É accolto il ricorso e, per l’effetto, si cassa la sentenza impugnata e si dispone il rinvio alla Corte d’appello in diversa composizione. Nei procedimenti riguardanti le domande di protezione internazionale, il giudice del merito ha un obbligo di cooperazione istruttoria consistente nella verifica officiosa della veridicità della specifica situazione di rischio di persecuzione o di pericolo qualificato, rappresentata dal richiedente. Ne consegue che, se, come nella specie, la condizione di persecuzione per ragioni di dissenso politico, rappresentata dal ricorrente, non è apparsa suffragata da idonei riscontri probatori, tale valutazione non può determinare come effetto causale automatico il rigetto della domanda ma impone la preventiva acquisizione delle informazioni relative alle attuali condizioni degli aderenti alle formazioni politiche filo curde attraverso i canali istituzionali indicati nell’art. 8, comma 3, del D.Lgs. n. 25/2008 e, in via sussidiaria, anche altre fonti qualificate. Pertanto, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato politico, l’omesso accoglimento dell’istanza di acquisizione dell’ordine di arresto e la mancata attivazione di una formale richiesta rivolta all’autorità competente nel paese d’origine, mediante le procedure necessarie, costituisce una palese violazione dell’art. 3 del D.Lgs. n. 251/2007 e dell’art. 8, comma 3, del D.Lgs. n. 25/2008, tenuto conto, in particolare, del fatto che la parte aveva provveduto a produrre la prodromica richiesta della misura restrittiva della libertà personale, formulata dalla Questura e rivolta alla Procura competente.