Rinnovo permesso anche in presenza di condanne penali, se vi sono legami familiari anche senza ricongiungimento o coesione
Cons. Stato, Sezione Terza, Sentenza del 24 aprile 2013, n. 2309
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 184 volte dal 13/06/2013
E’ fondato l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, va annullato il provvedimento di rifiuto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, per lavoro subordinato, assunto sulla base di una sentenza di condanna per tentato furto aggravato. Non sembra dubbio che, nel caso in esame (ricorrente entrato da piccolissimo in Italia e qui da sempre convivente con l’intero nucleo familiare), sussistessero i presupposti affinché la sua posizione venisse valutata non in base al semplice automatismo, in relazione alla condanna penale riportata a suo tempo, bensì discrezionalmente ed in una prospettiva di comparazione tra i contrapposti interessi, ai sensi dell’art. 5, comma 5, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 286/1998. Ciò, in linea con la giurisprudenza di questa Sezione che è ormai orientata ad interpretare la predetta disposizione normativa, nel senso che la particolare considerazione che, in base all’ordinamento, spetta a chi abbia usufruito quale parte attiva o passiva di un ricongiungimento familiare, va logicamente estesa anche in favore dello straniero che abbia analoghe relazioni familiari ma non abbia avuto bisogno di esperire la procedura di ricongiungimento in quanto il nucleo familiare si trovi già unito ab origine o comunque si sia formato senza necessità di apposito procedimento.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PIEMONTE – TORINO [...] concernente diniego rinnovo permesso di soggiorno [...]
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante, cittadino marocchino entrato da bambino nel 1990 in Italia dove vive con genitori e le sorelle, aveva chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.
La Questura di Torino [...] ha rigettato l’istanza, a causa di una condanna (a due mesi e venti giorni, condizionalmente sospesa, emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Torino in data 23 luglio 2005) per tentato furto aggravato, costituente presupposto ostativo ai sensi degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, in quanto reato rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 380 c.p.p..
2. Il TAR Piemonte, con la sentenza appellata [...] ha respinto il ricorso, in particolare sottolineando la natura
automaticamente ostativa del reato, la circostanza che il ricorrente «non ha beneficiato del ricongiungimento familiare, ma, entrato clandestinamente in Italia, risulta unicamente coeso di fatto ai genitori» e quindi non poteva godere della più favorevole disciplina prevista ex art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, e che comunque il Questore aveva effettuato il bilanciamento tra le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e quelli all’integrità del nucleo famigliare, previsto da detta ultima disposizione, dandone atto «seppur in maniera estremamente sintetica» nella parte motiva del diniego.
3. Nelle more del giudizio d’appello, il giudice di pace di Torino ha annullato l’espulsione per difetto di motivazione (sulle esigenze di pubblica sicurezza che prevalgono sull’integrità famigliare), ritenendo la posizione del ricorrente (entrato da piccolissimo in Italia e qui da sempre convivente con l’intero nucleo famigliare) assimilabile a quella dello straniero con ricongiungimento familiare.
4. Nell’appello, lo straniero ripropone le censure di omessa applicazione dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998 e dell’art. 17 della Direttiva 2003/86/CE, come interpretabili alla luce dei diritti fondamentali riconosciuti sulla base dell’art. 8 della CEDU, e di difetto di motivazione, essendo in realtà mancata ogni valutazione della pericolosità sociale ed ogni valutazione comparativa con la tutela dell’unità familiare.
5. L’appello è fondato.
Il diniego impugnato è sintetico e, nonostante gli elementi rappresentati dall’istante nel corso del procedimento, non affronta l’onere di individuare e comparare discrezionalmente gli interessi contrapposti, richiesta dall’art. 5, comma 5, ultimo periodo, del d.lgs. 286/1998 (nel testo risultante dal d.lgs. 5/2007), secondo cui «Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale».
Infatti, nel diniego impugnato si legge unicamente «considerato che la documentazione prodotta dall’interessato non è utile ad una favorevole definizione dell’istanza di soggiorno», e tale affermazione, generica se non addirittura di stile, non può certo costituire indice di qualsivoglia ponderazione di interessi, neanche interpretando nel senso più riduttivo possibile il divieto di motivazione postuma.
Ciò premesso, la giurisprudenza di questa Sezione è ormai orientata ad interpretare l’art. 5, comma 5, ultimo periodo, nel senso che la particolare considerazione che, in base alla disposizione, spetta a chi abbia usufruito (quale parte attiva o quale parte passiva) di un ricongiungimento familiare, va logicamente estesa anche in favore dello straniero che abbia analoghe relazioni familiari ma non abbia avuto bisogno di esperire la procedura di ricongiungimento in quanto il nucleo familiare si trovi già unito ab origine o comunque si sia formato senza necessità di un apposito procedimento (cfr. III, 25 settembre 2012, n. 5089; 5 settembre 2012, n. 4713).
Dunque, non sembra dubbio che, anche nel caso in esame, sussistessero i presupposti affinché la posizione dell’appellante venisse valutata (non in base al semplice automatismo, in relazione alla condanna penale riportata a suo tempo, bensì) discrezionalmente ed in una prospettiva di comparazione tra i contrapposti interessi, ai sensi dell’art. 5, comma 5, ultimo periodo, del d.lgs. 286/1998.
Ciò che, all’evidenza, non può in alcun modo ritenersi essere avvenuto.
6. Ne discende, in accoglimento del ricorso di primo grado, l’annullamento del diniego impugnato.
[...]
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l 'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso proposto in primo grado ed annulla il provvedimento con esso impugnato.
[...]
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2013 [...]
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