Cittadinanza italiana all'apolide, il requisito reddituale va valutato in concreto
T.A.R. Lazio, sez. prima, sent. n. 557/2015 del 18/06/2015
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 109 volte dal 16/10/2016
L’art. 9 comma 1 lett. e) della legge 5 febbraio 1992 n. 91 prevede che la cittadinanza italiana può essere concessa… all’apolide che risiede legalmente in Italia da almeno cinque anni; tali presupposti non risultano contestati nel provvedimento impugnato.
I precedenti penali riscontrati, oltre ad essere risalenti nel tempo, non risultano sfociati in alcuna sentenza di condanna e sono verosimilmente rimasti a livello di mere segnalazioni, con impossibilità giuridica di accertare l’effettiva responsabilità del ricorrente nella commissione dei reati ascritti.
Circa il reddito, premesso che il parametro adottato dal Ministero non è imposto per legge ma scelto in via discrezionale, deve osservarsi che esso, pur essendo astrattamente ragionevole, deve essere confrontato di volta in volta con le specifiche e particolari contingenze; nel caso in esame l’Amministrazione non ha valutato che il ricorrente gode di pensione erogata dal servizio previdenziale italiano ed è quindi già a carico delle finanze pubbliche, con esenzione tra l’altro da pagamenti per l’assistenza sanitaria ed in assenza di una famiglia da mantenere; con proprietà dell’immobile ove risiede ( con conseguente contribuzione fiscale), talchè sarebbe stata necessaria una più specifica valutazione, come detto, in ordine alle possibilità di mantenimento con una entrata mensile stabile e sicura di € 462,00.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 181 del 2014, proposto da:
Florea Achim, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Reale, con domicilio eletto presso Marco Avv. Reale in Latina, Via Papiniano 21;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi,12; U.T.G. - Prefettura di Latina;
per l'annullamento
- del provvedimento del Ministro dell’’Interno prot. n. K10/341517 del 26 novembre 2013, recante rigetto della domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata dal ricorrente in data 14 ottobre 2010;- di ogni atto o provvedimento presupposto, consequenziale o comunque connesso, antecedente o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2015 il dott. Carlo Taglienti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 10 marzo 2014 e depositato il 17 successivo Florea Achim, nato il Romania il 5 aprile 1939, apolide, ha impugnato il provvedimento di diniego di cittadinanza italiana emesso dal Ministero dell’Interno e basato essenzialmente su precedenti penali ed incapienza economica.
Deduce il ricorrente:
violazione dell’art. 9 lett. e) della legge 5 febbraio 1992 n. 91; premesso di essere apolide ed entrato in Italia nel 1980, assume di aver svolto sempre lavori diversi, quali barbiere, portiere, custode, agricoltore ecc, e di percepire attualmente una pensione di € 462,00 mensili;
violazione di legge ed eccesso di potere per travisamento dei fatti : assume di vivere da solo e di essere proprietario del terreno dove risiede, per il quale paga regolarmente le tasse;
violazione di legge ed eccesso di potere: per gli apolidi riconosciuti non necessita alcun permesso di soggiorno; il ricorrente non è gravato da alcun precedente penale, come da allegato certificato del casellario giudiziario.
Dalla documentazione prodotta dall’Amministrazione a seguito di ordinanza istruttoria del Tribunale emerge che il parametro reddituale adottato deriva dall’applicazione della normativa riguardante i limiti di reddito per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria; che inoltre il ricorrente risulta sia stato arrestato per porto abusivo, detenzione di armi e ricettazione e che nel 1994 è stato segnalato alla polizia municipale per il reato di oltraggio resistenza e violenza.
Con ordinanza collegiale n. 256 del 9 ottobre 2014 è stata accolta l’istanza cautelare.
Tanto premesso, il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto.
L’art. 9 comma 1 lett. e) della legge 5 febbraio 1992 n. 91 prevede che la cittadinanza italiana può essere concessa…all’apolide che risiede legalmente in Italia da almeno cinque anni; tali presupposti non risultano contestati nel provvedimento impugnato.
Ovviamente essi non configurano un diritto alla cittadinanza italiana, in quanto l’Amministrazione deve valutare se sussistano elementi ostativi al rilascio di detto titolo (cfr Cons di St. sez IV n. 1474/99; TAR Parma n. 644/2009).
Nella fattispecie gli elementi ostativi individuati dall’Amministrazione non appaiono adeguati
I precedenti penali riscontrati, oltre ad essere risalenti nel tempo, non risultano sfociati in alcuna sentenza di condanna e sono verosimilmente rimasti a livello di mere segnalazioni, con impossibilità giuridica di accertare l’effettiva responsabilità del ricorrente nella commissione dei reati ascritti.
Circa il reddito, premesso che il parametro adottato dal Ministero non è imposto per legge ma scelto in via discrezionale, deve osservarsi che esso, pur essendo astrattamente ragionevole, deve essere confrontato di volta in volta con le specifiche e particolari contingenze; nel caso in esame l’Amministrazione non ha valutato che il ricorrente gode di pensione erogata dal servizio previdenziale italiano ed è quindi già a carico delle finanze pubbliche, con esenzione tra l’altro da pagamenti per l’assistenza sanitaria ed in assenza di una famiglia da mantenere; con proprietà dell’immobile ove risiede ( con conseguente contribuzione fiscale), talchè sarebbe stata necessaria una più specifica valutazione, come detto, in ordine alle possibilità di mantenimento con una entrata mensile stabile e sicura di € 462,00.
Il ricorso deve pertanto essere accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
La condanna al pagamento delle spese di giudizio segue la soccombenza; esse sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Condanna il Ministero dell’Interno alla refusione delle spese di lite che liquida in complessivi € 1.000.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Taglienti, Presidente, Estensore
Santino Scudeller, Consigliere
Roberto Maria Bucchi, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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