Illegittimo diniego visto lavoro autonomo se non si approfondisce l'aspetto delle risorse finanziarie
TAR Lazio, Sezione Prima, Sentenza del 10 giugno 2013, n. 5779
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 300 volte dal 04/07/2013
Illegittimo per violazione dell’art. 39, comma 3, del D.P.R. n. 394/1999, e per difetto di istruttoria, il provvedimento di diniego del visto d’ingresso in Italia per motivi di lavoro autonomo. In effetti, l’amministrazione ha negato il visto in applicazione di una norma, che, alla luce delle produzioni documentali, non avrebbe potuto essere applicata, se non a seguito di approfondimento istruttorio. Infatti, se l’Ambasciata avesse nutrito dubbi sulla veridicità dell’estratto bancario, sarebbe stato suo onere richiedere integrazioni sul punto, al fine di superare un documento che, in linea astratta, attesta la disponibilità delle necessarie risorse finanziarie.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per l'annullamento
del provvedimento […] dell'ambasciata d'italia a kiev, con la quale è stato comunicato il rigetto della domanda di visto per lavoro autonomo.
[...]
Il ricorrente, cittadino ucraino, impugna il diniego del visto di ingresso in Italia per motivi di lavoro autonomo, oppostogli dall’Ambasciata di Kiev in data 1 febbraio 2012, chiedendone l’annullamento, e formulando altresì domanda di risarcimento danni.
Il ricorrente premette di avere a tal fine necessità di far ingresso nel nostro Paese, per esercitare il commercio di prodotti per animali presso la Provincia di Cuneo.
L’atto impugnato si fonda sulla presunta carenza in capo al ricorrente del requisito previsto dall’art. 39, comma 3, del d.P.R. n. 349 del 1999, secondo il quale “lo straniero è tenuto ad acquisire presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per il luogo in cui l'attività lavorativa autonoma deve essere svolta, o presso il competente ordine professionale, l'attestazione dei parametri di riferimento riguardanti la disponibilità delle risorse finanziarie occorrenti per l'esercizio dell'attività. Tali parametri si fondano sulla disponibilità in Italia, da parte del richiedente, di una somma non inferiore alla capitalizzazione, su base annua, di un importo mensile pari all'assegno sociale”.
Il conservatore ha attestato che la somma in questione, nel caso di specie, è pari ad euro 10,329,14.
Il ricorrente ha prodotto dichiarazione del suo ex datore di lavoro, dalla quale risulta che nell’anno 2010 ha percepito un reddito di euro 69.962,52, che rende verosimile quanto poi risulta da un estratto bancario: in base a tale ultimo documento, egli è titolare di conto corrente presso Unicredit, con saldo al 24 novembre 2011 di euro 15.196,636, dunque superiore alla somma richiesta dall’art. 39, comma 3, del d.P.R. n. 394 del 1999.
A seguito di ordine istruttorio del Tribunale, l’Ambasciata ha depositato relazione, specificando l’inidoneità di tale ultimo documento, che costituirebbe una “semplice stampata di una pagina web indicante alcuni movimenti bancari effettuati a ridosso della presentazione della domanda di visto”.
L’amministrazione stessa ammette, perciò, che il documento è stato prodotto, ma crede di inficiarne la validità, osservando che il credito maturato sul C/C è frutto di accrediti recenti.
Tuttavia, non si vede quale significato possa avere tale circostanza, atteso che la legge richiede la disponibilità di una somma, e non che essa sia di recente o passata acquisizione.
Il Tribunale ha perciò sospeso l’atto impugnato ai fini del riesame: il ricorrente, con la memoria conclusiva, ha rilevato che l’ordinanza cautelare del 19 ottobre 2012 non è stata ottemperata, e che l’Ambasciata non ha assunto nuovi provvedimenti, benché diffidata.
Ciò premesso, il Tribunale ritiene fondato il ricorso.
Esso si affida ad un unico articolato motivo di violazione di legge ed eccesso di potere, anche per difetto di istruttoria.
In effetti, l’amministrazione ha negato il visto in applicazione di una norma, che, alla luce delle produzioni documentali, non avrebbe potuto essere applicata, se non a seguito di approfondimento istruttorio.
Infatti, se l’Ambasciata avesse nutrito dubbi sulla veridicità dell’estratto bancario, sarebbe stato suo onere richiedere integrazioni sul punto, al fine di superare un documento che, in linea astratta, attesta la disponibilità delle necessarie risorse finanziarie.
A ciò l’amministrazione non ha provveduto, né prima di adottare l’atto impugnato, né a seguito dell’invito espresso a tal fine dal Tribunale.
L’atto impugnato va perciò ritenuto illegittimo per violazione dell’art. 39, comma 3, del d.P.R. n. 394 del 1999, e per difetto di istruttoria.
[…]
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
Annulla l’atto impugnato.
[...]
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2013 [...]
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 10/06/2013
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