Divieto di trasferimento del personale che assiste un disabile convivente? Non sempre.
T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. II, 03/07/2017, n.448
Avv. Giuseppe Bruno
di Roma, RM
Letto 238 volte dal 03/08/2017
La pretesa del lavoratore che assiste con continuità un parente portatore di handicap alla scelta della sede di lavoro può trovare accoglimento solo se non contrasta con specifiche esigenze funzionali dell'Amministrazione di appartenenza, dovendo assumere rilievo, per Forze Armate e Corpi di Polizia, casi di obbligato utilizzo in alcune sedi di personale in possesso di particolari specializzazione
N. 00448/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00792/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 792 del 2014, proposto da:
OMISSIS -, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea e Paolo Pubusa, con domicilio eletto presso il loro studio legale in Cagliari, via Tuveri n .84;
contro
il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pt, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari e domiciliato in Cagliari, presso gli uffici della medesima, via Dante n.23;
nei confronti di
Marcello Capodiferro non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del provvedimento in data 25 agosto 2014, prot. n. 5800/14-6-44 (oggetto: "movimento di Uff. CC") del Comando Gen. dell'Arma e della nota 3.9,u.s., prot. n. 181/48-3 (oggetto: "alloggio di servizio") del Comando della Legione CC Sardegna;
- di ogni atto presupposto, connesso e conseguenziale, in particolare, ove necessario e in quanto lesivo, del provvedimento di sostituzione del ricorrente in Sanluri.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 maggio 2017 il dott. Tito Aru e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Maggiore – OMISSIS - è stato al comando della Compagnia dell’Arma dei Carabinieri di –OMISSIS - dal 26.2.2004 al 19.9.2013.
Con preavviso del 29 aprile 2013, prot. 5800/14 – 6 – 3 il Comando generale gli ha comunicato l’avvio delle procedure di trasferimento all’Ufficio OAIO della Legione dei Carabinieri di Cagliari.
Va precisato che, nella programmazione annuale, egli aveva manifestato il gradimento al trasferimento a Cagliari, avendo un componente della propria famiglia iscritto all’università e in ragione di una grave patologia della -OMISSIS- debitamente certificata.
Confidava peraltro nell’assegnazione dell’alloggio di servizio presso i locali della Legione in via Sonnino dove sarebbe stato destinato a prestare servizio.
Con nota del Comando della Legione prot. 383 del 6 maggio 2013 gli veniva tuttavia comunicato che “…ancorché previsto sinotticamente l’alloggio di servizio devoluto a ufficiale addetto, non vi è disponibilità di unità immobiliare…”.
A questo punto, il ricorrente, con nota del 25 maggio 2013, chiedeva la conferma dell’alloggio di servizio ovvero l’arresto del procedimento di trasferimento.
Tuttavia, senza tenere conto della patologia della -OMISSIS- e nonostante il suo dissenso, il Comando Generale, con provvedimento n. 5800/14.6.17 dell'8.8.2013, ne disponeva ugualmente il trasferimento a Cagliari con assegnazione di un alloggio sito in Selargius a distanza di circa 6,5 KM dalla sede di lavoro.
Avverso tale atto il Maggiore – OMISSIS – proponeva ricorso al TAR Sardegna che, con sentenza n. 581 del 9 luglio 2014, lo annullava per difetto di motivazione.
A seguito di tale decisione il Comando Generale riavviava il procedimento che sfociava nel provvedimento n. 5800/14-6-44 del 25.8.2014 col quale, nella sostanza, si riproduceva la stessa situazione di fatto (trasferimento a Cagliari e alloggio di servizio a Selargius) oggetto della determinazione già annullata dal TAR Sardegna.
Ritenendo tale provvedimento sostanzialmente elusivo della precitata sentenza di annullamento n. 581/20 il Maggiore – OMISSIS – ha contestualmente proposto ricorso per l’ottemperanza al giudicato e, in via subordinata, per il suo l’annullamento deducendo i seguenti motivi di illegittimità:
Mancata comunicazione di inizio del procedimento e del preavviso di rigetto, difetto di istruttoria e carenza di motivazione;
Mancata applicazione delle tutele di cui alla legge n. 104/1992.
Con vittoria delle spese del giudizio.
Per resistere al ricorso si è costituita l’amministrazione intimata che ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.
Con sentenza n. 1038 del 2 dicembre 2014 il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso per ottemperanza e ha disposto la conversione del giudizio nel rito ordinario.
Con ordinanza n. 147 del 1° luglio 2015 ha poi respinto l’istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.
Con memorie difensive depositate in vista dell’udienza di trattazione il ricorrente ha insistito, in particolare, anche con richiami giurisprudenziali, nella richiesta di accoglimento per violazione della legge n. 104/1992.
Alla pubblica udienza del 31 maggio 2017, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
Quanto alle censure formali (violazione degli artt. 7 e 10 bis della legge n. 241/1990) il Collegio rileva che, anche a prescindere dalla qualificazione in termini di “ordini” dei provvedimenti di trasferimento dei militari, e alla conseguente loro sottrazione alle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241/1990, il Maggiore – OMISSIS – aveva ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento fin dal 29 aprile 2013, allorquando il relativo procedimento era sfociato nella determinazione n. 5800/2013, poi annullata per difetto di motivazione dal TAR.
In tale occasione si era dunque compiutamente svolto il contraddittorio procedimentale tra il ricorrente e l’amministrazione militare che aveva preso atto, respingendole, delle sue istanze difensive.
A seguito dell’annullamento disposto dal giudice amministrativo il procedimento è stato riavviato dall’ultimo atto istruttorio validamente posto in essere al fine dell’adozione di una nuova determinazione che, come richiesto dalla decisione del TAR, illustrasse compiutamente le ragioni del disposto trasferimento.
In relazione a quanto sopra, dunque, non vi era alcuna necessità di procedere ad un nuovo avviso di inizio del procedimento, ben essendo il ricorrente, che aveva già svolto le sue osservazioni in ambito procedimentale, consapevole della riattivazione del procedimento a seguito della sentenza del TAR a lui favorevole.
In ogni caso, le puntuali argomentazioni indicate dall’amministrazione (“…preminente interesse istituzionale a ricoprire la posizione d’impiego di Addetto all’Ufficio OAIO del Comando Legione Carabinieri Sardegna…”) comportano l’applicazione dell’art. 21 octies, della legge n. 241/1990, pacificamente applicabile con riguardo sia all’art. 7 che all’art. 10 bis della legge n. 241/1990) per il quale la violazione delle anzidette disposizioni non determina l’annullabilità dell’atto finale allorché, come nella specie, l’amministrazione dimostri in giudizio che il suo contenuto non poteva essere diverso.
Del pari infondato è il censurato difetto di istruttoria e di motivazione.
Non è superfluo, anzitutto, ricordare la giurisprudenza, del tutto consolidata, per cui è legittimo il provvedimento di trasferimento per servizio nell’ambito dell’ordinamento militare e di quello di polizia in quanto l’esigenza del dipendente a permanere in una determinata sede (ed, ancor più, a continuare a svolgere un determinato incarico) è tradizionalmente subordinata alla necessità – propria delle Amministrazioni di appartenenza – di garantire la tutela di interessi pubblici che possono, a pieno titolo, definirsi fondamentali; inoltre la delicatezza delle funzioni affidate ai membri dell’Arma dei Carabinieri rende la discrezionalità normalmente riconosciuta, ‘in subjecta materia’, alla p.a. particolarmente ampia e per la scelta dell’incarico da assegnare al dipendente, ci si deve ispirare – in primo luogo – alle esigenze organizzative generali della struttura senza esser vincolati da considerazioni connesse con la condizioni personali e familiari dell’interessato (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 08 settembre 2012, n. 7645).
Premesso quanto sopra il Collegio rileva che il provvedimento impugnato, che prende le mosse dal rilievo che in sede di compilazione del “promemoria annuale” il ricorrente, pur rappresentando l’esigenza di usufruire dell’alloggio di servizio in quella sede, aveva espresso il proprio gradimento al trasferimento presso il Comando Legione Carabinieri Sardegna, è sostanzialmente incentrato su tre ordini di valutazioni espressi dall’amministrazione, e in particolare:
Dopo 9 anni di servizio presso una medesima sede sussisteva l’interesse istituzionale all’avvicendamento nell’incarico;
Vi era il preminente interesse istituzionale a ricoprire la posizione d’impiego di Addetto all’Ufficio OAIO del Comando Legione Carabinieri Sardegna al fine di sostenere le onerose attività esercitate dallo Stato Maggiore;
L’incarico era coerente col profilo professionale del ricorrente, connotato da diverse esperienze di servizio, con garanzia di un qualificato sostegno alle attività di interesse istituzionale sopra ricordate.
Sotto il profilo motivazionale e di completezza dell’istruttoria, dunque, appare evidente che la decisione del Comando Generale dei Carabinieri di avvalersi della professionalità del Maggiore – OMISSIS – per un importante incarico presso il Comando Legione Carabinieri Sardegna appare immune delle censure lamentate dal ricorrente.
A ben vedere, peraltro, la censura sulla quale il Maggiore – OMISSIS – incentra principalmente le sue contestazioni è quella concernente la mancata assegnazione di un alloggio di servizio nella stessa sede di servizio con conseguente impossibilità di prestazione di adeguata assistenza alla _ OMISSIS – afflitta da una grave patologia.
Al riguardo il Collegio osserva che la questione delle condizioni di salute della – OMISSIS – del ricorrente e della richiesta di alloggio interno alla sedi di servizio è stata espressamente considerata dall’Amministrazione che da un lato ha ritenuto che la – OMISSIS – del ricorrente risulta “…portatrice di handicap di cui all’art. 3, comma 1, della Legge 104/1992 non compresa, pertanto, nella categoria di cui all’art. 3, comma 3, della medesima Legge, che riguarda le minorazioni “in situazioni di gravità…”; dall’altro lato che non vi era comunque la sussistenza di alloggi disponibili nell’ambito della sede del Comando Legione Carabinieri Sardegna.
Va anzitutto precisato che al ricorrente è stato assegnato l’alloggio di servizio ubicato in Selargius e devoluto a “Comandante di NORM”, situato alla distanza di 6,5 KM dalla sede di servizio.
Si tratta quindi di un alloggio oggettivamente poco distante dalla sede di servizio ed evidentemente compatibile, in quanto raggiungibile in pochi minuti, con le esigenze di assistenza della – OMISSIS.
Resta quindi da indagare la censura della mancata applicazione della legge n. 104/92.
L’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992 recita testualmente:
“A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”.
Il comma 5 precisa che “Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
Col provvedimento impugnato il Comando generale dei Carabinieri ha ritenuto che, sulla base della documentazione medica prodotta, la – OMISSIS – del ricorrente risulti portatrice di handicap di cui all’art. 3, comma 1, della legge n. 104/1992 (ai sensi del quale “E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”), non riconoscendo la sussistenza dei requisiti di gravità che ai sensi del 3° comma dello stesso art. 3 (per il quale “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità...), comportano la tutela oggi invocata dal ricorrente (art. 33 commi 3 e 5).
Orbene, come evidenziato dalla difesa pubblica, la Commissione Medica per l’accertamento dell’Handicap in data 23 ottobre 2013 ha proceduto alla visita della – OMISSIS – del ricorrente, concludendo nel senso di riconoscerla “PORTATORE DI HANDICAP (COMMA 1 ART. 3)”.
La stessa documentazione sanitaria prodotta dal ricorrente, dunque, esclude nella specie la sussistenza di una accertata situazione di grave handicap tale da comportare l’applicazione del comma 5 dell’art. 33.
Sotto questo profilo è irrilevante la documentazione medica versata agli atti il 7 aprile 2017 e recante il verbale della visita del 10.11.2014 presso la Commissione medica per l’accertamento dell’invalidità civile delle condizioni visive e della sordità (art. 20 legge 3.8.2009 n. 102) non solo perché non pertinente per materia, attenendo all’accertamento della capacità lavorativa, ma anche perché successiva all’adozione del provvedimento impugnato, risalente al 25 agosto 2014, rispetto al quale potrebbe al più valere come supporto per una richiesta di nuovo accertamento sanitario della competente commissione medica.
Va infine precisato che non si rivelano decisivi nel senso invocato dal ricorrente, neppure i richiami giurisprudenziali di cui alla memoria depositata il 27 aprile 2017, per i quali anche il dipendente che assiste un familiare afflitto da handicap non grave non potrebbe essere trasferito senza il suo consenso.
In particolare la sentenza n. 218/2013 del TAR Trento riguardava un caso di assistenza di una congiunta “gravemente disabile”, laddove – per contro - nel caso di specie la Commissione Medica ha classificato l’handicap non grave, restando superata, ad avviso del TAR Trento e del Consiglio di Stato ivi richiamato, per effetto della novella del 2010, solo la diversa questione della (prima richiesta) necessità dell’assistenza con continuità.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 25379 del 12.12.2016, per la quale “la disposizione dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, laddove vieta di trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati - alla luce dell'art. 3, secondo comma, Cost., dell'art. 26 della Carta di Nizza e della Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 sui diritti dei disabili, ratificata con legge n. 18 del 2009 - in funzione della tutela della persona disabile. Ne consegue che il trasferimento del lavoratore è vietato anche quando la disabilità del familiare, che egli assiste, non si configuri come grave, a meno che il datore di lavoro, a fronte della natura e del grado di infermità psico -fisica del familiare, provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive ed urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte” non è del pari decisiva.
Essa, infatti, pur introducendo delle aperture interpretative in ordine alla portata di applicazione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, conferma comunque la preminenza delle valutazioni di esigenze di pubblico interesse affidate all’amministrazione, coerentemente dunque con quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa.
Quest’ultima ha infatti affermato che “…la pretesa del lavoratore, che effettivamente assiste con continuità un parente portatore di handicap, alla scelta della sede di lavoro può trovare accoglimento solo "ove possibile" e quindi quando la richiesta di trasferimento possa essere soddisfatta senza porsi in contrasto con specifiche esigenze funzionali dell’Amministrazione di appartenenza, dovendo assumere rilievo, con riferimento alle Forze Armate ed ai corpi di Polizia, possibili situazioni di deficit di organico di particolari sedi o reparti ovvero le necessità operative che impongono un obbligato utilizzo in alcune sedi di personale in possesso di particolari specializzazioni (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 923 dell’11 febbraio 2011).
In conseguenza, l’amministrazione deve considerare i bisogni, personali e familiari, dei suoi dipendenti, ma non può subordinare ad essi la realizzazione dei propri compiti istituzionali, ai quali nel bilanciamento degli interessi, deve riconoscersi priorità (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 923 dell’11 febbraio 2011 cit.)..”.
Alla luce di tali condivise conclusioni, per le quali resta confermato che la pretesa del lavoratore di non essere trasferito in condizioni di “non gravità” del familiare afflitto da handicap non è incondizionata ma dev’essere necessariamente confrontata con le irrinunciabili esigenze organizzative dell’Amministrazione, e tenuto conto delle suesposte motivazioni poste dal Comando Generale a fondamento del provvedimento adottato, il ricorso si rivela infondato e va respinto.
La particolarità della vicenda giustifica peraltro l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Scano, Presidente
Marco Lensi, Consigliere
Tito Aru, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Tito Aru
Francesco Scano
IL SEGRETARIO
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