E’ accolto il ricorso avverso il provvedimento, col quale la Questura ha negato la conversione del permesso di soggiorno da stagionale a subordinato non stagionale, motivato dal fatto che, pur esistendo alla data della domanda la disponibilità di quote per la conversione dei permessi stagionali, il ricorrente non avrebbe potuto comunque usufruirne per non aver tempestivamente presentato la domanda presso il S.U.I. e per essere già scaduto il permesso di soggiorno per lavoro stagionale di cui era stata chiesta la conversione. In base ad un principio generale del procedimento amministrativo, laddove l’amministrazione che ha ricevuto un’istanza di un cittadino non sia competente ad evadere la pratica, la stessa amministrazione è tenuta ad inviarla all’ufficio competente, tenendo informato di ciò il richiedente. Nel caso di specie, era onere della Questura intimata approfondire in contraddittorio col ricorrente il contenuto dell’istanza ed eventualmente “girarla” al competente S.U.I. per gli adempimenti inerenti la conversione. Acclarato ciò, è del tutto evidente che la verifica circa la capienza della quota prevista dal c.d. decreto flussi vigente ratione temporis andasse effettuata “ora per allora” e ciò in ragione dell’effetto ripristinatorio ex tunc che consegue ad una sentenza che pronuncia l’annullamento di un provvedimento. Fra l’altro, nel caso di specie, essendo stato provato per tabulas che alla data di presentazione dell’istanza esistevano quote da destinare alla conversione dei permessi di soggiorno per lavoro stagionale e che tali quote non sono state nemmeno coperte per intero nella provincia di M., al ricorrente non è nemmeno opponibile una irreversibile modificazione dello stato di fatto e di diritto che impedirebbe la soddisfazione in forma specifica del suo interesse ad ottenere la conversione del permesso di soggiorno. Qualsiasi altra conclusione confliggerebbe con il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, visto che l’accoglimento della domanda del ricorrente non pregiudica né eventuali terzi che in ipotesi dovessero vedersi privati della quota prevista dal decreto flussi di cui al D.P.C.M. 31 ottobre 2010, né l’interesse pubblico ad una corretta regolazione dei flussi migratori.