Domanda di cittadinanza italiana, il diniego non può essere fondata sull'appartenenza passata ad un movimento politico di opposizione nel Paese di origine
TAR Lazio, sezione seconda quater, sent. n. 1003/2015 del 13/03/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 128 volte dal 23/11/2015
L’Amministrazione richiama alcune vicende passate, concernenti il coinvolgimento dell’odierno ricorrente quale simpatizzante di un movimento di opposizione al regime che è al potere nel paese di provenienza e di un’associazione affine, con attività di distribuzione di stampa clandestina di propaganda.
Ad avviso del Collegio, dalla nota esibita dall’Amministrazione si ricava l’omissione di una più accurata e aggiornata valutazione in ordine all’attuale rilevanza, ai fini che qui interessano, dei dati ivi contenuti, dovendosi avere riguardo - tra l’altro - all’evoluzione della situazione personale del ricorrente nonché all’esigenza di un’aggiornata valutazione della posizione del movimento politico in questione, anche alla luce delle misure adottate nelle competenti sedi internazionali.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2915 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto dapprima presso il TAR Marche e successivamente riassunto presso questo Tribunale, da
-OMISSIS- rappresentato e difeso dagli Avv. ti Anna Cristina Montanaro, Lorenzo Mencarelli e Laura Paladini, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Alcide De Gasperi, 35;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto del Ministro dell’Interno in data 19.11.2004, recante il diniego di concessione della cittadinanza italiana.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2014 il dott. Francesco Arzillo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato in fatto e in diritto:
1. Il ricorrente ha impugnato originariamente presso il TAR delle Marche il provvedimento del Ministro dell’Interno n. K 10/56401/R del 19 novembre 2004, recante il diniego della concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera f) della L. 5 febbraio 1992, n. 51, facendo valere cinque motivi in diritto così rubricati:
1)violazione di legge; art. 8, comma 2, L. 91/1992
2)eccesso di potere; totale carenza di istruttoria e di motivazione; violazione di legge; art. 5 del D.P.R. 12.10.1993, n. 572, in relazione all’art. 3 della L. n. 241/1990; violazione dell’art. 24 Cost.;
3) travisamento dei fatti; ingiustizia manifesta;
4) violazione di legge; art. 4 del D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362;
5) violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 e del prot. n. 7 allegato alla Convenzione di Strasburgo del 1984, recepita con la L. n. 98/1990.
2. A seguito di regolamento di competenza il Consiglio di Stato, con decisione n. 1507/2006, ha dichiarato la competenza del TAR del Lazio sulla controversia in questione.
La causa è stata quindi riassunta dal ricorrente presso questo Tribunale.
3. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, resistendo al ricorso.
4. A seguito degli incombenti istruttori, il ricorso è stato infine chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 13 marzo 2014, e quindi trattenuto in decisione.
5. L’impugnato diniego si fonda:
- sul rilievo del carattere altamente discrezionale del potere esercitato;
- sull’esigenza di evitare i possibili pregiudizi derivanti dall’introduzione del richiedente nell’ordinamento nazionale;
- sugli elementi acquisiti in fase istruttoria, comunicati con apposita nota del Dipartimento di P.S. e tali da far ritenere inopportuna la concessione della cittadinanza.
A quest’ultimo riguardo l’Amministrazione richiama alcune vicende passate, concernenti il coinvolgimento dell’odierno ricorrente quale simpatizzante di un movimento di opposizione al regime che è al potere nel paese di provenienza e di un’associazione affine, con attività di distribuzione di stampa clandestina di propaganda.
Nella nota informativa l’Amministrazione fa però presente che il ricorrente negli ultimi anni non avrebbe svolto attività politica.
6. Ad avviso del Collegio risulta fondata la censura di difetto di motivazione proposta con il ricorso e sviluppata con l’ultima memoria di parte.
Dalla nota esibita dall’Amministrazione si ricava infatti l’omissione di una più accurata e aggiornata valutazione in ordine all’attuale rilevanza, ai fini che qui interessano, dei dati ivi contenuti, dovendosi avere riguardo - tra l’altro - all’evoluzione della situazione personale del ricorrente nonché all’esigenza di un’aggiornata valutazione della posizione del movimento politico in questione, anche alla luce delle misure adottate nelle competenti sedi internazionali.
7. Il ricorso va quindi accolto, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato, previo assorbimento dei profili non esaminati.
Rimangono salve le ulteriori valutazioni dell’Amministrazione nella fase del riesame della domanda di concessione della cittadinanza, da concludersi con sollecitudine, compatibilmente con il tempo necessario per l’effettuazione del riesame dei profili all’uopo rilevanti.
8. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio, attesa la peculiarità e la natura della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 del D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi del ricorrente -OMISSIS- manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati al successivo comma 3.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Francesco Arzillo, Consigliere, Estensore
Cecilia Altavista, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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