Sì al cambio del nome di battesimo per il cittadino albanese diventato italiano, per evitare continui controlli con la polizia svizzera
TAR Lombardia, sez. I, sent. n. 2899/2013 del 20/12/2013
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 153 volte dal 30/04/2014
Il signor Ermen Muca di origine albanese, ma allo stato cittadino italiano, ha impugnato il diniego opposto dal Prefetto di Como di poter mutare il suo nome in quello di Emilio, con il quale è ormai da anni chiamato nella vita lavorativa e tramite il quale avverte felicemente la sua avvenuta integrazione nella collettività italiana.
La circostanza, che appare peraltro attendibile, di essere già chiamato in via di mero fatto con il nome di Emilio conferma l’esistenza di questa aspirazione, che troverebbe definitivo riconoscimento anche davanti alla legge, sancendo dunque in modo definitivo l’avvenuto ingresso nel nuovo Paese, che il ricorrente considera già all’evidenza come proprio.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2064 del 2013, proposto da:
Mohamed Ismat Noeman Elnaghi, rappresentato e difeso dall'avv. Monica Gonzo, con domicilio eletto presso la stessa in Milano, via A. Panizzi, 13;
contro
Ministero dell'Interno (Prefettura di Milano), rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale di Milano, domiciliata in Milano, via Freguglia, 1;
per l'accertamento dell’illegittimità
del silenzio inadempimento serbato dall'Amministrazione intimata sull'istanza di emersione da lavoro irregolare presentata ex art. 5 D.Lgs. 109/2012 - dalla sig.ra Ammazzalupo Laura in favore del ricorrente in data 4.10.12;
nonché per l'accertamento dell'obbligo dell'Amministrazione intimata di concludere il procedimento avviato a seguito della presentazione della suddetta istanza;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Vista la memoria difensiva del ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2013 il dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La signora Laura Ammazzalupo presentava all’Amministrazione dell’Interno domanda di emersione ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo 109/2012, a favore del lavoratore sig. Elnaghi Mohamed Ismat Noeman.
Ad oggi l’Amministrazione non risulta avere adottato alcun provvedimento esplicito su tale istanza.
Era proposto pertanto il presente ricorso contro il silenzio della Pubblica Amministrazione, ai sensi dell’art. 117 del D.Lgs. 104/2010 (“Codice del processo amministrativo”).
Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto del gravame.
All’udienza in camera di consiglio del 19.12.2013, la causa era trattenuta in decisione.
Il ricorso merita accoglimento, visto che risulta la presentazione dell’istanza di emersione (cfr. il doc. 1 del ricorrente e la relazione della parte resistente), senza che la Prefettura abbia provveduto sulla stessa nel termine di legge.
L’Amministrazione, nella propria relazione depositata in giudizio il 20.11.2013, ha evidenziato di avere predisposto in data 29.10.2013 preavviso di rigetto, ex art. 10 bis della legge 241/1990, da trasmettersi al datore di lavoro ed al lavoratore, ma ad oggi non ancora ricevuti da questi ultimi (cfr. su tale specifico punto, la memoria del ricorrente; la circostanza non è peraltro smentita dalla parte resistente).
Reputa, però, il Collegio che la semplice predisposizione di un preavviso di rigetto non notificato, fra l’altro effettuata dopo la scadenza del termine di conclusione del procedimento, non determina di per sé l’improcedibilità del presente gravame, dovendo l’Amministrazione in ogni caso adottare un provvedimento espresso, il cui contenuto deve essere determinato sulla base di tutte le risultanze dell’istruttoria svolta.
Per effetto dell’accoglimento del gravame, la Prefettura di Milano dovrà di conseguenza provvedere sulla domanda della parte ricorrente, adottando un provvedimento esplicito, entro il termine massimo di 30 (trenta) giorni decorrenti dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
Le spese possono essere compensate, attesa anche l’ammissione dell’esponente al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Giovanni Zucchini, Consigliere, Estensore
Silvia Cattaneo, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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