Se si deroga al termine minimo per il rimpatrio volontario, occorre dimostrare rigorosamente l'esistenza del pericolo di fuga o di sottrazione al rimpatrio
Giudice di pace civile di Milano, Ordinanza del 20 maggio 2011
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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Altra importante ordinanza in tema di "Direttiva rimpatri". A riprova della confusione in cui ancora versano alcune Amministrazioni nella sua applicazione, si esamina il caso di un decreto di espulsione emanato derogando al termine minimo, previsto dalla richiamata Direttiva: la deroga è certamente possibile, ma andrebbero poi dimostrati gli elementi che vengono posti alla base del pericolo di fuga o sottrazione al rimpatrio contestato allo straniero... massima: E' illegittimo il decreto di espulsione della Prefettura se esso, pur formalmente corretto, motiva la deroga al termine minimo per il rimpatrio volontario di sette giorni con un dichiarato pericolo di fuga e pericolo di sottrazione al rimpatrio, che derivi dalla proposta di espulsione della Questura, riportando circostanze di fatto indimostrate e/o contraddette da altre risultanze documentali.
GIUDICE DI PACE DI MILANO
IL GIUDICE DI PACE
sciogliendo fuori udienza la riserva:
- esaminato il ricorso presentato ex art. 13, comma 8 D.Lgs. n. 286/98 in data 31 marzo 2011 nell'interesse di A... B..., cittadina argentina, [...] avverso il decreto di espulsione n. 2011/C... emesso dal Prefetto di Milano in data 14.02.2011, notificato in pari data e connesso ordine di lasciare il territorio dello Stato emesso in pari data e numero dal Questore di Milano;
- ritenuta la tempestività del ricorso e la propria competenza a decidere;
- viste le controdeduzioni scritte, formulate dall'Autorità Amministrativa in data 08.04.2011;
- esaminati i documenti prodotti;
- preso atto che il provvedimento di espulsione è stato emesso in quanto, secondo le Autorità sopra indicate, la straniera "(...) asseritamente entrata nel territorio dello Stato nel 30.12.2010, attraverso la frontiera di Palermo, non ha presentato la dichiarazione di presenza di cui all'art. 1 comma 2 L. 68/2007, inoltre si è trattenuta sul T.N. per un periodo superiore a tre mesi o comunque superiore a quanto previsto nel visto d'ingresso come previsto dall'art. 1 comma 3 L. 68/2007 (...)";
[...]
La ricorrente lamenta la nullità del provvedimento espulsivo impugnato per palese violazione dell'art. 7 della Direttiva Comunitaria 2008/115/CE del 16.12.2008 che, in contrasto con la normativa precedentemente vigente, cerca di incentivare l'allontanamento volontario dello straniero dal territorio nazionale concedendo all'interessato un congruo periodo di tempo, compreso tra i sette e i trenta giorni, per provvedere al rimpatrio.
Detta eccezione deve essere accolta.
La sopra citata normativa prevede, al comma 4, la possibilità allo Stato membro di astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria dello straniero nel caso in cui "(...) sussiste il pericolo di fuga (...) o se l'interessato costituisce un pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale (...)".
Dalla documentazione agli atti emerge che la straniera è entrata regolarmente nel territorio dello Stato in data 30.12.2010 e che in data 14.02.2011 le è stato notificato il decreto di espulsione con effetto immediato (oggetto dell'opposizione) ed il conseguente ordine del Questore di Milano di lasciare il territorio dello Stato nel termine di cinque giorni.
È pacifica nell'occasione l'applicazione della sopra indicata direttiva comunitaria posto che il Prefetto di Milano, nella parte motiva del decreto di espulsione impugnato, la richiama espressamente.
Più precisamente il Prefetto ha derogato alla concessione del termine per la partenza volontaria dello straniero [...] ha ritenuto che l'interessata era da ritenersi "(...) a rischio di fuga, ossia ricorre il pericolo che ella possa sottrarsi al rimpatrio qualora le venisse concesso un termine per la partenza volontaria (...)".
Il rischio di fuga (e la conseguente sottrazione al rimpatrio) risulta motivato da quei presupposti emersi nel corso dell'istruttoria del procedimento espulsivo: la dichiarazione dell'interessata di non voler tornare nel suo Paese d'origine, la mancata fornitura di garanzie finanziarie provenienti da fonti lecite, la mancata disponibilità di un alloggio stabile non precario ove possa essere rintracciata senza difficoltà, la mancanza di un'attività di lavoro regolare e la mancata dimostrazione di integrazione sociale.
Da quanto sopra ricordato emerge la contraddittorietà fra la sopra riportata motivazione e gli altri atti e provvedimenti posti in essere nell'occasione dalla Pubblica Amministrazione competente: infatti, a fronte di questo dichiarato pericolo di fuga e rischio che l'interessata si sottraesse al rimpatrio, l'Amministrazione non ha adottato nei confronti della stessa alcuna delle misure previste dall'art. 7 comma 3 della direttiva tesi ad evitare la fuga (come ad esempio l'obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o l'obbligo di dimorare in un determinato luogo).
[...] Aggiungasi che dalla documentazione agli atti non risulta alcuna circostanza di fatto sintomatica di una attitudine dell'interessata alla trasgressione delle norme dell'ordinamento in generale, quale il rintraccio in luoghi sospetti in cui sono soliti aggregarsi stranieri in condizione di clandestinità, la frequentazione di soggetti con pregiudizi penali e la segnalazione di notitiae criminis a suo carico.
Da quanto sopra esposto, se pure il decreto del Prefetto di Milano risulta formalmente corretto, esso motiva la deroga al termine minimo per il rimpatrio volontario di sette giorni con un dichiarato pericolo di fuga e pericolo di sottrazione al rimpatrio, che deriva dalla proposta di espulsione del Questore di Milano che riporta circostanze di fatto indimostrate e/o contraddette da altre risultanze documentali.
Questo atto, qualificabile come preparatorio e prodromico rispetto al decreto finale di espulsione, è inficiato dal vizio di legittimità dell'eccesso di potere che si configura sia per il non corretto accertamento dei presupposti di fatto erroneamente ritenuti come sintomatici della sussistenza di una indimostrata volontà di sottrarsi illecitamente al rimpatrio da parte dell'interessata sia per la contraddittoria estrinsecazione della potestà amministrativa [...].
Rilevato che l'illegittimità dell'atto di proposta di espulsione formulata dal Questore di Milano ha determinato il Prefetto ad emanare il decreto di espulsione con effetto immediato e che la deroga alla concessione del termine minimo al rimpatrio volontario è stata motivata unicamente dalla richiamata proposta di espulsione inficiata da eccesso di potere, consegue che tale vizio si riverbera sul decreto di espulsione emanato dal Prefetto di Milano, che risulta adottato in violazione dell'art. 7 comma 4 della direttiva comunitaria più volte richiamata poichè non sussisteva in concreto il paventato pericolo di fuga.
[...]
P.Q.M.
Accoglie il ricorso presentato da A... B... [...] avverso il decreto di espulsione 2001/C... [...] e connesso ordine di lasciare il territorio dello Stato emesso in pari data e numero dal Questore di Milano.
[...] Si comunichi alle parti anche a mezzo fax.
Milano, 20 maggio 2011
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