Rinnovo permesso di soggiorno, la resistenza a pubblico ufficiale e svolgere attività di prostituzione non sono ostativi
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T.A.R. Campania, sez. sesta, sent. n. 4941/2015 del 23/09/2015
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 409 volte dal 15/03/2018
Nel presente giudizio si controverte in ordine alla legittimità del provvedimento di reiezione dell’istanza di permesso di soggiorno per lavoro autonomo motivata per una pregressa condanna per il reato di cui all’art. 337 c.p. e poiché la ricorrente sarebbe dedita ad attività di meretricio.
Le ragioni opposte quale motivo di diniego non sono riconducibili ad alcuna delle ipotesi tassative sulla cui base la legge preclude il rilascio del titolo richiesto.
Non può difatti opporsi quale circostanza ostativa lo svolgimento della dedotta dell’attività di “meretricio” cui potrebbe conseguire l’ applicazione della legge 1423/1956. Difatti la prostituzione è un’attività, di per sé, non delittuosa e pertanto, non risulta applicabile, in relazione alle scarne circostanze dedotte, alcuna delle misure di prevenzione in quanto la ricorrente non rientra nella categorie di cui agli artt. 1 e 4.
A ciò si aggiunga che la fattispecie di reato ex art. 337 c.p. per cui è intervenuta una pronuncia di condanna risalente al 2007 non può di per se stessa essere considerata come causa preclusiva del permesso di soggiorno , non rientrando nell’elencazione, da intendersi tassativa, delle ipotesi criminose tuttora assistite da una presunzione assoluta di pericolosità sociale (ex art. 380 c.p.). Sicchè il predetto precedente giudiziario, isolatamente considerato, non vale di per se stesso a fondare – con la pretesa automaticità – un giudizio affidabile di concreta ed attuale pericolosità.
Non può difatti opporsi quale circostanza ostativa lo svolgimento della dedotta dell’attività di “meretricio” cui potrebbe conseguire l’ applicazione della legge 1423/1956. Difatti la prostituzione è un’attività, di per sé, non delittuosa e pertanto, non risulta applicabile, in relazione alle scarne circostanze dedotte, alcuna delle misure di prevenzione in quanto la ricorrente non rientra nella categorie di cui agli artt. 1 e 4.
A ciò si aggiunga che la fattispecie di reato ex art. 337 c.p. per cui è intervenuta una pronuncia di condanna risalente al 2007 non può di per se stessa essere considerata come causa preclusiva del permesso di soggiorno , non rientrando nell’elencazione, da intendersi tassativa, delle ipotesi criminose tuttora assistite da una presunzione assoluta di pericolosità sociale (ex art. 380 c.p.). Sicchè il predetto precedente giudiziario, isolatamente considerato, non vale di per se stesso a fondare – con la pretesa automaticità – un giudizio affidabile di concreta ed attuale pericolosità.
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