Sanatoria 2009, il reato di inosservanza dell'ordine di allontanamento non è più ostativo
T.A.R. Sicilia, sezione quarta, sent. n. 138/2015 del 13/11/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 74 volte dal 08/09/2016
La Corte di Giustizia ha statuito che “…la direttiva 2008/115, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi,
L’entrata in vigore della normativa comunitaria ha prodotto l’abolizione del reato previsto dal su richiamato art. 14, comma 5-ter, Testo Unico Immigrazione, con effetto retroattivo a norma dell’art. 2 del codice penale e cessazione dell’esecuzione della condanna e dei relativi effetti penali.
Ne deriva che non può pervenirsi a differente conclusione ove, come nel caso di specie, il provvedimento di diniego sia stato emesso prima della suindicata data del 24 dicembre 2010, in cui la Direttiva rimpatri ha acquistato efficacia diretta nel nostro ordinamento.
Invero, secondo condivisibile giurisprudenza (cfr. T.A.R. Palermo, sez. II, 4 giugno 2012 n. 1144), “la fattispecie contemplata dall'art. 14, comma quinto-ter, del d.lgs. n° 286/1998, è stata oggetto di autentica abolitio criminis, che ha fatto venir meno la rilevanza penale del fatto anche retroattivamente e senza limiti di giudicato."
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2780 del 2010, proposto da:
Ahmed Zaouali, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Bombace, presso il cui studio é elettivamente domiciliato in Catania, Via San Michele, 14;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, Via Vecchia Ognina, 149;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. P –RG/L/N/2009/108466 del 09.06.2010 emesso dalla Prefettura di Ragusa, di rigetto della richiesta di emersione dal lavoro domestico irregolare effettuata, ai sensi dell’art. 1 ter L. 102/2009, dal sig. Bongiorno Antonino, in favore del ricorrente, conosciuto il 30.07.2010 a seguito di istanza di accesso agli atti ed estrazione di copia della pratica esistente presso la Prefettura di Ragusa – Sportello Unico dell’Immigrazione;
di ogni atto comunque presupposto, connesso e conseguente,
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 novembre 2014 il dott. Pancrazio Maria Savasta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Con domanda RG3301152282 del 2.09.2009, il sig. Bongiorno Antonino presentava, ai sensi dell’art. 1-ter L. 102/2009, alla Prefettura di Ragusa – Sportello Unico dell’immigrazione, dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare domestico a favore del cittadino extracomunitario ricorrente.
Con provvedimento Cat. A11/2010/Imm. del 12.02.2010, la Questura di Ragusa ha espresso parere negativo con la seguente motivazione <<….la normativa in esame, al comma 13, prevede l’esclusione dalla procedura di emersione dei lavoratori stranieri che “..risultino condannati anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunziata a seguito di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p…”. Orbene, la condanna per la violazione dell’art. 14 co 5 ter del D.Lvo 286/98 e successive modifiche, rappresenta elemento ostativo poiché irrogata in epoca antecedente all’entrata in vigore della L. 102/09 che, si rammenta, prevedeva la sospensione dei “procedimenti penali …in atto” connessi alle violazioni delle norme relative all’ingresso ed al soggiorno nel territorio nazionale e non anche l’annullamento delle condanne pregresse per violazioni di analoga natura..”>>.
Indi, con provvedimento prot. n. P –RG/L/N/2009/108466 emesso in data 9.06.2010, la Prefettura di Ragusa – Ufficio Unico per l’Immigrazione ha rigettato definitivamente la predetta domanda di emersione dal lavoro irregolare domestico, conosciuta dal ricorrente il 30.07.2010, di seguito ad accesso agli atti del procedimento.
Con ricorso passato per la notifica il 25.9.2010 e depositato il 26.10.2010, il ricorrente ha impugnato siffatto provvedimento, affidandosi alle seguente censura:
Violazione, falsa applicazione ed interpretazione dell’art. 1–ter L. 102/2009, non essendo la condanna per il reato di cui all’art. 14 , comma 5- ter del D.Lvo 286/98 e quella per il reato di cui all’art. 6, comma 3, D. Lvo 286/98, ostative all’accoglimento della domanda di emersione del lavoro domestico irregolare.
Costituitasi, l’Amministrazione intimata, stante l’avvenuta condanna in capo al ricorrente per violazione dell’art. 14, comma 5 ter, del D.Lgs.vo 286/98, ha concluso per l’infondatezza del ricorso.
Con Ordinanza n. 1570/10 del 14.12.2010, questa Sezione ha accolto la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.
Alla pubblica udienza del 10.7.2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.
II. Con il ricorso in esame il ricorrente impugna il provvedimento, meglio specificato in epigrafe, con il quale è stata, di fatto, respinta l’istanza, presentata ai sensi della legge n. 102/2009, di emersione dal rapporto di lavoro di un cittadino straniero.
Con l’unica censura viene sostenuto che il motivo dell’impugnato diniego, individuato nella sussistenza di una condanna in capo al cittadino extracomunitario per il reato di cui all’art. 14, comma 5 ter, del D.Lgs. 286/98, non sarebbe idoneo a supportare il provvedimento adottato dall’Amministrazione.
Il motivo è fondato.
Come reiteratamente sostenuto anche da questa Sezione (cfr., ex multis, TAR Catania, IV, 26.4.2013, n. 1195), <<con la nota sentenza dell’A.p. del Consiglio di Stato n. 7/2011 è stata risolta la diatriba giurisprudenziale sull’interpretazione del disposto di cui all'art. 1-ter, comma 13, lett. c), della legge n. 102/2009, che inibisce la regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 c.p.p., per uno dei reati previsti dagli artt. 380 (arresto obbligatorio in flagranza) e 381 (arresto facoltativo in flagranza) del medesimo codice.
<< Già prima di emanare la predetta decisione, l’Adunanza plenaria aveva preannunciato, con le ordinanze cautelari nn. 912-917 del 21 febbraio 2011, la possibilità che la questione perdesse di pratica rilevanza per effetto del “decorso del termine (il 24 dicembre 2010) per il recepimento della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008 n. 2008/115/CE (recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare)”, chiarendo che “si era in presenza, infatti, di una sopravvenienza normativa di matrice comunitaria nella materia de qua, le cui disposizioni risultavano sufficientemente precise e incondizionate, e, come tali, suscettibili di immediata applicazione negli Stati membri, secondo i principi ormai consolidati del diritto comunitario” e che da ciò poteva derivare “il venir meno dell’efficacia di precetti della corrispondente disciplina dettata dalla legge nazionale italiana sull’immigrazione, in quanto non compatibili con gli artt. 15 e 16 della Direttiva, e segnatamente dell’art. 14, comma 5-ter del d.lgs. n. 286 del 25 luglio 1998, dalla cui applicazione è sorto il ricordato contrasto giurisprudenziale”.
<< La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in sede di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del Trattato istitutivo, resa su ordinanza della Corte d’appello di Trento del 2 febbraio 2011, ha stabilito che “sussistono le condizioni per ritenere l’immediata applicabilità della Direttiva 2008/115, posto che è inutilmente decorso il termine fissato per il recepimento da parte dello Stato Italiano, e che le disposizioni di cui agli artt. 15 e 16 si presentano sufficientemente precise ed incondizionate ” (sentenza 28 aprile 2011 in causa C-61/11 PPU, parag. 45-46).
<< In conclusione, la Corte di Giustizia ha statuito che “…la direttiva 2008/115, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo”.
<< Il percorso argomentativo seguito dall’Adunanza plenaria culmina nell’affermazione secondo cui l’entrata in vigore della normativa comunitaria ha prodotto l’abolizione del reato previsto dal su richiamato art. 14, comma 5-ter, Testo Unico Immigrazione, con effetto retroattivo a norma dell’art. 2 del codice penale e cessazione dell’esecuzione della condanna e dei relativi effetti penali.
<< Ne deriva che non può pervenirsi a differente conclusione ove, come nel caso di specie, il provvedimento di diniego sia stato emesso prima della suindicata data del 24 dicembre 2010, in cui la Direttiva rimpatri ha acquistato efficacia diretta nel nostro ordinamento.
<< Invero, secondo condivisibile giurisprudenza (cfr. T.A.R. Palermo, sez. II, 4 giugno 2012 n. 1144), “la fattispecie contemplata dall'art. 14, comma quinto-ter, del d.lgs. n° 286/1998, è stata oggetto di autentica abolitio criminis, che ha fatto venir meno la rilevanza penale del fatto anche retroattivamente e senza limiti di giudicato.
<< La nuova fattispecie, introdotta dall'art. 3 del d.l. 23 giugno 2011 n° 89, convertito in legge 2 agosto 2011 n° 129, anche in disparte la sua non riconducibilità alle cause ostative previste dall'art. 13 della legge n° 102/2009, essendo oggi comminata la sola sanzione pecuniaria, non si pone in continuità normativa con la precedente, atteso che il legislatore, nell'intento di adeguare l'ordinamento alla Direttiva "rimpatri", ha introdotto una nuova disciplina ispirata alla finalità, mutuata dalla fonte comunitaria, di favorire la partenza volontaria, piuttosto che l'allontanamento coattivo o il trattenimento.
<< Eterogeneo è, pertanto, sia l'oggetto giuridico che la struttura della fattispecie.
<< Non può, quindi, dubitarsi che la fattispecie, introdotta dall'art. 3 del d.l. 23 giugno 2011 n° 89, convertito in legge 2 agosto 2011 n° 129, costituisca nuova incriminazione, soggetta al principio di irretroattività della legge penale incriminatrice, sancito dall'art. 25 Cost. e dall'art. 2 c.p., oltre che, in sede internazionale ed europea, dal nullum crimen sine previa lege poenali scripta et stricta, e come tale non sia applicabile al caso che ne occupa”>>.
Conclusivamente, alla luce delle suesposte considerazioni, risulta fondata la censura dedotta con il ricorso in epigrafe.
Consegue l’annullamento dell’atto impugnato.
Le oscillazioni giurisprudenziali, ancora sussistenti al momento dell’emanazione del provvedimento impugnato, le quali hanno richiesto l’intervento dell’Adunanza plenaria, giustificano la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania (Sezione Quarta) - definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Cosimo Di Paola, Presidente
Francesco Brugaletta, Consigliere
Pancrazio Maria Savasta, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
POSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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