Con la presente sentenza, la Suprema Corte si distacca dal precedente orientamento giurisprudenziale che aveva ricondotto la risarcibilità del danno alla persona ad un'unica voce - quella di danno non patrimoniale - con la sussunzione, sotto tale indistinta categoria ontologica, del danno biologico, del danno morale e del danno esistenziale, creando così non pochi problemi in sede di liquidazione. La Cassazione, invero, recepisce una diversa prospettazione del danno alla persona, già anticipata in sede normativa, che restituisce autonomia e dignità concettuale alle tre voci di danno: 1) biologico, inteso come compromissione della salute psico-fisica dell'individuo medicalmente accertabile; 2) morale subbiettivo, inteso come sofferenza interiore; 3) c.d. “esistenziale”, inteso come possibile danno dinamico – relazionale. Danni diversi, quindi, e per ciò solo autonomamente risarcibili, a condizione che di essi si dia rigorosa prova, in riferimento al singolo caso specifico.