Rinnovo pds - falsità del documento di identificazione utilizzato con domanda non è sufficiente ad escludere il rinnovo, se non risulta una condanna per falso
T.A.R. Veneto, sezione terza, sent. n. 241/2015 del 04/02/2015
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 119 volte dal 11/02/2016
E' illegittimo il decreto di revoca di un permesso di soggiorno rilasciato a seguito della procedura di emersione, qualora le false dichiarazioni rese dal datore di lavoro in sede di regolarizzazione, non siano state definitamente accertate in sede penale con una sentenza di condanna passata in giudicato.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 68 del 2015, proposto da:
Kingsley Edewede, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Montagnese, con domicilio presso la Segreteria di questo Tribunale ai sensi dell’art. 25 del Codice del Processo Amministrativo;
contro
Questura di Vicenza, parte non costituita in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. 222/2014/immigrazione/a.v. notificato il 20.11.2014 con il quale la Questura di Vicenza rifiutava il rinnovo del permesso di soggiorno e del provvedimento n. 163/2014, con il quale veniva contestualmente revocato il precedente permesso di soggiorno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2015 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso il Sig. Edewede Kigsley impugnava sia il provvedimento di revoca del precedente permesso di soggiorno sia, ancora, il preavviso di rigetto emanato a seguito della presentazione da parte dello stesso ricorrente dell’istanza di rinnovo dello stesso permesso.
Entrambi i provvedimenti sopra citati sono motivati in considerazione del fatto che a seguito di un controllo si era verificato “che il passaporto n. A3732499A, risultava contraffatto nella bio data page, sia nel supporto cartaceo che nelle tecniche di stampa – e inoltre, la pagina 7/8 risultava sostituita con altra proveniente da altro passaporto”.
In relazione a quanto sopra precisato il ricorrente sosteneva che l’alterazione del passaporto non doveva considerarsi rilevante e, ancora, la violazione delle disposizioni che legittimano il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno o la revoca di quest’ultimo.
A tal fine si produceva in giudizio un documento dell’autorità nigeriana che rilevava come l’errore di impaginazione del passaporto doveva imputarsi alla stessa autorità, senza che tuttavia se ne inficiasse la validità dello stesso.
Non si costituiva in giudizio la Questura di Vicenza malgrado fosse stata correttamente intimata.
All’udienza del 04 Febbraio 2015, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso va accolto, risultando fondati entrambi i motivi proposti.
Sul punto è dirimente constatare l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato Sez. III, Sent., 04-07-2014, n. 3390 e Cons. Stato Sez. III, 09-07-2013, n. 3650) - che questo collegio ritiene di condividere -, in base al quale si è sancito che “è' illegittimo il decreto di revoca di un permesso di soggiorno rilasciato a seguito della procedura di emersione, qualora le false dichiarazioni rese dal datore di lavoro in sede di regolarizzazione, non siano state definitivamente accertate in sede penale con una sentenza di condanna passata in giudicato”.
Se infatti è vero che, sulla base della disciplina oggi vigente – e nell’ipotesi in cui si accerti che lo straniero non disponga di un documento valido -, l'Amministrazione non può rilasciare il titolo di soggiorno, è altrettanto vero che la comunicazione del preavviso di rigetto in ordine all’istanza di rinnovo consente, comunque, all’istante di allegare agli atti del procedimento, a fronte della rilevata alterazione del passaporto presentato in allegato all'istanza di rinnovo, un diverso documento valido, presupposto quest’ultimo richiesto dall’art. 4, comma 1, del D.Lgs. n. 286 del 1998 ai fini del rilascio del permesso di soggiorno.
Si consideri, inoltre, che nel caso di specie l’alterazione del passaporto era stata ritenuta dall’Autorità Nigeriana, almeno apparentemente, non riconducibile al ricorrente, circostanza quest’ultima che fa ritenere plausibile come la stessa parte ricorrente sia astrattamente in grado di ottenere, e quindi esibire, un valido documento di riconoscimento.
E’ altrettanto evidente che la mera presentazione di una documentazione ritenuta falsa, in mancanza di una sentenza che abbia accertato il venire in essere di un eventuale reato in tutti i sui aspetti soggettivi e oggettivi, non può costituire il presupposto, unico ed esclusivo, per denegare il rinnovo del permesso di soggiorno e, ciò, senza che l’Amministrazione valuti, nel concreto, gli effetti e le conseguenze dell’alterazione del documento ai fini dell’identificabilità del soggetto istante.
Nel caso di specie l’alterazione di cui si controverte era riconducibile alla mancanza di genuinità della bio data page e della sostituzione di altra pagina proveniente da diverso passaporto, mentre nessuna alterazione involgeva gli elementi di identificazione della persona (come ad esempio il nome, cognome, luogo e data di nascita, riproduzione fotografica ecc.).
Ne consegue che detta alterazione doveva comunque considerarsi non rilevante ai fini dell’identificazione dell’istante, circostanza che fa ritenere presumibile come non sussistesse la volontà di immutare il vero e, quindi, di introdurre un elemento suscettibile di condizionare la gli esiti della domanda di permesso di soggiorno.
Non è possibile ritenere ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno nemmeno l'art. 5, comma 8-bis del D.Lgs. n. 286 del 1998 che, a sua volta, prevede che "Chiunque contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno....... oppure utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati, è punito con la reclusione da uno a sei anni... ".
E’ del tutto evidente che quest’ultima disposizione identifica una fattispecie di reato che prescinde dall’attribuire rilievo alla circostanza che un determinato soggetto sia stato segnalato all'Autorità giudiziaria per l’alterazione del passaporto.
In considerazione di quanto sopra precisato il ricorso è, pertanto, fondato e va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo Accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 800,00 (ottocento//00) oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Riccardo Savoia, Consigliere
Giovanni Ricchiuto, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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