Emersione colf e badanti - l'esito della domanda va comunicato anche al lavoratore - la commissione di reati da parte del datore di lavoro non impedisce l'accoglimento della domanda
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Quarta, Sentenza del 28 gennaio 2011, n. 11059
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
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A favore dello straniero, nel caso qui in esame, era stata presentata richiesta di emersione (emersione colf e badanti del 2009). Tuttavia, era trascorso ben più del tempo assegnato dalla legge per la definizione del procedimento amministrativo, senza che alcuna notizia avesse appreso lo straniero medesimo sull'esito dello stesso, salvo quella relativa al parere contrario della Questura per l’esistenza di un precedente penale a carico del suo datore di lavoro. Il ricorrente lavoratore riteneva di avere un interesse qualificato alla conoscenza dell’esito del procedimento, poiché da tale esito dipendeva la sua possibilità di restare o meno regolarmente in Italia. Massima: Nelle procedure relative all’emersione esiste anche un interesse del lavoratore da regolarizzare ad essere informato circa l’esito del procedimento anche perché, finchè non conoscerà l’esito della sanatoria, non potrà richiedere un permesso di soggiorno. E' da escludere che la commissione di un reato da parte del datore di lavoro sia ostativa all’accoglimento della procedura di emersione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
Sezione Quarta
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
[...]
per l'accertamento
dell’illegittimo silenzio inadempimento formatosi sull'istanza di emersione dal lavoro irregolare presentata da M... K... in favore del ricorrente in data 5.9.2009;
per la condanna al risarcimento danni per il ritardo nell’emissione del provvedimento;
[...]
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente chiedeva accertarsi l’avvenuta formazione del silenzio-inadempimento rispetto alla richiesta di emersione presentata dal suo datore di lavoro poiché nonostante fosse trascorso il tempo assegnato dalla legge per la definizione del procedimento e la presentazione di una diffida in data 29.9.2010 il ricorrente non aveva avuto alcuna comunicazione dell’esito dell’istanza avendo solo appreso a seguito di accesso dell’esistenza di un parere contrario della Questura per l’esistenza di un precedente penale a carico del suo datore di lavoro.
Riteneva nell’unico motivo di ricorso presentato che anche il lavoratore, seppure non sia il presentatore dell’istanza, abbia un interesse qualificato alla conoscenza dell’esito della stessa perché da essa discendono importanti conseguenze circa la possibilità di una sua regolare permanenza nel nostro paese. Al momento della presentazione del ricorso sono trascorsi 432 giorni senza che sia stato comunicato un provvedimento espresso o una comunicazione ex articolo 10 bis L. 241\90.
Oltretutto avendo eletto domicilio presso il proprio difensore avrebbe potuto ottenere una risposta anche tramite PEC ( posta elettronica certificata ) poiché il suo avvocato disponeva di un indirizzo PEC utile allo scopo.
Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorso è fondato.
Nelle procedure relative all’emersione esiste anche un interesse del lavoratore da regolarizzare ad essere informato circa l’esito del procedimento anche perché, finchè non conoscerà l’esito della sanatoria, non potrà richiedere un permesso di soggiorno.
L’amministrazione non ha provveduto benché fossero ampiamente scaduti i tempi procedimentali per la conclusione dell’esame della richiesta di emersione e dovrà pertanto essere ingiunto alla stessa di pronunciarsi nel termine di trenta giorni dalla comunicazione della presente sentenza.
Si fa presente quanto al contenuto del provvedimento che vi è già una pronuncia giurisprudenziale che ha escluso che la commissione di un reato da parte del datore di lavoro sia ostativa all’accoglimento della procedura di emersione ( vedi TAR Emilia-Romagna 7402\2010 ).
Non è possibile trattare in questa sede la domanda di risarcimento danni poiché per essa è necessaria la conversione del rito ai sensi dell’articolo 117,comma 6, c.p.a.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, parzialmente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, ordina all’amministrazione di provvedere entro il termine di trenta giorni all’emanazione del provvedimento richiesto.
Condanna il Ministero dell’Interno alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in € 1.000 oltre C.P.A. ed I.V.A. ed al rimborso del contributo unificato ex articolo 13,comma 6 bis,D.P.R. 115\02, nella somma di € 250.
Manda la Segreteria per l’iscrizione del presente ricorso nei ruoli delle udienze pubbliche e per la comunicazione al presidente al fine della fissazione dell’udienza di merito.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2011.
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