, peraltro, si riferisce alle pubbliche funzioni certamente diverse dal cosiddetto pubblico servizio cui è invece riconducibile un'attività lavorativa come quella dell'operatore socio sanitario, compito esecutivo che non implica la partecipazione all'esercizio di pubblici poteri o l'esercizio di funzioni di interesse nazionale.
Non condivisibile sul punto l'arresto della Cassazione 13.11.2006 n. 24170, invocata dalla convenuta, nella parte in cui sancisce che l'esclusione dello straniero non comunitario dall'accesso al lavoro pubblico (fuori delle eccezioni espressamente previste dalla legge) non è sospettabile di illegittimità costituzionale, atteso che esula dall'area dei diritti fondamentali e che la scelta del legislatore è giustificata dalle stesse norme costituzionali (articolo 51, 97, 98 Cost.).
Tale pronunciamento omette del tutto di considerare che l'Italia ha ratificato la convenzione OIL numero 143 del 1975, fonte normativa sovraordinata rispetto alla legislazione statale e che tale convenzione internazionale dispone il principio generale della parità di trattamento fra cittadino e non cittadino, derogabile solo in specifiche ipotesi ed in presenza di un interesse generale prevalente.
Ne deriva che il comportamento tenuto dalla convenuta e consistito nella previsione di una limitazione all'accesso al lavoro quale la cittadinanza nazionale, in quanto non giustificato da ragioni oggettive che legittimano un trattamento differenziato tra cittadini italiani (o UE) e cittadini extracomunitari, deve ritenersi discriminatorio ex articolo 43 del decreto legislativo 286/98.
Va conseguentemente dichiarata l'illegittimità del provvedimento di esclusione della ricorrente dalla graduatoria pubblicata il 6/6/2011.
Allo scopo di far cessare gli effetti della condotta discriminatoria, va affermato il diritto della ricorrente all'inserimento nella suddetta graduatoria, al fine di consentire alla medesima, al pari di ogni altro cittadino italiano, di partecipare alle prove/selezioni previste nell'ambito della chiamata pubblica per l'avviamento al lavoro del posto di OSS presso l'Istituto ricerca sul cancro.
Va invece respinta la domanda risarcitoria, in relazione alla quale mancano allegazioni e deduzioni specifiche in ordine alla sussistenza di un danno non patrimoniale in capo alla ricorrente.
L'unico danno concretamente ravvisabile, nel caso di specie, era quello della perdita di chance consistente nella impossibilità di partecipare alla selezione per ragioni illegittime, danno interamente reintegrato dall'emissione ed attuazione del presente provvedimento.
[...]
P.Q.M.
Il Giudice, a scioglimento della riserva formulata in udienza,
-
Dichiara la natura discriminatoria del comportamento tenuto dalla Provincia di Genova con l'esclusione della ricorrente dalla graduatoria pubblicata in data 6/6/2011 e relativa alla procedura di chiamata pubbica dei giorni 26-27 maggio 2011;
-
dichiara il diritto della ricorrente a partecipare alle prove del concorso de quo;
-
ordina all'amministrazione convenuta di porre in essere tutti gli atti necessari per rendere effettivo il suddetto diritto, onde consentire alla ricorrente di espletare le prove concorsuali;
[...]
Genova, 19/07/2011
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