Rinnovo permesso di soggiorno - la lunga permanenza in Italia e l'inserimento sociale prevalgono sulla mancanza di redditi da lungo tempo
T.A.R. Veneto, sezione terza, sent. n. 203/2015 del 04/02/2015
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 116 volte dal 11/02/2016
Ancorché l’atto impugnato non avrebbe potuto tener conto della situazione lavorativa sopravvenuta rispetto alla data di adozione e neppure potesse ritenere che l’insufficienza del requisito reddituale potesse essere colmata col reddito della sorella, tuttavia l’amministrazione avrebbe dovuto valutare con particolare rigore la situazione familiare e l'inserimento sociale del ricorrente.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 34 del 2015, proposto da:
Adil Sabri, rappresentato e difeso dall'avv. Caterina Bozzoli, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliataria per legge in Venezia, San Marco, 63;
per l'annullamento
del decreto con cui è stata rigettata la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato cat. A12/Imm. nr. 156/2014 del Questore di Vicenza dell'8/10/2014 e notificato in data 29/10/2014.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2015 la dott.ssa Oria Settesoldi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Il cittadino marocchino ricorrente ricorda di essere entrato in Italia nel 1967, quando era minorenne per ricongiungersi con i genitori e le sorelle - circostanza in merito alla quale l’amministrazione nulla contesta - ed impugna il diniego di rinnovo di permesso di soggiorno per lavoro subordinato, motivato con la mancata fruizione di redditi minimi di sostentamento relativi agli anni di imposta 2011, 2012, 2013, 2014, il perdurante stato di disoccupazione e anche la notizia di reato in data 27/1/2010 per furto aggravato in concorso, che risulterebbe da accertamenti effettuati presso la banca dati delle forze di polizia.
Il ricorso deduce i motivi di: 1) violazione e falsa applicazione degli articoli 4, 5 e 22 del decreto legislativo 286/1998 e d.p.r. 394/1999, 2) eccesso di potere, difetto di istruttoria e di motivazione.
Sostanzialmente si sostiene che non risulterebbe comprovata l’affermazione circa la notizia di reato e, per quanto concerne il requisito reddituale, si invoca la normativa che prevede che nei confronti del familiare ricongiunto vengano usate particolari cautele e si tenga conto con estrema attenzione della situazione familiare e della durata della residenza in Italia. Inoltre si puntualizza come, alla data di adozione dell’atto impugnato, il ricorrente non avrebbe ancora fruito di un anno complessivo di disoccupazione e si evidenzia il miglioramento della situazione lavorativa grazie a due mesi di lavoro somministrato intervenuti dal 1/10/2014 e alla promessa di assunzione a tempo indeterminato datata 10/11/2014 da parte della ditta presso la quale aveva effettuato lavorato in somministrazione.
Il collegio ritiene che, ancorché l’atto impugnato non avrebbe potuto ovviamente tener conto della situazione lavorativa sopravvenuta rispetto alla data di adozione e neppure potesse ritenere che l’insufficienza del requisito reddituale potesse essere colmata in virtù del reddito della sorella (Tar Friuli Venezia Giulia n 6/2012), tuttavia l’amministrazione avrebbe dovuto valutare con particolare rigore di attenzione la situazione familiare e l’inserimento sociale del ricorrente, anche in considerazione della durata della sua permanenza in Italia, fermo restando che non viene in alcun modo contestato che sia entrato in Italia per ricongiungimento. Invero l’atto impugnato si limita al riguardo ad affermare, del tutto apoditticamente e con evidente esempio di motivazione meramente apparente, che “quest’ufficio ha attentamente valutato il contesto familiare e lavorativo dello straniero, il suo inserimento nel tessuto sociale e la durata del soggiorno nel territorio nazionale”. È evidente che tale apodittico assunto non soddisfa le prescrizioni normative di cui all’articolo 5 comma 5 del decreto legislativo 286 1998, tanto più che nulla viene comprovato in ordine alla affermata notizie di reato.
L’amministrazione dovrà pertanto rinnovare il procedimento tenendo conto della normativa sopra citata alla cui luce la situazione di fatto deve essere rivalutata.
Per quanto sopra il ricorso è fondato deve essere accolto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Condanna il Ministero dell'Interno a rifondere a parte ricorrente le spese e competenze del presente giudizio liquidate in complessivi € 800,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente, Estensore
Riccardo Savoia, Consigliere
Giovanni Ricchiuto, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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