Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, si mantiene il diritto anche in caso di assenze prolungate per gravi e documentati motivi
Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, Sezione Unica, Sentenza del 28 luglio 2011, n. 228
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 555 volte dal 30/11/2011
massima: E’ illegittimo il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti opposto alla cittadina straniera assentatasi dal territorio nazionale per oltre due anni a causa di una patologia legata alla sua ultima gravidanza. La sussistenza di “gravi e comprovati motivi”, che giustificano un’assenza dall’Italia oltre i periodi massimi codificati in legge, consente sia il rinnovo dell’ordinario permesso di soggiorno che la maturazione del periodo “di almeno cinque anni” per chiedere, in presenza delle altre condizioni di legge, il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, nonchè la conservazione di detto permesso una volta conseguito e in caso di assenze prolungate dall'Italia.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per l'annullamento
- del provvedimento Cat. A.12.2011/27/Imm., emesso dal Questore di Trento in data 2.2.2011, con cui è stato revocato alla ricorrente il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo;
- di ogni altro atto o provvedimento collegato, antecedente e conseguente.
[...]
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto Cat. A.12.2011/27/Imm., emesso in data 2 febbraio 2011, il Questore della Provincia di Trento ha revocato alla sig.ra Xxxxx, cittadina pakistana, il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo n. Aaaaa, che le era stato rilasciato per motivi di famiglia in data 17 maggio 2007.
Il provvedimento prende atto che l’interessata ha lasciato il territorio nazionale il 27.3.2008 per farvi rientro il 14.5.2010 e, pertanto, applica la lettera d) del comma 7 dell’art. 9 del D.Lgs. 25.7.1998, n. 286, ove è previsto che il permesso per soggiornanti di lungo periodo è revocato in caso di assenza dal territorio dell’Unione europea per un periodo di dodici mesi consecutivi.
2. Con ricorso ritualmente notificato e depositato la sig.ra Xxxxx ha impugnato detto provvedimento deducendo i seguenti motivi di diritto:
- “violazione dell’art. 9 del D.Lgs. 25.7.1998, n. 286, nella parte in cui non tiene conto dell’esistenza di giustificati motivi; violazione dell’art. 3 della Costituzione”. La deducente invoca un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione legislativa applicata dalla Questura di Trento, alla luce della quale chiede che siano valutati i gravi e giustificati motivi che non le hanno consentito il rientro in Italia entro un anno dalla partenza;
- “eccesso di potere per errata valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, carenza di motivazione e illogicità della decisione”.
[...]
6. Il ricorso merita di essere accolto.
7a. In punto di fatto dagli atti di causa emerge che la ricorrente, a seguito del suo rientro in Italia, ha presentato al Commissariato di pubblica sicurezza di Rovereto la richiesta di aggiornare il suo permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo per registrarvi la nascita del terzo figlio, avvenuta in Pakistan in data 28.9.2008. L’interessata, coniugata con un connazionale titolare di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo di validità illimitata, ha altri due figli nati in Italia, rispettivamente negli anni 2001 e 2007, e risiede con la famiglia a Brentonico.
È altresì assodato che la sig.ra Xxxxx è stata assente dall’Italia per un periodo continuativo di 2 anni, 1 mese e 18 giorni, come è comprovato dai visti sul suo passaporto. Pertanto, a seguito dell’istruttoria svolta per il richiesto aggiornamento del titolo, la Questura ha revocato all’interessata il permesso di soggiorno CE, al contempo informandola della possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di famiglia.
7b. Giova rammentare che la disciplina del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo si rinviene nel già menzionato art. 9 del Testo unico delle disposizioni concernenti l'immigrazione che, al comma 7, elenca le fattispecie la cui ricorrenza implica la revoca del titolo, fra le quali, alla lettera d), è previsto il caso dell’“assenza dal territorio dell'Unione per un periodo di dodici mesi consecutivi”.
Il difensore della ricorrente ha dedotto l’illegittimità costituzionale - per violazione dell’art. 3 Cost. - della riportata disciplina, atteso che non prevede la sussistenza di gravi motivi che attenuino l’automatismo previsto, come è invece disciplinato in caso di primo rilascio del permesso di soggiorno CE dal comma 6 dello stesso articolo 9, oltre che dal comma 4 dell’art. 13 del D.P.R. 31.8.1999, n. 394, per il rinnovo del permesso di soggiorno ordinario.
In alternativa, la deducente ha proposto un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione sopra riportata, prevedendo che anche nel procedimento di revoca del permesso di soggiorno CE per una prolungata assenza dal territorio dell’Unione europea possano essere presentati, e debbano essere valutati, elementi giustificativi della sussistenza di “gravi e comprovati motivi” che possono aver impedito il rispetto del termine massimo di lontananza come codificato dalla disposizione in esame.
8a. Il Collegio accede all’interpretazione proposta, così mettendo in pratica il consolidato insegnamento della Corte costituzionale (sovente espresso in occasione di giudizi in cui dichiara l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata), in base al quale ogni giudice - prima di sollecitare la Suprema Corte ad un'attività interpretativa che spetta al giudice a quo - deve ricercare, anzi, “esplorare, la possibilità di dare alla norma censurata un'interpretazione costituzionalmente orientata”, idonea a sottrarla al contrasto con i parametri evocati (cfr., da ultimo, ex multis, C.Cost. 24.6.2010, n. 230).
Tornando all’esame della normativa che governa i titoli che consentono la presenza regolare degli stranieri nel territorio nazionale, occorre allora osservare che la sussistenza di “gravi e comprovati motivi” permette che il permesso di soggiorno sia rinnovato anche quando si è verificata un’interruzione del soggiorno in Italia per un periodo continuativo di oltre sei mesi, o, per i permessi di soggiorno di durata almeno biennale, per un periodo continuativo superiore alla metà del periodo di validità del permesso di soggiorno (cfr. art. 13, comma 4, D.P.R. 31.8.1999, n. 394). In senso conforme ha previsto il comma 6 dell’art. 9 per il rilascio del permesso di soggiorno CE, stabilendo che l’assenza dello straniero dal territorio nazionale per “gravi e documentati motivi di salute ovvero di altri gravi e comprovati motivi”, non interrompe il periodo quinquennale minimo prescritto per poter richiedere la cosiddetta carta di soggiorno.
In diversi termini, la sussistenza di “gravi e comprovati motivi” che giustificano un’assenza dall’Italia oltre i periodi massimi codificati in legge consente sia il rinnovo dell’ordinario permesso di soggiorno che la maturazione del periodo “di almeno cinque anni” per chiedere, in presenza delle altre condizioni di legge, il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
8b. Il Collegio ritiene quindi che tale regola debba applicarsi anche nelle procedure di revoca della carta di soggiorno per assenza prolungata dall’Italia, per non discriminare il titolare del permesso di
soggiorno CE da colui che è in possesso dell’ordinario permesso di soggiorno. Solo in tal modo, infatti, come ha condivisibilmente posto in rilievo la ricorrente, situazioni sostanzialmente omogenee tra loro non sono trattate diversamente; inoltre, si evita anche il paradosso che lo straniero soggiornante in Italia da più tempo e con stabili modalità, subisca un trattamento meno favorevole rispetto a quello previsto per lo straniero in possesso del solo permesso di soggiorno e per colui che chiede per la prima volta il rilascio della carta di soggiorno.
Pertanto, posto che l’assenza per un certo periodo dall’Italia in presenza in “gravi e comprovati motivi” non rileva né ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno né per accedere al rilascio del permesso di soggiorno CE, occorre concludere riconoscendo che anche colui che è già titolare di una carta di soggiorno possa comprovare la sussistenza di gravi ragioni che gli hanno impedito il rientro in Italia oltre il termine massimo di assenza - dodici mesi - consentito dalla lett. d) del comma 7 dell’art. 9 del D.Lgs. n. 286 del 1998.
9a. Facendo applicazione degli esposti principi al caso di specie, il ricorso è fondato.
Va infatti osservato che la ricorrente si è recata in Pakistan in data 27 marzo 2008, unitamente ai due figli minori e già in attesa del terzo figlio, nato il successivo 28 settembre. L’interessata sostiene che era sua intenzione assistere la suocera malata ma che voleva rientrare in Italia prima della nascita del terzogenito. Tuttavia, l’aggravarsi delle proprie condizioni di salute, anche a causa dello stato di gravidanza e quindi del puerperio, le hanno impedito di affrontare il viaggio di ritorno sino al mese di maggio 2010. Al suo rientro è stata ricoverata all’Ospedale di Rovereto, dove è tuttora in cura a causa della cronicità della patologia di cui è affetta.
9b. Il Collegio osserva che l’assunto circa la volontà della ricorrente di far ritorno in Italia per la nascita del terzo figlio è più che plausibile, atteso che anche gli altri due figli risultano nati in Italia e che qui risiede il coniuge.
L’aggravamento della malattia cronica causato dalla gravidanza è poi documentato dalla certificazione medica prodotta dalla ricorrente e rilasciata dal Sovraintendente medico dell’Ospedale D.H.Q. Gujranwala, che attesta come l’interessata sia stata ivi in cura, con controlli periodici, dal 15 maggio 2008 al 7 maggio 2010 [...].
Né possono rilevare, a questo proposito, le osservazioni dell’Avvocatura dello Stato che il visto certificato, seppur munito di traduzione asseverata, mancherebbe di vidimazione o di certificazione di autenticità ad opera della competente autorità consolare.
Tale osservazione, difatti, avrebbe dovuto essere esplicitata nel corso del procedimento per porre la ricorrente nella condizione di sanare la mera irregolarità di quella documentazione amministrativa, attestante la sua condizione morbosa. Condizione che, in ogni caso, appare sufficientemente comprovata dalle aggiuntive attestazioni provenienti dall’U.O. di medicina interna dell’Ospedale di Rovereto e dal medico curante convenzionato con il servizio sanitario [...]. Queste ultime - rilasciate rispettivamente in data 27.7.2010 e 6.10.2010, dopo due e cinque mesi dal rientro in Italia della deducente - confermano la gravità dell’affezione di cui ella soffriva (e soffre tuttora), affezione che richiede continui controlli e plurime somministrazioni terapeutiche quotidiane.
10. Nella vicenda all’esame appare dunque evidente la sussistenza di “gravi e comprovati motivi” che non hanno consentito alla ricorrente un tempestivo rientro in Italia. E’ di conseguenza manifesta la denunciata violazione dell’art. 9, comma 7, lett. d), del D.Lgs. n. 286 del 1998, nell’interpretazione costituzionalmente orientata come sopra spiegata, per cui il provvedimento di revoca impugnato deve essere annullato.
[...]
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 69 del 2011, lo accoglie e, per l’effetto annulla il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno CE per soggiornati di lungo periodo impugnato.
[...]
Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 28 luglio 2011 [...]
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