No cittadinanza italiana allo straniero che non si integra nella comunità nazionale
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Quater, Sentenza del 26 novembre 2009 n. 11771
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 660 volte dal 22/08/2011
Un cittadino di nazionalità marocchina presenta domanda di cittadinanza italiana "per naturalizzazione" (dieci anni di residenza in Italia). La sua domanda viene respinta sulla base di una valutazione negativa della Prefettura di Bologna e delle indicazioni del rapporto informativo della Questura, secondo cui la personalità dello straniero non sarebbe del tutto affidabile sotto il profilo dell’ordine pubblico e della convivenza civile. Massima: L’amministrazione, dopo aver accertato l’esistenza dei presupposti per proporre la domanda di cittadinanza, deve effettuare una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall’appartenenza alla comunità nazionale, ivi compresi quelli di solidarietà economica e sociale. Per cui l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è legittimo allorquando l’amministrazione ritenga che quest’ultimo possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilievo penale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
- del decreto del Ministero dell’Interno K10...... dell’8 luglio 2005, notificato in data 21 dicembre 2005, con il quale è stata rigettata l’istanza di concessione della cittadinanza italiana;
[...]
FATTO
Con il ricorso in trattazione, notificato in data 17 febbraio 2006 e depositato il 2 marzo 2006, il ricorrente espone che:
- è cittadino del Marocco regolarmente soggiornante in Italia;
- in data 25 agosto 2002 presentava una istanza volta ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana ex art. 9, comma 1, lett. f) della legge 91/1992;
- in data 21 dicembre 2005 riceveva la notifica del provvedimento n. K10......... dell’8 luglio 2005, con il quale è stata respinta la menzionata istanza di concessione della cittadinanza italiana.
Ciò esposto, ha chiesto l’annullamento del predetto diniego, deducendo al riguardo il seguente motivo:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 9 L. n. 91/1992; eccesso di potere per carenza di motivazione; illogicità e contraddittorietà.
La difesa erariale si è costituita in giudizio depositando atti e documenti.
La causa è stata quindi chiamata e posta in decisione alla udienza pubblica del 21 ottobre 2009.
DIRITTO
Il ricorso è volto ad ottenere l’annullamento del decreto del Ministro dell’Interno n. K10....... dell’8 luglio 2005, con il quale è stata respinta la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, presentata il 31 maggio 2002 dall’odierno ricorrente, cittadino del Marocco, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f) della legge 5.2.1992, n. 91.
Il menzionato provvedimento di diniego, richiamata l’ampia discrezionalità dell’Amministrazione, risulta adottato principalmente sul presupposto del “parere contrario alla concessione dell’invocato beneficio espresso dal Prefetto di Bologna con nota n. 2815/2002 del 02.02.2004 in relazione alle risultanze contenute nel rapporto informativo n. Cat. A 12 Div. 3^ 2003/II Sez. della Questura di Bologna del 29.01.2003 da cui si ricavano elementi che hanno evidenziato una personalità non completamente affidabile sotto il profilo dell’ordine pubblico e della convivenza civile”.
La disposizione che regola la materia, in relazione al caso di specie, è contenuta nella legge n. 91/1992, che, all’art. 9, così dispone: “La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’Interno: …..f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica (….)”.
La costante giurisprudenza amministrativa ha affermato, in subiecta materia, che “il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana allo straniero che sia legalmente residente in Italia da oltre dieci anni, ai sensi dell’art. 9 comma 1 lett. f), l. 5 febbraio 1992 n. 91, è atto ampiamente discrezionale, in ordine al cui rilascio si possono forse ravvisare aspettative giuridicamente tutelate, ma non certo diritti soggettivi” (si veda, da ultimo, Consiglio Stato, sez. VI, 1 ottobre 2008, n. 4748). Ciò perché si è condivisibilmente affermato che “l’amministrazione, dopo aver accertato l’esistenza dei presupposti per proporre la domanda di cittadinanza, deve effettuare una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall’appartenenza alla comunità nazionale, ivi compresi quelli di solidarietà economica e sociale” (Consiglio Stato, sez. IV, 16 settembre 1999, n. 1474).
La sintesi che può trarsi da tali principi, è quella per cui l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è legittimo allorquando l’amministrazione ritenga che quest’ultimo possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilievo penale.
Orbene occorre rilevare da un lato che il provvedimento reiettivo è senz’altro immune da vizi formali, in armonia con il costante orientamento giurisprudenziale che ritiene legittima la motivazione c.d. “per relationem” (si veda, ex multis, sul punto Consiglio Stato, sez. VI, 1 febbraio 2007, n. 410); dall’altro che, sotto il profilo sostanziale, lo stesso risulta motivato con riguardo a profili di tutela dell’interesse pubblico emersi in sede di informativa esperita dalla Autorità procedente. In particolare, con riguardo al profilo della motivazione, il Collegio osserva come anche a seguito di Ordinanza Presidenziale Istruttoria, il Ministero dell’Interno abbia provveduto al deposito della nota Cat. A 12 Div. 3^ 2003/II Sez. in data 29 gennaio 2003 con la quale la Questura di Bologna ha provveduto a precisare gli elementi che hanno determinato nell’Amministrazione procedente il convincimento circa la non opportunità della concessione della cittadinanza all’odierno ricorrente (si legge nella nota della Questura che agli atti dell’Ufficio “risulta: nel dicembre 96 prese parte ad un convegno del noto sodalizio U.C.O.I.I. (Unione Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia), tenuto nella provincia di Rimini; in data 05.07.2001 questo Ufficio non gli concede la carta di soggiorno per mancanza dei requisiti di reddito previsti dalla legge; deferito all’A.G. in data 27.07.94 da questa Squadra Volanti, per il reato di furto; deferito all’A.g. in data 15.07.94 perché inottemperante al provvedimento emesso dall’autorità di P.S. ai sensi dell’art. 144 e 15 T.U.L.P.S.; sentenza di non doversi procedere del Pretore di Bologna, in quanto il fatto non è previsto come reato (…); si provvedeva pertanto alla contestazione e notificazione amministrativa in data 24.11.94 del pagamento in misura ridotta di lire 333.335; denunciato per rissa dal Comando Stazione Carabinieri di Ravenna con f.n. 51/46 datato 25.08.94″).
Non v’è dubbio, quindi, che il giudizio negativo sia correttamente motivato con riferimento a precisi fatti, da non considerare risalenti in relazione alla data della domanda ed all’epoca della determinazione contestata , accertati in sede istruttoria e tali da non garantire, in quella sede, l’assoluta affidabilità del soggetto richiedente sotto il profilo sia dell’ordine pubblico, tenuto conto del comportamento penalmente rilevante, sia della convivenza civile , quanto al recente accertamento della mancanza di reddito.
La valutazione della Amministrazione, peraltro, rientra negli apprezzamenti di merito non sindacabili se non per travisamento dei fatti ed illogicità, vizi che non paiono sussistere nel caso di specie, in cui sussistono ulteriori elementi, rispetto a quello della residenza, che motivano l’opportunita del diniego.
Ne consegue che il provvedimento risulta correttamente adottato, ben potendo comprendersi le ragioni per le quali il Ministero dell’Interno ha ritenuto di non poter accogliere la domanda.
Conseguentemente e per i motivi esposti, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi per dichiarare integralmente compensate le spese di lite tra le parti, anche in considerazione del lasso di tempo entro il quale si è concluso il procedimento.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione II quater, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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