Illegittimo negare la cittadinanza italiana chiesta per coniugio, dopo il biennio dalla presentazione della domanda: prevale l'esigenza di unità del nucleo familiare
TAR Lazio, Sezione Seconda Quater, sentenza del 29 ottobre 2012, n. 8859
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 308 volte dal 09/03/2013
É illegittimo il diniego, su istanza di concessione di cittadinanza italiana iuris communicatione, ove intervenuto oltre il termine biennale fissato a pena di decadenza. L’art. 8, comma 2, della legge n. 91/1992 va interpretato nel senso che l’istanza di cittadinanza, presentata a mente dell’art. 5 della medesima legge, non possa più essere respinta, decorso il termine sopraindicato a partire dalla data di presentazione dell’istanza stessa. Il legislatore ha ritenuto prevalente l’interesse alla sopravvivenza dello Stato e dell’incolumità delle persone presenti sul territorio, rispetto all’esigenza di unità del nucleo familiare del soggetto italiano coniugato con persona straniera, solo per il surriferito biennio, imponendo quindi all’Amministrazione, all’evidente fine di assicurare certezza alle posizioni giuridiche dei componenti del nucleo familiare del cittadino, di effettuare le dovute indagini entro il predetto lasso temporale e quindi subordinando l’esercizio del potere di respingere l’istanza di cittadinanza dei soggetti in parola al ripetuto termine decadenziale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per l’annullamento
del decreto del Ministro dell’Interno prot. n. K10C241805/R del 7.3.11 con il quale è stata respinta l’istanza prodotta dal ricorrente il 9.2.2007 ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana;
del parere del Consiglio di Stato n. 3506 del 29.9.2010 nonché della nota dell’Avvocatura generale dello Stato del 13.5.2010.
[...]
Con il ricorso in esame il Sig. Xxx cittadino di origine algerina, presente in Italia dal giugno 2002 e coniugato con cittadina italiana dal 8.5.2006 e padre di tre figli, impugna il decreto del Ministro dell’Interno prot. n. K10C241805/R del 7.3.11 con il quale è stata respinta l’istanza di concessione della cittadinanza italiana iuris communicatione, sulla base delle risultanze dell’attività istruttoria svolta su conforme parere del Consiglio di Stato, per motivi inerenti alla sicurezza dello Stato.
Avverso l’impugnato atto di diniego vengono dedotte le seguenti censure:
1) Violazione degli artt. 5, 6 e 8 L. 5.2.1992 n. 91;
2) Eccesso di potere: difetto assoluto di motivazione, difetto di istruttoria, motivazione apparente. Violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990 in relazione agli artt. 5, 6 e 8 L. 5.2.1992 n. 91;
[...]
Il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo di censura dedotto con il primo motivo, ove il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 8, comma 2, della legge 5.2.1002 n. 91, sull’assunto che, essendo decorso il termine biennale previsto da detta disposizione, l’Amministrazione non aveva più il potere per respingere l’istanza di cui trattasi. Dispone, infatti, il citato art. 8, comma 2, della legge 5.2.1992 n. 91, che “L’emanazione del decreto di rigetto dell’istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell’istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni”. Secondo l’orientamento giurisprudenziale in materia (Cass. SSUU, n. 744/93 e 1000/95) condiviso dalla Sezione, tale norma va interpretata nel senso che l’istanza di cittadinanza
presentata ai sensi dell’art. 5 della legge 5.2.1992 n. 91 non possa più essere respinta, decorso il periodo sopraindicato, nemmeno adducendo la sussistenza di motivi inerenti la sicurezza della Repubblica che, a termini dell’art. 6, comma 1, lett. c della legge suindicata, precludono l’acquisto della cittadinanza italiana” (TAR Lazio, Sez. II quater n. 859/2007 e n. 3485/2011).
Nella fattispecie, essendo l’istanza in questione stata presentata in data 9.2.2007, il provvedimento di rigetto del 7.3.2011 risulta essere stato tardivamente adottato quando ormai era già da tempo scaduto il termine biennale prescritto dall’art. 8, secondo comma, della legge 5.2.1992 n. 91 sopra richiamato e quindi l’autorità procedente era decaduta dal potere di rifiutare il beneficio richiesto.
Né, in senso contrario, giova alla resistente invocare la possibilità di applicazione, in via analogica - secondo la tesi sostenuta dall'avvocatura erariale nella nota del 13.5.2010 richiamata e posta anch’essa a fondamento dell’atto di diniego impugnato – della sospendibilità del termine in contestazione durante il periodo necessario per l'accertamento della responsabilità penale dell’interessato prevista dall’art. 4 co. 6.
La disposizione invocata, infatti, evidentemente finalizzata ad evitare l’inserimento nella Comunità di soggetti che abbiano commesso reati, pone quale condizione per la sospensione della procedura l’avvenuta proposizione dell’azione penale, che invece nella fattispecie non si è verificata.
In definitiva il legislatore ha ritenuto prevalente l’interesse alla sopravvivenza dello Stato e dell'incolumità delle persone presenti sul suo territorio, rispetto all’esigenza di unità del nucleo familiare del soggetto italiano coniugato con persona straniera, solo per il determinato biennio (T.A.R. Lazio, sez. II quater 4.7.2011 n. 5826), imponendo all’Amministrazione, all’evidente fine di assicurare certezza delle posizioni giuridiche dei componenti del nucleo familiare del cittadino, di effettuare le dovute indagini entro il predetto lasso temporale e quindi subordinando l’esercizio del potere di respingere l’istanza di cittadinanza dei soggetti in parola al ripetuto termine decadenziale.
Quanto infine alla dedotta inapplicabilità dell’istituto del silenzio assenso di cui all’art. 20, comma 4, della legge n. 241/1990 agli atti concernenti la difesa nazionale e la pubblica sicurezza – anch’essa invocata dalla resistente –è già stato chiarito che essa non può essere invocata al fine di superare la preclusione di cui al citato art. 8, comma 2, della legge n. 91/1992, in quanto con la richiamata disposizione il legislatore non ha inteso qualificare normativamente il comportamento inerte, quanto piuttosto fissare un termine decadenziale per l’esercizio del potere in questione, scaduto il quale l’Amministrazione viene privata del potere di respingere l’istanza di riconoscimento della cittadinanza (cfr., sul punto, Cass. Civ., Sez. Unite, Sentt. 7-7-1993, n. 7441 e 27-1-1995, n. 1000). In tale prospettiva la Sezione ha ripetutamente annullato i provvedimenti di diniego adottati oltre il termine sopraindicato (T.A.R. Lazio Roma, sez. II quater, 20 aprile 2011 , n. 3485).
In conclusione, e per quanto sopra argomentato, il provvedimento di diniego di cittadinanza italiana ed il presupposto parere del Consiglio di Stato risultano illegittimi essendo stati adottati quando il potere di respingere l’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana era ormai decaduto per il decorso del termine biennale fissato dall’art. art. 8, comma 2, della legge 5.2.1992 n. 91.
Il ricorso va pertanto accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato decreto del Ministero, unitamente al presupposto parere del Consiglio di Stato, restando assorbite le ulteriori censure dedotte.
[...]
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II quater, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 27.4.2012 e 11.10.2012 [...]
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