Rinnovo pds non può essere rifiutato in base ad una condanna per cessione stupefacenti: valutare pericolosità dello straniero in concreto
TAR Lombardia, Sezione Seconda, Sentenza del 7 maggio 2013, n. 434
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 208 volte dal 13/06/2013
E’ accolto il ricorso avverso il provvedimento di rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno, opposto a cittadino straniero condannato per il reato di cessione di stupefacenti. Vale la pena di osservare che la sentenza della Corte costituzionale n. 172/2012 ha prodotto un effetto caducante che dalla disciplina speciale della sanatoria è destinato a riversarsi sulla disciplina generale dell’ingresso e della permanenza nel territorio nazionale. Non sarebbe, infatti, ragionevole cancellare l’automatismo espulsivo dell’art. 1 ter, comma 13, lettera c), della legge n. 102/2009 (norma speciale sulla regolarizzazione) se poi il medesimo risultato negativo potesse prodursi attraverso la norma generale dell’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286/1998. Pertanto, se i reati di cui all’art. 381 c.p.p. possono impedire la regolarizzazione solo in combinazione con l’accertamento di una minaccia concreta per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, nello stesso senso deve essere letto anche l’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286/1998. Nel caso specifico, la condanna del ricorrente rientra nelle ipotesi dell’art. 381 c.p.p., in quanto è stata riconosciuta l’attenuante della lieve entità ex art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309/1990. Risulta quindi necessaria una valutazione di pericolosità in concreto. A tale riguardo, il fatto che il ricorrente, prima della commissione del reato avesse svolto attività lavorativa documentata, avesse poi seguito in carcere un progetto formativo con la cooperativa sociale nonché ottenuto dal tribunale di sorveglianza l’ammissione alla detenzione domiciliare, unitamente alla presenza in Italia di familiari che potrebbero costituire un punto di riferimento e alla prospettiva di un tirocinio formativo, rappresentano condizioni che consentono di qualificare come recessiva la pretesa espulsiva dello Stato rispetto all’interesse del ricorrente alla prosecuzione del soggiorno.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per l'annullamento
- del decreto del Questore di Brescia [...], con il quale è stato negato al ricorrente il rinnovo del permesso di soggiorno;
[…]
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La Questura di Brescia con decreto del 15 dicembre 2011 (notificato il 12 novembre 2012) ha negato al ricorrente il rinnovo del permesso di soggiorno. Il motivo del diniego consiste nella presenza di una condanna a 1 anno e 4 mesi di reclusione e € 4.000 di multa per il reato di cessione di stupefacenti (Trib. Brescia 21 settembre 2011 n. 2318).
2. Contro i suddetto provvedimento, il ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 10 gennaio 2013 e depositato il 18 gennaio 2013. Le censure possono essere sintetizzate come segue: (i) violazione dell’art. 4 comma 3 del Dlgs. 25 luglio 1998 n. 286, perché la condanna riguarda un singolo episodio e non sarebbe da sola sufficiente a fondare un giudizio di pericolosità sociale; (ii) violazione dell’art. 5 comma 5 del Dlgs. 286/1998, in quanto non sarebbero stati considerati i legami familiari, la giovane età e gli sforzi di reinserimento sociale del ricorrente. In particolare, viene evidenziato che il ricorrente risiede regolarmente in Italia dal 2007, ha svolto in passato attività lavorativa, vive presso uno zio regolarmente soggiornante, ha seguito in carcere un progetto formativo, è stato poi ammesso alla detenzione domiciliare dal Tribunale di Sorveglianza, e ha ora l’opportunità di svolgere un nuovo tirocinio formativo.
[…]
4. Sulla vicenda contenziosa si possono formulare le seguenti considerazioni:
(a) sul piano formale, è vero che gli art. 4 comma 3 e 5 comma 5 del Dlgs. 25 luglio 1998 n. 286 prevedono il diniego di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno quando vi siano condanne per alcune specifiche tipologie di reato, qualificate direttamente dal legislatore come fonte di particolare allarme sociale (si tratta dei reati riguardanti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione, l’impiego di minori in attività illecite, la violazione del diritto d’autore). La condanna del ricorrente ricade appunto in una di queste gravi tipologie delittuose;
(b) la situazione è però cambiata dopo che la Corte Costituzionale con sentenza n. 172 del 6 luglio 2012 ha dichiarato incostituzionale l’art. 1-ter comma 13-c del DL 1 luglio 2009 n. 78, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla condanna per uno dei reati previsti dall’art. 381 cpp, senza prevedere che l’amministrazione accerti in concreto l’esistenza di una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato;
(c) l’art. 1-ter comma 13-c del DL 78/2009 è una norma speciale che disciplina una delle sanatorie concesse dallo Stato negli ultimi anni per consentire la fuoriuscita dalla condizione di clandestinità e l’integrazione sociale degli immigrati irregolari. La sentenza della Corte Costituzionale n. 172/2012 ha, però, prodotto un effetto caducante che dalla disciplina speciale della sanatoria è destinato a riversarsi sulla disciplina generale dell’ingresso e della permanenza nel territorio nazionale;
(d) non sarebbe, infatti, ragionevole cancellare l’automatismo espulsivo dell’art. 1-ter comma 13-c del DL 78/2009 (norma speciale sulla regolarizzazione) se poi il medesimo risultato negativo potesse prodursi attraverso la norma generale dell’art. 4 comma 3 del Dlgs. 286/1998. Pertanto, se i reati di cui all’art. 381 cpp possono impedire la regolarizzazione solo in combinazione con l’accertamento di una minaccia concreta per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato, nello stesso senso deve essere letto anche l’art. 4 comma 3 del Dlgs. 286/1998 (v. TAR Brescia Sez. II 31 gennaio 2013 n. 115). In altri termini, il canone della parità di trattamento impone di scorporare dalle fattispecie immediatamente escludenti dell’art. 4 comma 3 del Dlgs. 286/1998 i reati che ricadono nell’elenco dell’art. 381 cpp, e di operare nei confronti degli autori di tali reati la valutazione in concreto della pericolosità sociale;
(e) nello specifico, la condanna del ricorrente rientra nelle ipotesi dell’art. 381 cpp, in quanto è stata riconosciuta l’attenuante della lieve entità ex art. 73 comma 5 del DPR 9 ottobre 1990 n. 309. Risulta quindi necessaria una valutazione di pericolosità in concreto;
(f) a tale riguardo, si osserva che prima della commissione del reato il ricorrente aveva svolto attività lavorativa documentata (contributi INPS fino a giugno 2010). In carcere, il ricorrente ha seguito un progetto formativo con la cooperativa sociale di tipo B Il Gelso (luglio-settembre 2012), e ha poi ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza di Brescia l’ammissione alla detenzione domiciliare con ordinanza del 16 ottobre 2012. In tale ordinanza si afferma che, sulla base delle informazioni acquisite dalle forze dell’ordine, non risultano a carico del ricorrente concreti e attuali indici di pericolosità sociale. Viene dato atto, inoltre, del positivo percorso intrapreso in carcere: “[ ha manifestato un atteggiamento critico nei confronti del reato commesso: gli operatori penitenziari riferiscono anche che nel corso dell’osservazione non sono emersi elementi sintomatici di una personalità deviante od antisociale”. In negativo, risulta un episodio di evasione dagli arresti domiciliari (17 dicembre 2011), che ha portato a un incremento di pena. Tuttavia, nella citata ordinanza il Tribunale di Sorveglianza ridimensiona la gravità del fatto, riconducendolo “ad un episodio non indicativo di un’allarmante pericolosità o della volontà di sottrarsi al regime di restrizione domiciliare”. Quale elemento a favore della possibilità di un recupero sociale viene, infine, indicata la giovane età del ricorrente;
(g) tutte queste indicazioni, unite alla presenza in Italia di familiari che potrebbero costituire un punto di riferimento e alla prospettiva di un tirocinio formativo promosso dal Consorzio Tenda presso la ditta Fratelli Leali di Leali Alessandro & C snc (contratto del 12 novembre 2012), consentono di qualificare come recessiva la pretesa espulsiva dello Stato rispetto all’interesse del ricorrente alla prosecuzione del soggiorno;
(h) questa soluzione appare conforme alla giurisprudenza elaborata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo relativamente all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (diritto al rispetto della vita privata e familiare). In particolare, quando il cittadino straniero abbia commesso un reato la Corte ritiene giustificata la preoccupazione per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato, ma afferma che devono essere presi in considerazione anche gli elementi in grado di bilanciare l’allarme sociale, tra cui la giovane età al momento del fatto e il carattere episodico del reato (v. CEDU Sez. II 11 ottobre 2011, Emre, punto 74; CEDU GC 23 giugno 2008, Maslov, punto 81);
(i) la Corte esige, inoltre, che sia valutato il comportamento tenuto dal cittadino straniero dopo la commissione del reato, in quanto l’evoluzione positiva della condotta è un elemento in grado di superare la presunzione secondo cui il soggetto che commette un grave reato sarà certamente anche in futuro un pericolo per l’ordine pubblico (v. CEDU sent. Emre cit., punto 74; CEDU sent. Maslov cit., punto 87).
5. Il ricorso deve, quindi, essere accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato. [...]
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso come precisato in motivazione. [...]
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2013 […]
DEPOSITATA IN CANCELLERIA
IL 7 MAGGIO 2013
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