Nel caso in esame lo straniero, già rifugiato politico, proponeva ricorso al TAR Lombardia avverso il decreto di diniego della cittadinanza italiana. Il Collegio lombardo accoglieva la domanda, rilevando che dall'istruttoria esperita dal Ministero , emergevano elementi di valutazioni attinenti ad una supposta problematica di sicurezza pubblica, che tuttavia non veniva sufficientemente motivata, basandosi il tutto sulla mera adesione dello straniero ad un movimento politico che si ispirava ai principi del fondamentalismo islamico. Massima: l’Amministrazione gode di un’ampia sfera di discrezionalità circa la possibilità di concedere o meno la cittadinanza, con valutazione che si estende non solo alla capacità dello straniero di ottimale inserimento nella comunità nazionale nei profili dell’apporto lavorativo e dell’integrazione economica e sociale, ma anche in ordine all’assenza di “vulnus” per le condizioni di sicurezza dello Stato. Sotto tale ultimo aspetto ben possono assumere rilievo specifiche frequentazioni dello straniero e l’appartenenza a movimenti che, per posizioni estremistiche, possano incidere sulle condizioni di ordine e di sicurezza pubblica.