I disabili stranieri hanno diritto alle prestazioni di assistenza riconosciute ai cittadini italiani, anche se non sono in possesso di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo
Corte di Cassazione, Sezione Sesta Civile, Ordinanza del 14 marzo 2012, n. 4110
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ha accolto il ricorso presentato da un cittadina extracomunitaria, poi divenuta italiana, cui la Corte di Appello di Genova aveva riconosciuto il diritto all’ottenimento dell’assegno di invalidità civile di cui all’art. 13 della legge n. 188/71 solo per il periodo successivo alla data in cui la medesima aveva acquisito la cittadinanza italiana, negandolo per il periodo precedente, sebbene la medesima era coniugata con un cittadino italiano e pertanto titolare di permesso di soggiorno. Accogliendo il ricorso, la Corte di Cassazione ha rilevato la manifesta infondatezza della pretesa dell’INPS di richiedere il requisito del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti ai fini dell'accesso alle prestazioni di assistenza sociale che costituiscono diritti soggettivi alla luce della legislazione introdotta dall'art. 80 c. 19 della legge n. 388/2000. Ha infatti fatto riferimento al consolidato orientamento della Corte Costituzionale che ha giudicato in contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost. la citata norma contenuta nella legge finanziaria 2001, e che ha ritenuto manifestamente irragionevole subordinare, quanto ai cittadini extracomunitari legalmente soggiornanti in Italia, l'attribuzione di prestazioni assistenziali che costituiscono diritti soggettivi, al possesso di un titolo di legittimazione come il permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti che richiede, tra l'altro, la titolarità di un reddito in un determinato ammontare ed il regolare soggiorno nello Stato da un certo numero di anni. Ugualmente, il giudice delle leggi ha sottolineato come le prestazioni di assistenza sociale destinate alle persone disabili rientrino nella tutela del diritto alla salute, inteso come diritto ai rimedi possibili alle menomazioni prodotte dalla disabilità; diritto alla salute che, in quanto diritto fondamentale, deve spettare a tutti, senza distinzioni fondate sulla nazionalità, con questo vietandosi ogni forma di discriminazione nei confronti degli stranieri legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato. Questo tanto più dopo la ratifica ed entrata in vigore nel nostro paese della Convenzione ONU sui diritti delle persone disabili, che fa espressamente riferimento al principio di non discriminazione.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE
[...]
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
[...]
avverso la sentenza n. 4/2010 della Corte d'Appello di Genova dell'8.1.2010, depositata il 13.2.2010;
[...]
Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Genova accoglieva la domanda di Xxx nei confronti dell'Inps per ottenere l'assegno di invalidità civile di cui all'art. 13 legge 118/71, ma solo a partire dal primo gennaio 2009, data in cui la medesima era divenuta cittadina italiana, negandolo però per il periodo precedente, pur prendendo atto della sentenza della Corte Costituzionale n. 148/2008, e pur considerando che la medesima era coniugata con un cittadino italiano ed era titolare di permesso di soggiorno.
[....]
... la Corte Costituzionale con la sentenza n. 187 del 2010 ha affermato "E' costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., l'art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell'assegno mensile di invalidità di cui all'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118. Il suddetto assegno – attribuibile ai soli invalidi civili nei confronti dei quali sia riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa di misura elevata ed erogabile in quanto il soggetto invalido non presti alcuna attività lavorativa e versi nelle disagiate condizioni reddituali stabilite dalla legge per il riconoscimento dela pensione di inabilità – costituisce una provvidenza destinata non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo di sostentamento, atto ad assicurarne la sopravvivenza. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, ove si versi, come nel caso di specie, in tema di provvidenza destinata a far fronte al sostentamento della persona, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione sancito dall'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Pertanto, la norma de qua, che interviene direttamente e restrittivamente su presupposti di legittimazione al conseguimento delle provvidenze assistenziali, viola il limite del rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali imposto dall'evocato parametro costituzionale, poichè discrimina irragionevolmente gli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato nel godimento di diritti fondamentali della persona riconosciuti ai cittadini".
Già con la sentenza n. 306/2008 la Corte aveva affermato che al legislatore è consentito <<subordinare, non irragionevolmente, l'erogazione di determinate prestazioni – non inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza – alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata; una volta, però, che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini>>.
Nè, contrariamente a quanto assume l'Istituto, il diritto è subordinato al possesso di un titolo di legittimazione comportante la permanenza in Italia per almeno cinque anni.
Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese di questo giudizio, alla medesima Corte d'appello di Genova in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 3 febbraio 2012.
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