Sussiste l'esigenza di assicurare il diritto di difesa e di tutela della salute, ai fini della permanenza di una straniera nigeriana per salvarsi dalle pratiche di menomazione femminile (e chiedere la protezione internazionale)
TAR Lazio, Sezione Seconda Quater, sentenza del 19 ottobre 2012, n. 8563
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 149 volte dal 04/04/2013
É accolto il ricorso e, per l’effetto, va annullato il provvedimento col quale il Prefetto ha negato l’autorizzazione a rimanere in Italia in pendenza di giudizio ex art. 17, del D.P.R. n. 303/2004. Diversamente dalla valutazione espressa dall’Amministrazione, nella fattispecie in esame, sussistono i requisiti richiamati dalla norma, ovvero quelli consistenti sia nell’esigenza di assicurare il diritto di difesa della ricorrente nella causa pendente presso il Tribunale, per il quale era stata convocata per l’interrogatorio libero, sia nella necessità di tutela della salute psico-fisica della stessa – che ha subito la grave amputazione subito documentata dalla certificazione medica in atti – connesse all’avanzamento dello stato di gravidanza; oltre che dall’esigenza di tutela del nucleo familiare appena formatosi nonché di salvaguardare la bambina appena nata dal rischio che questa possa in Nigeria essere assoggettata alla pratica di menomazione sopracitata.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per l’annullamento,
rigetto richiesta di autorizzazione a permanere sul territorio nazionale ex art. 17 d.p.r. 303/04 in attesa della definizione del giudizio civile pendente innanzi al tribunale di Roma avente ad oggetto il riconoscimento della protezione internazionale
[...]
Con il ricorso in esame si impugna il provvedimento indicato in epigrafe con cui il Prefetto di Roma ha negato l’autorizzazione a rimanere in Italia in pendenza di giudizio ex art. 17 D.P.R. n. 303/2004, richiesta dalla ricorrente che aveva impugnato con ricorso giurisdizionale proposto al Tribunale di Roma la decisione della Commissione territoriale di Roma ... con cui veniva respinta l’istanza di non riconoscimento dello status di rifugiato dalla stessa presentata.
L’atto impugnato è motivato con riferimento all’inesistenza di fatti sopravvenuti, successivi alla decisione negativa della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato, che comportino gravi e comprovati rischi per la sua incolumità o la sua libertà personale e gravi motivi personali o di salute che richiedano la permanenza dello straniero sul territorio dello Stato.
Avverso il predetto provvedimento vengono dedotti i seguenti motivi di censura:
1) Violazione e /o falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/90. Eccesso di potere per difetto di istruttoria; travisamento del presupposto in fatto e in diritto;
2) Violazione e /o falsa applicazione degli artt. 17 del DPR 303 del 2004 ed 11 lett a) ter del DPR 334/04 in relazione agli artt. 24 e 111 COst. nonché dell’art. 2 co. 5 della legge n. 241/90.
[...]
Va in via preliminare ricordato che la controversia in esame, concernente la legittimità del diniego di rilascio dell’autorizzazione amministrativa a permanere sul territorio nazionale durante il periodo necessario a definire il ricorso giurisdizionale avverso il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato, prevista dall’art. 17 D.P.R. n. 303 del 2004 rientra tra quelle attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo in quanto la decisione sull’istanza discende da una valutazione discrezionale del Prefetto, di compatibilità dell'istanza dello straniero e di insussistenza di "un concreto pericolo" che il periodo di attesa della decisione del ricorso possa essere utilizzato dallo straniero per sottrarsi all'esecuzione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale (Cass. Sez. Unite, Ord. n. 5089 del 27-02-2008).
Nel merito il ricorso è fondato.
Il D.P.R. 16-9-2004 n. 303 recante Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato all’art. 17 prevede che il richiedente asilo che ha presentato ricorso al Tribunale può chiedere al Prefetto, presentando una richiesta scritta adeguatamente motivata in relazione a fatti sopravvenuti, che comportino gravi e comprovati rischi per l'incolumità o la libertà personale, successivi alla decisione della Commissione territoriale ed a gravi motivi personali o di salute che ne richiedono la permanenza sul territorio dello Stato, di essere autorizzato a permanere sul territorio nazionale fino alla data di decisione del ricorso. Tale beneficio è accordato ove il Prefetto riconosca detto interesse e l’insussistenza del pericolo che il periodo d'attesa della decisione del ricorso possa essere utilizzato dallo straniero per sottrarsi all'esecuzione del provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale. In caso di accoglimento dell’istanza da parte del Prefetto, il Questore rilascia un permesso di soggiorno di durata non superiore a sessanta giorni, eventualmente rinnovabile.
Tale previsione, che subordina la potestà del Prefetto di concedere allo straniero l'autorizzazione provvisoria a permanere in Italia in relazione alla verifica di vari requisiti, è stata ritenuta illegittima e conseguentemente disapplicata nella parte in cui sembra imporre al richiedente di provare l'esistenza di fatti sopravvenuti, successivi alla decisione negativa della Commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato, che comportino gravi e comprovati rischi per la sua incolumità o la sua libertà personale e gravi motivi personali o di salute che richiedano la permanenza dello straniero sul territorio dello Stato; pertanto, è illegittimo il provvedimento prefettizio di rigetto della detta istanza motivato con riferimento all'asserita mancanza di documentazione da cui emergano nuovi fatti comportanti rischi per l'incolumità e la libertà personale del richiedente (TAR Lombardia n. 343 del 9.6.2008).
Nella fattispecie in esame, peraltro, sussistono tali presupposti, consistenti sia nell’esigenza di assicurare il diritto di difesa della ricorrente nella causa pendente presso il Tribunale di Roma, per il quale era stata convocata per l’interrogatorio libero all’udienza del 29.5.2012, sia nella necessità di tutela della salute psico-fisica dell’interessata - che ha subito la grave amputazione subita documentata dalla certificazione medica in atti – connesse all’avanzamento dello stato di gravidanza; oltre che dall’esigenza di tutela del nucleo familiare appena formatosi nonché di salvaguardare la bambina appena nata dal rischio che questa possa in Nigeria essere assoggettata alla medesima pratica di menomazione sopracitata.
Il ricorso va pertanto accolto, assorbita ogni altra censura, con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
[...]
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
[...]
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2012 [...]
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