Revoca carta di soggiorno, oltre alla condanna penale si tenga conto dei legami familiari
T.A.R. Lazio, sezione prima, sent. n. 360/2015 del 02/04/2015
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 164 volte dal 06/07/2016
L’impugnato provvedimento presuppone: - la comunicazione di avvio del procedimento con la quale la Questura di Frosinone ha rappresentato “che il fatto di esser stato tratto in arresto e condannato per furto in abitazione, costituisce reato ostativo al rilascio della carta di soggiorno e tale da giustificare la revoca qualora ne sia già in possesso;
Occorre invece dare rilievo, anche ai sensi dell’articolo 6 della legge 241 del 1990, alla circostanza che emerge dal titolo revocato dal quale si ricava che il ricorrente è coniugato e sul quale è impressa anche la foto del figlio minore.
Quindi doveva comunque ritenersi nota all’amministrazione, in quanto certificata in un proprio atto, l’esistenza del rapporto coniugale e di filiazione, rapporti rilevanti ai fini della richiesta valutazione.
Alla luce di dette indicazioni va affermata la fondatezza della lamentata violazione di legge sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione da riferire all’esistenza di circostanze pertinenti, rilevanti e da ritenersi comunque acquisite d’ufficio al procedimento ma non valutate, il tutto in accordo al costante orientamento giurisprudenziale per il quale deve ritenersi illegittima la revoca che nel richiamare la condanna ai fini del giudizio di pericolosità sociale non abbia valutato la sussistenza dei vincoli familiari esistenti nel territorio italiano (Consiglio di Stato sez. III, 01/08/2014, n. 4125).
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 448 del 2013, proposto da Gazmend Doci, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Marchignoli e Anna Maria Campioni, con domicilio eletto presso Paolo Avv. Vanzari in Latina, alla Via Eugenio di Savoia, n. 5;
contro
Questura di Frosinone, Ministero dell’Interno, U.T.G. - Prefettura di Frosinone, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
per l’annullamento, previa sospensiva
del provvedimento di revoca della carta di soggiorno, emesso dalla Questura di Frosinone - Ufficio Immigrazione - II Sezione -, in data 13 dicembre 2011 e notificato il 10 aprile 2013;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura di Frosinone, del Ministero dell’Interno e di U.T.G. - Prefettura di Frosinone;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 aprile 2015 il dott. Santino Scudeller e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato che con l’atto in epigrafe indicato il ricorrente impugna il provvedimento con il quale la Questura di Frosinone - Ufficio Immigrazione - II Sezione - ha revocato la carta di soggiorno nr. H167415;
Considerato che nel lamentare la violazione di legge (articoli 2.6 e 9 del T.U. 268/98, 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 e 2, 4, 13, 16 e 29 della Costituzione) ha argomentato la domanda di annullamento deducendone l’illegittimità in ragione: (1) del mancato uso nel testo di una lingua comprensibile con conseguente violazione del diritto di difesa; (2) della violazione delle disposizioni del d. lgs. 286/1998 che annettono rilievo a tutta una serie di elementi ulteriori rispetto alla condanna penale, nel caso conseguente a patteggiamento il che non implicherebbe alcun accertamento del fatto, elementi quali l’inserimento sociale, familiare e lavorativo che deporrebbero per l’assenza, in concreto, della pericolosità sociale;
Considerato che il ricorso alla luce di un più approfondito esame proprio della fase del merito, deve ritenersi fondato non potendosi condividere gli esiti ai quali è pervenuta la Sezione in sede cautelare (ordinanza n. 243 del 27/07/2013);
Considerato che il primo motivo di ricorso è infondato alla luce dell’orientamento, condiviso già in fase cautelare, secondo il quale “La mancata traduzione dell’atto che incide sui diritti di ingresso e di soggiorno in Italia dell’extracomunitario non costituisce omissione che vizia il provvedimento dell’Autorità di pubblica sicurezza, trattandosi di elemento che attiene alla forma dell’atto, con la conseguenza che, ove non abbia inciso sui diritti di difesa, non comporta lesione a posizioni di interesse legittimo, da cui possa trarre fondamento una statuizione di annullamento ma, attenendo alla comunicazione dell'atto, può al più rilevare ai fini della rimessione in termini nel caso di tardiva proposizione del ricorso giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo.” (T.A.R. Perugia (Umbria) sez. I, 06/03/2012, n. 72; T.A.R. Milano (Lombardia) sez. III, 10/01/2013, n. 68);
Considerato che è invece fondato il secondo motivo;
Considerato in particolare che l’impugnato provvedimento presuppone: - la comunicazione di avvio del procedimento con la quale la Questura di Frosinone ha rappresentato “che il fatto di esser stato tratto in arresto e condannato per furto in abitazione, costituisce reato ostativo al rilascio della carta di soggiorno e tale da giustificare la revoca qualora ne sia già in possesso; - la mancata partecipazione al procedimento da parte del ricorrente anche al fine di “dimostrare una situazione familiare o personale tale da giustificare una diversa decisione”; - che “il fatto ascrittogli lascia presumere che possa trarre mezzi di sostentamento da fonti di reddito illecite” quindi che l’interessato “sia una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica”;
Considerato che, non può esser condiviso l’esito rassegnato in sede cautelare circa l’infondatezza del motivo, in ragione della mancata rappresentazione da parte dell’interessato alla questura, di altre evenienze comunque rilevanti ai fini della valutazione richiesta per la revocabilità o meno del titolo;
Considerato in particolare che occorre invece dare rilievo, anche ai sensi dell’articolo 6 della legge 241 del 1990, alla circostanza che emerge dal titolo revocato dal quale si ricava che il ricorrente è coniugato e sul quale è impressa anche la foto del figlio minore nato il 30/05/2004;
Considerato quindi che doveva comunque ritenersi nota all’amministrazione, in quanto certificata in un proprio atto, l’esistenza del rapporto coniugale e di filiazione, rapporti rilevanti ai fini della richiesta valutazione;
Considerato che alla luce di dette indicazioni va affermata la fondatezza della lamentata violazione di legge sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione da riferire all’esistenza di circostanze pertinenti, rilevanti e da ritenersi comunque acquisite d’ufficio al procedimento ma non valutate, il tutto in accordo al costante orientamento giurisprudenziale per il quale deve ritenersi illegittima la revoca che nel richiamare la condanna ai fini del giudizio di pericolosità sociale non abbia valutato la sussistenza dei vincoli familiari esistenti nel territorio italiano (Consiglio di Stato sez. III, 01/08/2014, n. 4125);
Considerato che il ricorso va quindi accolto e che le spese di giudizio vanno compensate;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione staccata di Latina (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento di revoca della carta di soggiorno.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella camera di consiglio del giorno 2 - 16 aprile 2015, con l’intervento dei magistrati:
Carlo Taglienti, Presidente
Santino Scudeller, Consigliere, Estensore
Roberto Maria Bucchi, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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