Riconoscimento cittadinanza italiana, spese per ricorso al TAR vanno rimborsate, se non indicate circostanze concrete per giustificare il ritardo del Ministero
Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 643/16 del 04/02/2016
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 194 volte dal 24/05/2018
Il Collegio ritiene di seguire l’orientamento secondo cui, anche se nel processo amministrativo il giudice ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali ovvero per escluderla, tale discrezionalità è sindacabile in sede di appello.
Nel caso in esame, occorre considerare che per la definizione del procedimento di acquisto della cittadinanza, l’art. 3 del d.P.R. 362/1994 prevede un termine di settecentotrenta giorni (cioè due anni), mentre dalla presentazione della domanda di cittadinanza alla data di adozione del decreto di concessione della cittadinanza, depositato alla camera di consiglio del giudizio di primo grado del 2 luglio 2015, erano trascorsi inutilmente circa due anni e mezzo (la domanda era stata presentata il 27 dicembre 2012 e il decreto di concessione della cittadinanza era datato 8 maggio 2015).
La rilevante mole di lavoro gravante sugli uffici competenti – in quanto postulata dal T.A.R. come fatto notorio, ma non supportata da alcuna considerazione dell’Amministrazione in ordine all’entità, alla natura transitoria della sproporzione tra mezzi impiegabili e risultati attesi, agli interventi per porvi rimedio, o all’esperimento di forme di comunicazione ed informazione all’istante sullo stato del procedimento – non può ritenersi elemento di per sé sufficiente a giustificare il comportamento dell’Amministrazione, altrimenti la sua inerzia finirebbe per essere, almeno ai fini della condanna alle spese processuali, sempre e comunque giustificata.
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