Regolarizzazione possibile anche se il datore di lavoro ha redditi insufficienti
TAR Lombardia, sezione di Brescia, sent. n. 1065/2014 del 30/09/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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La linea interpretativa della sentenza n. 3451/2014 appare condivisibile: la scarsità di reddito del datore di lavoro non è un impedimento che si possa in qualche modo imputare al lavoratore. Vi sono in realtà due requisiti che devono rimanere distinti: (a) lo svolgimento di attività lavorativa irregolare in un certo intervallo di tempo; (b) l’adeguatezza del reddito del datore di lavoro.
Il secondo requisito, quello reddituale, era stato inizialmente posto dal legislatore (v. art. 5 comma 7 del Dlgs. 109/2012; art. 3 del DM 29 agosto 2012) come condizione per poter concludere favorevolmente la procedura di regolarizzazione. In questo modo, tuttavia, la sorte del lavoratore risultava determinata da un elemento al di fuori del suo controllo, in quanto il reddito insufficiente del datore di lavoro operava come presunzione assoluta dell’inesistenza dell’attività lavorativa.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cpa;
sul ricorso numero di registro generale 672 del 2014, proposto da:
NEWTON KENNETH, rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Pienazza, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Diaz 7;
contro
PREFETTURA DI BRESCIA, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio in Brescia, via S. Caterina 6;
per l'annullamento
- del decreto del dirigente dello Sportello Unico per l’Immigrazione di Brescia prot. n. P-BS/L/N/2012/102633 EM-DOM del 29 aprile 2014, con il quale è stata respinta la domanda di emersione dal lavoro irregolare ex art. 5 del Dlgs. 16 luglio 2012 n. 109 presentata da Farah Suleiman Abdlle a favore di Newton Kenneth;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Prefettura di Brescia;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2014 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cpa;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto del 29 aprile 2014 lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Brescia ha respinto la domanda di emersione dal lavoro irregolare ex art. 5 del Dlgs. 16 luglio 2012 n. 109 presentata da Farah Suleiman Abdlle a favore del ricorrente Newton Kenneth.
2. Il motivo del diniego consiste nell’insufficiente capacità economica del datore di lavoro, che non consentirebbe di presumere l’esistenza di un rapporto di collaborazione domestica. Inoltre il datore di lavoro ha presentato una richiesta di assunzione nell’ambito dei flussi 2010, apparentemente senza concludere la procedura, e quindi incorrendo nell’esclusione ex art. 5 comma 4 del Dlgs. 109/2012.
3. Nel ricorso, notificato il 12 giugno 2014 e depositato il 18 giugno 2014, si sottolinea che tutti gli ostacoli alla sanatoria imputabili esclusivamente al datore di lavoro sono ormai superabili ex art. 5 comma 11-bis del Dlgs. 109/2012 (introdotto dall’art. 9 comma 10 del DL 28 giugno 2013 n. 76).
4. L’amministrazione si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.
5. Questo TAR con ordinanza n. 456 del 3 luglio 2014 ha respinto la domanda cautelare, ritenendo inapplicabile la norma contenuta nell’art. 9 comma 10 del DL 76/2013, in quanto la capacità economica del datore di lavoro sarebbe un presupposto essenziale della sanatoria.
6. Il 21 agosto 2014 il ricorrente ha notificato di nuovo l’istanza cautelare ai sensi dell’art. 58 cpa, richiamandosi a una recente pronuncia del Consiglio di Stato (sentenza n. 3451 del 7 luglio 2014) che classifica tra gli ostacoli imputabili esclusivamente al datore di lavoro anche l’insufficiente capacità economica (“tra queste cause rientra anche l'insufficienza reddituale del datore di lavoro, […]sicché non può negarsi che il lavoratore possa beneficiare del permesso di soggiorno per attesa occupazione anche in tale evenienza, ascrivibile alla condotta del solo datore di lavoro, in mancanza di elementi, concreti, che lascino ritenere l'instaurazione del rapporto del tutto fittizia, quale frutto di un accordo in frode alla legge tra lavoratore e datore di lavoro”).
7. In questi termini, la riproposizione dell’istanza cautelare non appare ammissibile, in quanto non è fondata su mutamenti delle circostanze sottoposte a giudizio o su fatti anteriori conosciuti dopo la pronuncia del TAR. Si tratta semplicemente di un nuovo orientamento giurisprudenziale intervenuto dopo l’ordinanza cautelare sfavorevole al ricorrente.
8. Peraltro, se il riesame è certamente precluso, la nuova istanza del ricorrente consegue comunque l’effetto processuale di riportare la questione all’attenzione del collegio in sede cautelare, e quindi offre l’opportunità di utilizzare lo strumento della sentenza in forma semplificata ex art. 60 cpa. In questo modo è possibile arrivare immediatamente alla decisione del merito, e tenere conto in questa diversa sede del contributo interpretativo della giurisprudenza sopravvenuta.
9. Nel merito, in effetti, la linea interpretativa della sentenza n. 3451/2014 appare condivisibile: la scarsità di reddito del datore di lavoro non è un impedimento che si possa in qualche modo imputare al lavoratore. Vi sono in realtà due requisiti che devono rimanere distinti: (a) lo svolgimento di attività lavorativa irregolare in un certo intervallo di tempo; (b) l’adeguatezza del reddito del datore di lavoro. Solo il primo requisito, evidentemente comune al datore di lavoro e al lavoratore, costituisce il presupposto della sanatoria, la quale dovrà dunque essere negata quando si possa intravedere un accordo in frode alla legge da parte dei soggetti coinvolti.
10. Il secondo requisito, quello reddituale, era stato inizialmente posto dal legislatore (v. art. 5 comma 7 del Dlgs. 109/2012; art. 3 del DM 29 agosto 2012) come condizione per poter concludere favorevolmente la procedura di regolarizzazione. In questo modo, tuttavia, la sorte del lavoratore risultava determinata da un elemento al di fuori del suo controllo, in quanto il reddito insufficiente del datore di lavoro operava come presunzione assoluta dell’inesistenza dell’attività lavorativa. La modifica introdotta dall’art. 9 comma 10 del DL 76/2013 ha invece restituito equilibrio al sistema, rendendolo conforme al principio di diritto internazionale che tutela i cittadini stranieri dalla perdita del posto di lavoro per qualunque motivo (v. art. 8 della convenzione OIL n. 143 del 24 giugno 1975 sulle migrazioni in condizioni abusive e sulla promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti, ratificata con legge 10 aprile 1981 n. 158). Nella disciplina ora in vigore, una volta accertato che l’attività lavorativa oggetto della sanatoria si è svolta realmente, la precaria situazione economica del datore di lavoro rimane come impedimento alla conclusione della sanatoria tra le stesse parti (per evitare il rilascio di un permesso di soggiorno su una base materiale troppo fragile), ma non impedisce che un altro soggetto subentri prendendo il posto dell’originario datore di lavoro. Di qui il permesso di soggiorno per attesa occupazione.
11. Poiché nel decreto dello Sportello Unico non vi sono altri elementi, a parte il reddito del datore di lavoro, che costituiscano indice di falsificazione dell’attività lavorativa, si deve ritenere che l’oggetto della sanatoria sia esistente.
12. Il riferimento alla richiesta di assunzione nell’ambito dei flussi 2010 non è sviluppato nel decreto dello Sportello Unico come un vero e proprio impedimento, ma costituisce piuttosto un’ipotesi da verificare. In ogni caso, se anche vi fosse stata una simile richiesta, e la stessa non fosse stata seguita dall’assunzione del lavoratore extracomunitario, la causa ostativa (interamente imputabile al datore di lavoro) sarebbe superata dalla più volte richiamata previsione dell’art. 9 comma 10 del DL 76/2013.
13. Il ricorso deve quindi essere accolto, con il conseguente annullamento del decreto impugnato.
14. Poiché il cambio di orientamento giurisprudenziale è intervenuto in corso di causa, le spese di giudizio possono essere compensate.
15. Il contributo unificato è a carico dell’amministrazione ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis.1 del DPR 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando:
(a) accoglie il ricorso, e conseguentemente annulla il decreto impugnato;
(b) compensa le spese di giudizio;
(c) pone il contributo unificato a carico dell’amministrazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 30 settembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente FF
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore
Stefano Tenca, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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