Ricongiungimento in Italia di minore marocchino adottato da italiani con Kafalah ? La parola alle Sezioni Unite della Cassazione
Corte di Cassazione, Sezione Sesta Civile, Ordinanza del 24 gennaio 2012, n. 996
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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Vista la natura dei diritti ed il riferimento al delicato rapporto tra discipline dettate per i cittadini comunitari e per quelli extracomunitari, va rimessa alle Sezioni Unite la questione relativa all’applicazione anche al cittadino italiano, attraverso il disposto dell’art. 23 del D.Lgs. n. 30/2007, delle norme “più favorevoli” contenute nel D.Lgs. n. 286/1998, tra le quali quella risultante dalla lettura estensiva data, all’art. 29 del detto Testo Unico, dalla giurisprudenza della Corte in tema di applicazione al minore affidato in Kafalah islamica delle previsioni sul ricongiungimento familiare dei minori affidati o adottati.
Corte di cassazione, ord. n. 996 del 24 gennaio 2012
Rileva
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380 bis c.p.c. ha formulato considerazioni nel senso:
CHE il Consolato Italiano in Casablanca in data 4.2.2010 respinse la domanda di rilascio del visto di ingresso per ricongiungimento familiare che i coniugi ***** e ***** cittadini scritti nelle liste dell'AIRE, avevano proposto per il minore ***** ritenendo che l'affidamento in Kafalah ottenuto dai richiedenti con decreto 16.11.2009 del Tribunale di Tangeri non avesse idoneità al fine divisato;
CHE il Tribunale di Tivoli, adito dagli interessati, con decreto 22.06.2010 ha dichiarato illegittimo il provvedimento ed ordinato il rilascio del visto di ingresso del minore ma il MAE ed il Consolato d'Italia hanno proposto reclamo che la Corte di Roma, nel contraddittorio delle parti, ha accolto con decreto in data 31.1.2011;
CHE nel motivato provvedimento la Corte di Roma ha negato la sussistenza dei requisiti per il ricongiungimento nei confronti del cittadino italiano e della moglie anch'essa cittadina, avendo riguardo alla loro cittadinanza ostativa ai sensi e secondo i principi dettati da Cass. 4868 del 2010, detta condizione ostativa al ricongiungimento essendo strumentale alla futura adozione preceduta dalla comune dichiarazione di idoneità, ed il mero ricongiungimento essendo escluso alla stregua delle norme menzionate dalla Corte di legittimità (neanche essendo prospettabile una esecuzione in Italia ex art. 65 della legge 218 del 1995 del provvedimento del Tribunale del Marocco, siccome contraria, per le dette ragioni, all'ordine pubblico italiano);
CHE per la cassazione di tale decisione i coniugi ***** hanno proposto ricorso articolando due motivi nell'atto notificato il 13.4.2011 al quale si è opposto il Ministero degli Affari Esteri con controricorso del 19.05.2011;
CHE appare al relatore evidente la infondatezza manifesta del ricorso (art. 360 bis n. 1 c.p.c), nessuna ragione essendo stata addotta che valga a contestare l'esatto decisum della Corte territoriale correlativamente inducendo a mutare l'indirizzo assunto, dal pur richiamato pronunziato di Cass. 4868 del 2010 la cui massima ufficiale recita:
Il vincolo di protezione materiale ed affettiva derivante dalla “kafalah” non costituisce presupposto idoneo a giustificare l'ingresso in Italia di un minore straniero affidato ad un cittadino italiano in virtù del predetto istituto, non essendo applicabile la disciplina del ricongiungimento familiare di cui all'art. 29 del d.lgs. n. 286 del 1998, dettata a beneficio del cittadino extracomunitario regolarmente soggiornante, ma quella di cui al d.lgs. n. 30 del 2007, emanato in attuazione della direttiva 2004/38/CE, riguardante l'ingresso, la circolazione ed il soggiorno dei cittadini dell'Unione Europea e dei loro familiari (anche stranieri) nel territorio degli Stati membri, la quale, tuttavia, include nella nozione di "familiare", oltre ai discendenti diretti del cittadino o del suo coniuge, soltanto i minori che fanno ingresso in Italia ai fini dell'adozione internazionale; né l'art. 29 cit. può essere interpretato estensivamente ai sensi dell'art. 28, comma secondo, del d.lgs. n. 286 cit, il quale, nel consentire l'applicazione delle norme più favorevoli, si riferisce esclusivamente a quelle che disciplinano le modalità del ricongiungimento.
CHE in continuità con la pronunzia 4868 del 2010 di questa Corte si è di nuovo espressa la giurisprudenza di legittimità con la ordinanza della Sesta Sezione n. 25661 del 2010 rammentata nel
controricorso;
CHE di nessun rilievo sono le considerazioni espresse in ricorso miranti a far leva sulla “non negozialità” dell’atto di costituzione della Kafalah nella specie, nessuno degli argomenti adottati dalla Corte di merito al seguito della richiamata giurisprudenza di legittimità potendo prestarsi ad una diversa lettura sol perché la Kafalah sia stata istituita con decreto del Tribunale di Tangeri, decreto che offre certamente maggiori garanzie ordinamentali della trasparenza dell'affidamento, rispetto ad un accordo privato, ma che altrettanto certamente non assume alcun rilievo ai fini della applicazione – ut supra vietata - delle norme sul ricongiungimento familiare ex d.lgs. 286 del 1998 a cittadini italiani;
CHE, ove si condivida il testé formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e respinto per manifesta infondatezza.
Osserva
Nel senso della trascritta relazione si è espressa questa Corte con quattro pronunziati emessi dalla Prima e dalla Sesta Sezione (nn. 4868 del 2010 - 25661 del 2010 - 19450 del 2011 - 20722 del 2011).
La memoria finale del ricorrente sollecita ad una riflessione sulla invocata applicazione anche al cittadino comunitario, attraverso il disposto dell'art. 23 del d.lgs. 30 del 2007, delle norme “più favorevoli” contenute nel T.U. approvato con d.lgs. 286 del 1998, tra le quali quella risultante dalla lettura estensiva data, all’art. 29 del detto T.U., dalla giurisprudenza di questa Corte (da Cass. 7472 del 2008) in tema di applicazione al minore affidato in Kafalah islamica delle previsioni sul ricongiungimento familiare del minori affidati o adottati. La sollecitazione è di rilievo e poiché la questione, per la natura dei diritti ed il suo riferimento al delicato rapporto tra discipline dettate per i
comunitari e per gli extracomunitari, si connota quale questione di massima di particolare importanza, se ne invoca la remissione alle Sezioni Unite.
P.Q.M.
Rimette il ricorso al Primo Presidente della S.C. per la eventuale assegnazione della decisione del ricorso alle Sezioni Unite.
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