Il reato del lavoratore è giusta causa di licenziamento solo se compromette il rapporto fiduciario con il datore Nel caso in cui il lavoratore sia stato rinviato a giudizio per gravi reati non commessi nello svolgimento del rapporto di lavoro, ma ritenuti dal datore di lavoro potenzialmente idonei ad incidere sul rapporto fiduciario, il giudice del lavoro non deve limitarsi a considerare il dato oggettivo del rinvio a giudizio e ritenerlo sufficiente ad integrare la giusta causa di licenziamento. Il giudice del lavoro dovrà invece verificare in concreto se la commissione di tali reati abbia compromesso il rapporto fiduciario e l'immagine dell'azienda, tenendo conto del contesto lavorativo, della natura e qualità del rapporto, dei motivi e dell'elemento soggettivo (Cassazione, sentenza del 10 settembre 2003, n. 13294). Va anche evidenziato che il giudizio civile, finalizzato ad accertare la giusta causa di licenziamento, prescinde dall'esito del giudizio penale. Questo vuol dire che il giudice del lavoro deve valutare in modo autonomo la legittimità o meno del licenziamento, verificando la gravità del comportamento del lavoratore. La conseguenza è che il lavoratore potrebbe anche essere assolto in sede penale, ma risultare soccombente nel giudizio civile per l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento (Cassazione, sentenza del 25 gennaio 2008, n. 1661, secondo cu il giudice del lavoro adito per l'impugnativa dle licenziamento non è obbligato a tener conto dell'accertamento contenuto nel giudizio di assoluzione del lavoratore, ma ha il potere di accertare e qualificare autonomamente i fatti materiali, indipendentemente dall'esito del procedimento penale”).