La condanna per il reato di clandestinità, a cui è seguito il decreto di espulsione, non impedisce la regolarizzazione
TAR Liguria, sezione seconda, sent. n. 1326/2014 del 26/06/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 105 volte dal 21/09/2015
Premesso che il reato di clandestinità, di natura contravvenzionale, è pacificamente estraneo al perimetro applicativo del menzionato art. 381, se ne desume che, ad avviso dell’Amministrazione, la condanna per tale fattispecie delittuosa dimostrerebbe di per sé la pericolosità dello straniero, risultando conseguentemente ostativa alla regolarizzazione della sua presenza sul territorio nazionale.
La natura del reato in questione, peraltro sanzionato con la sola pena dell’ammenda e sospettabile di incompatibilità con principi di rango costituzionale, rende evidente l’illogicità della posizione assunta dall’Amministrazione, poiché la condotta sanzionata dal legislatore integra sostanzialmente i presupposti richiesti per accedere alla procedura di emersione.
Una diversa interpretazione, d’altronde, condurrebbe a risultati confliggenti con fondamentali principi di uguaglianza, poiché risulterebbe impedito l’accesso alla possibilità di fruire del beneficio dell’emersione a coloro che, per mere ragioni contingenti, siano stati sottoposti a procedimento penale e condannati per essere entrati illegalmente nel territorio dello Stato.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 62 del 2014, proposto da:
Alfred Shquti, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Nasuti, con domicilio eletto presso l’avv. Laura Zuffada nel suo studio in Genova, via XX Settembre, 20/81;
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
per l'annullamento
del provvedimento emesso dalla Prefettura di Savona, Sportello unico per l’immigrazione, in data 17 ottobre 2013, prot. n. P-SV/L/N/2012/101011, conosciuto dal ricorrente a seguito di raccomandata AR consegnata al datore di lavoro sig. Shquti Ermal il 30 ottobre 2013, con cui l’amministrazione rigettava la dichiarazione di emersione da lavoro irregolare presentata ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 109 del 16 luglio 2012, identificativo domanda SV4703594615, secondo modello telematico EM-DOM, dal sig. Shquti Ermal in favore del sig. Shquti Alfred il giorno 5 ottobre 2012, nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali,
nonché per la condanna
al rilascio da parte della Prefettura di Savona del provvedimento con cui sia accolta la dichiarazione di emersione da lavoro irregolare.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2014 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso giurisdizionale ritualmente notificato il 23 dicembre 2013 e depositato il 21 gennaio 2014, l’esponente, cittadino albanese, contesta la legittimità del provvedimento indicato in epigrafe, con cui la Prefettura di Savona – Sportello unico per l’immigrazione ha respinto l’istanza di emersione dal lavoro irregolare ex art. 5 del d.lgs. n. 109/2012 presentata in suo favore dal connazionale Ermal Shquti.
Il provvedimento impugnato è unicamente motivato con riferimento al parere negativo emesso dalla Questura di Savona, nel quale si rileva l’esistenza di una precedente espulsione disposta dal giudice di pace nei confronti del beneficiario della procedura di emersione.
L’esponente denuncia l’insussistenza dei presupposti del diniego e il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti.
Si è costituita in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, in rappresentanza dell’intimato Ministero dell’interno, opponendosi all’accoglimento del ricorso con comparsa di stile.
Con ordinanza n. 94 del 6 marzo 2014, è stata accolta l’istanza cautelare incidentalmente proposta con l’atto introduttivo del giudizio e fissata l’udienza per la trattazione di merito.
Le parti non hanno svolto ulteriori attività difensive nel giudizio.
Il ricorso, infine, è stato chiamato alla pubblica udienza del 26 giugno 2014 e ritenuto in decisione.
DIRITTO
E’ controversa la legittimità del provvedimento con cui la Prefettura di Savona – Sportello unico per l’immigrazione ha respinto l’istanza di emersione dal lavoro irregolare presentata in favore dell’odierno ricorrente, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 16 luglio 2012, n. 109.
Come accennato in premessa, il provvedimento impugnato, motivato per relationem, richiama il parere sfavorevole reso dalla Questura di Savona, nel quale si rilevava l’esistenza di una precedente condanna nei confronti del beneficiario della procedura di emersione per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (art. 10 bis del d.lgs. n. 286/1998), con l’applicazione della sanzione sostitutiva dell’espulsione.
L’Amministrazione procedente si limita a richiamare detta circostanza, senza esplicitare le ragioni che la renderebbero ostativa alla regolarizzazione del lavoratore straniero, né indicare lo specifico parametro normativo applicato nella fattispecie.
Solo dal rapporto informativo depositato in atti dalla difesa erariale, si evince che la condanna e l’espulsione predette integrerebbero, ad avviso dell’Amministrazione, la circostanza ostativa prevista dall’art. 5, comma 13, lett. d), del d.lgs. n. 109/2012.
Tale disposizione stabilisce che non possono essere ammessi alla procedura di emersione disciplinata dal medesimo articolo i lavoratori stranieri “che comunque siano considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone. Nella valutazione della pericolosità dello straniero si tiene conto anche di eventuali condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall’articolo 381 del medesimo codice”.
Premesso che il reato di clandestinità, di natura contravvenzionale, è pacificamente estraneo al perimetro applicativo del menzionato art. 381, se ne desume che, ad avviso dell’Amministrazione, la condanna per tale fattispecie delittuosa dimostrerebbe di per sé la pericolosità dello straniero, risultando conseguentemente ostativa alla regolarizzazione della sua presenza sul territorio nazionale.
La natura del reato in questione, peraltro sanzionato con la sola pena dell’ammenda e sospettabile di incompatibilità con principi di rango costituzionale, rende evidente l’illogicità della posizione assunta dall’Amministrazione, poiché la condotta sanzionata dal legislatore integra sostanzialmente i presupposti richiesti per accedere alla procedura di emersione.
Una diversa interpretazione, d’altronde, condurrebbe a risultati confliggenti con fondamentali principi di uguaglianza, poiché risulterebbe impedito l’accesso alla possibilità di fruire del beneficio dell’emersione a coloro che, per mere ragioni contingenti, siano stati sottoposti a procedimento penale e condannati per essere entrati illegalmente nel territorio dello Stato.
E’ anche possibile che l’Amministrazione, pur senza affermarlo esplicitamente, abbia ritenuto di non poter disattendere il provvedimento di espulsione disposto dal giudice di pace in sostituzione della pena pecuniaria.
Neppure tale rilievo, però, varrebbe a rendere legittimo l’impugnato diniego in quanto, come precisato dalla Sezione in molteplici occasioni, il reato di clandestinità non può in ogni caso costituire causa ostativa all’accoglimento dell’istanza di emersione dal lavoro irregolare (cfr., fra le ultime, T,.A.R. Liguria, sez. II, 18 aprile 2014, n. 621).
Rimane solo da precisare, per completezza, che non si ravvisano nel caso di specie le ulteriori circostanze ostative all’emersione previste dal comma 13 dell’art. 5 del d.lgs. n. 109/2012.
In particolare, non sussistono le condizioni di cui alla lettera a), ove si prevede che non possa essere ammesso alla procedura di emersione il lavoratore straniero destinatario di un precedente provvedimento di espulsione amministrativa per motivi di ordine pubblico o di prevenzione del terrorismo.
In conclusione, non emergendo alcuna ragione che giustifichi il diniego di emersione opposto all’odierno ricorrente, il provvedimento impugnato è illegittimo e deve essere annullato.
Le spese del grado di giudizio possono essere compensate fra le parti costituite, fatta eccezione per l’importo versato dal ricorrente a titolo di contributo unificato che, direttamente in forza della previsione legislativa, dovrà essergli rimborsato dall’Amministrazione soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Roberto Pupilella, Consigliere
Richard Goso, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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