Rinnovo permesso di soggiorno, si consideri la situazione familiare, in particolare affidamento esclusivo dei figli e autorizzazione alla permanenza ex art. 31
TAR Lombardia, sezione quarta, sent. n. 1767/2014 del 12/06/2014
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 148 volte dal 14/12/2014
Con il provvedimento impugnato l’amministrazione ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dalla ricorrente, in ragione della mancata dimostrazione del possesso di redditi di fonte lecita sufficienti al suo sostentamento e idonei a comprovare il suo inserimento socio lavorativo in Italia.
Dalla documentazione versata in atti emerge che la ricorrente, cittadina albanese, è madre di tre figli minorenni, che le sono stati affidati in via esclusiva dal Tribunale per i Minorenni delle Marche.
La decisione appena citata evidenzia la particolare complessità della situazione familiare della donna e dei tre figli, che unitamente alla madre hanno dovuto abbandonare il domicilio familiare in ragione dei comportamenti violenti tenuti dal padre.
Sul punto è significativo che proprio il Tribunale per i Minorenni delle Marche abbia autorizzato la ricorrente a soggiornare in Italia per anni 2 ai sensi dell’art. 31 del d.l.vo 1998 n. 286, rilevando che la situazione familiare ha reso necessaria la collocazione della donna e dei figli presso una struttura comunitaria.
Del resto, va evidenziato che dalla documentazione prodotta emerge che la straniera dispone di una possibilità occupazionale presso un ristorante, puntualmente individuato, il cui titolare si è dichiarato disposto all’assunzione.
I dati di fatto appena richiamati evidenziano la parzialità delle valutazioni poste dall’amministrazione a fondamento del diniego impugnato, poiché non tengono conto della reale situazione familiare della ricorrente.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 498 del 2010, proposto da:
Lozjana Agolli, rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Mariella, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Marchese in Milano, via Montevideo, 5;
contro
Ministero dell'Interno – Questura di Milano, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, presso i cui Uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
- del provvedimento n. 35180/2009 Imm. ID 127905, emesso dal Questore della Provincia di Milano, e notificato alla ricorrente in data 21 dicembre 2009, recante il rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, con contestuale invito a lasciare il Territorio italiano entro 15 giorni dalla notifica;
- nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2014 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente impugna il provvedimento indicato in epigrafe, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, eccependo l’infondatezza del ricorso avversario e chiedendone il rigetto.
All’udienza del 12 giugno 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il provvedimento impugnato l’amministrazione ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dalla ricorrente, in ragione della mancata dimostrazione del possesso di redditi di fonte lecita sufficienti al suo sostentamento e idonei a comprovare il suo inserimento socio lavorativo in Italia.
La ricorrente lamenta, in termini di violazione di legge e di eccesso di potere, la mancata considerazione della sua situazione complessiva sul piano familiare, sociale e lavorativo.
La censura è fondata.
Dalla documentazione versata in atti emerge che la ricorrente, cittadina albanese, è madre di tre figli minorenni, che le sono stati affidati in via esclusiva dal Tribunale per i Minorenni delle Marche con decisione depositata in data 30.10.2009.
La decisione appena citata evidenzia la particolare complessità della situazione familiare della donna e dei tre figli, che unitamente alla madre hanno dovuto abbandonare il domicilio familiare in ragione dei comportamenti violenti tenuti dal padre, dedito all’abuso di sostanze alcoliche, tanto da subire la sospensione dall’esercizio della potestà genitoriale.
Sul punto è significativo che proprio il Tribunale per i Minorenni delle Marche, con decreto depositato in data 27.04.2010, abbia autorizzato la ricorrente a soggiornare in Italia per anni 2 ai sensi dell’art. 31 del d.l.vo 1998 n. 286, rilevando che la situazione familiare ha reso necessaria la collocazione della donna e dei figli presso una struttura comunitaria, che la condizione personale delle minorenni risulta segnata sia dalle condotte violente del genitore, sia dal repentino cambiamento, proprio a causa delle condotte del padre, del contesto ambientale e sociale di vita.
Il Tribunale per i Minorenni dà atto di avere disposto una serie di interventi che dovrebbero consentire alla madre il raggiungimento di una nuova autonomia, così da garantire ai figli un ambiente di vita sereno, con la precisazione che l’allontanamento dalla madre, qualora a quest’ultima fosse preclusa la permanenza in Italia, ovvero il rientro dell’intero nucleo nel paese di origine – che i minori non conoscono – determinerebbe a carico di questi ultimi “un nuovo e gravissimo trauma psicologico che si aggiungerebbe a quelli già vissuti”.
Del resto, va evidenziato che dalla documentazione prodotta (cfr. doc. 9 di parte ricorrente) emerge che la straniera dispone di una possibilità occupazionale presso un ristorante, puntualmente individuato, il cui titolare si è dichiarato disposto all’assunzione.
I dati di fatto appena richiamati evidenziano la parzialità delle valutazioni poste dall’amministrazione a fondamento del diniego impugnato, poiché non tengono conto della reale situazione familiare della ricorrente, connotata da reiterate violenze subite in ambiente domestico e dall’assunzione in via esclusiva della potestà genitoriale verso i tre figli minorenni, dell’inserimento della donna e dei bambini in un contesto residenziale comunitario, nonché delle modificazioni che tutto ciò ha comportato sul piano sociale e lavorativo.
Di conseguenza merita condivisione la censura diretta a contestare il difetto di istruttoria e la carenza di motivazione, in ragione della mancata considerazione da parte dell’amministrazione, tanto sul piano della ricostruzione della complessiva situazione di fatto, quanto su quello valutativo, delle effettive condizioni di vita, familiare, sociale e lavorativa della ricorrente.
In definitiva, il ricorso è fondato e deve essere accolto, mentre le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato indicato in epigrafe.
Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1500,00 (millecinquecento), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Fabrizio Fornataro, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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