Emersione colf/badanti – il reato di reingresso non è ostativo all'accoglimento della domanda di emersione
TAR Lombardia, Sezione Seconda, Sentenza del 27 gennaio 2012, n. 286
Avv. Michele Spadaro
di Milano, MI
Letto 631 volte dal 26/03/2012
E’ illegittima la revoca del contratto di soggiorno, stipulato a seguito della procedura di emersione di cui alla legge n. 102/2009, a motivo del fatto che il ricorrente era stato condannato per il reato di reingresso. L’art. 13, comma 13, del D.Lgs. n. 286/1998 è un reato in realtà non formalmente contemplato né dall’art. 380 né dall’art. 381 del codice di rito penale, visto che, nonostante la previsione dell’obbligatorietà dell’arresto, i limiti edittali della pena sono differenti e più bassi di quelli di cui al primo comma del citato art. 380, relativo appunto all’arresto obbligatorio in flagranza. Inoltre, la condotta punita dall’art. 13, comma 13, si sostanzia nel comportamento di chi si sottrae ad un provvedimento di espulsione, rientrando nel territorio nazionale e tale condotta, per quanto ovviamente suscettibile di sanzione, non pare assumere una gravità tale da giustificare addirittura una preclusione alla regolarizzazione, ai sensi della legge n. 102/2009.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
[...]
per l'annullamento
del provvedimento emesso in data 30.09.2011 dalla Prefettura di Milano - Sportello Unico per l'Immigrazione (prot. emers. revoca n. 241/2011) e notificato al ricorrente in data 07.10.2011 di revoca del contratto di soggiorno e ritiro del permesso di soggiorno rilasciato con scadenza 04.08.2013.
[...]
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO e DIRITTO
1. Con provvedimento del 30.9.2011, la Prefettura di Milano- Sportello Unico per l’Immigrazione, disponeva l’annullamento del contratto di soggiorno stipulato, a seguito della procedura di emersione di cui alla legge 102/2009, fra il datore di lavoro sig. Xxx ed il lavoratore extracomunitario sig. Yyy.
In particolare, l’Amministrazione rilevava che quest’ultimo era stato condannato dal Tribunale di Varese per il reato di cui all’art. 13, comma 13 , del D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico dell’immigrazione), reato ritenuto ostativo all’emersione, ai sensi della citata legge 102/2009.
Contro il menzionato provvedimento di annullamento era proposto il presente ricorso, con istanza di sospensione.
[...]
Nel provvedimento impugnato, l’Autorità Amministrativa ha ritenuto che il delitto di cui all’art. 13, comma 13 del D.Lgs. 286/1998, costituisce un reato ostativo all’emersione di cui alla legge 102/2009, stante la previsione dell’art. 1ter, comma 13 di quest’ultima, in forza del quale non è possibile alcuna regolarizzazione per i cittadini stranieri condannati per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale.
La fattispecie delittuosa di cui all’art. 13, comma 13, del D.Lgs. 286/1998 colpisce lo straniero espulso che rientra nel territorio nazionale senza una speciale autorizzazione ed è punita con la reclusione da uno a quattro anni; per essa è sempre obbligatorio l’arresto, anche fuori dei casi di flagranza (così espressamente il comma 13ter del medesimo art. 13).
Tale delitto presenta evidenti analogie con quello previsto dall’art. 14 comma 5ter del medesimo D.Lgs. 286/1998 nella sua formulazione originaria, prima degli interventi della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e del Consiglio di Stato, oltre che successivamente del legislatore italiano, che con la legge 129/2011 ha previsto per la fattispecie dell’art. 14 comma 5 ter la sola pena pecuniaria e non più detentiva.
Infatti, il citato art. 14 comma 5ter, puniva lo straniero, che si tratteneva in Italia in violazione dell’ordine di allontanamento del Questore, con la reclusione da uno a quattro anni, con obbligo di arresto in flagranza (così il successivo comma 5quinquies).
In merito al carattere ostativo all’emersione della condanna per il reato di cui all’art. 14, comma 5ter, è noto il dibattito giurisprudenziale, che in origine vide formarsi due differenti orientamenti, uno favorevole e l’altro contrario alla riconduzione del delitto in questione fra i reati ostativi all’emersione di cui alla legge 102/2009 (fra le decisioni nel senso contrario a tale riconduzione e quindi per il carattere non ostativo del reato cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 22.3.2011, n. 771, che ha affrontato il problema con profondità di argomentazioni).
Successivamente si è consolidato l’orientamento nel senso contrario alla qualificazione del reato di cui sopra come ostativo, dopo la fondamentale decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Ue), sez. I, 28.4.2011, causa C-61/11, che ha ritenuto incompatibile con il diritto della Ue – ed in particolare con la direttiva 2008/115/Ce - la disciplina dell’art. 14, comma 5ter sopra citata (alla decisione della Corte Ue hanno poi fatto seguito le sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 7 e n. 8 del 2011).
Ciò premesso, reputa il Collegio che gli indirizzi interpretativi formatisi sull’art. 14, comma 5ter possono essere utilizzati per arrivare alla conclusione della irrilevanza, ai fini dell’emersione di cui alla legge 102/2009, anche della condanna per il reato di cui al succitato art. 13 comma 13 del Testo Unico dell’Immigrazione, condanna da ritenersi pertanto non ostativa.
In primo luogo non si può prescindere dal dato letterale: l’art. 13 comma 13 è un reato in realtà non formalmente contemplato né dall’art. 380 né dall’art. 381 del codice di rito penale, visto che, nonostante la previsione dell’obbligatorietà dell’arresto, i limiti edittali della pena sono differenti e più bassi di quelli di cui al primo comma del citato art. 380, relativo appunto all’arresto obbligatorio
in flagranza.
Inoltre, la condotta punita dall’art. 13 comma 13, si sostanzia nel comportamento di chi si sottrae ad un provvedimento di espulsione, rientrando nel territorio nazionale e tale condotta, per quanto ovviamente suscettibile di sanzione, non pare assumere una gravità tale da giustificare addirittura una preclusione alla regolarizzazione, ai sensi della legge 102/2009.
Infatti, in relazione alla violazione degli obblighi di rimpatrio dei cittadini extracomunitari, la succitata sentenza della Corte Ue del 28.4.2011, ha cura più volte di ricordare che le misure necessarie per l’allontanamento di un cittadino di un paese terzo, la cui permanenza sia irregolare, devono essere adottate in maniera proporzionata e nel rispetto dei diritti umani fondamentali (cfr. ad
esempio il punto 38 o il punto 57 della sentenza).
Il sistema dei rimpatri previsto dalla direttiva 2008/115/Ce è improntato a regole di proporzionalità, evitando misure coercitive eccessive rispetto agli scopi della direttiva.
Da queste premesse, la Corte ha tratto la conclusione – come già sopra ricordato – che appare contraria al diritto dell’Unione la normativa italiana che prevede (o meglio, prevedeva), la sanzione della privazione della libertà personale nei confronti del soggetto espulso, per il semplice fatto che costui rimane sul territorio nazionale.
Di conseguenza, ad avviso del Collegio, la condotta di chi, destinatario di una espulsione, rientri nel territorio italiano, senza commettere altre ipotesi delittuose, non appare di tale rilevanza e gravità da giustificare la riconduzione alle fattispecie ostative di cui alla legge 102/2009.
Si badi che non è certamente in discussione, in questa sede, l’illiceità penale della condotta dell’art. 13, comma 13; più semplicemente lo scrivente Tribunale ritiene che la condanna non sia ostativa all’emersione, visto che la legge 102/2009, richiamando gli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, ha vietato l’emersione per fatti di rilevante allarme sociale, in grado di ledere beni giuridici di primaria importanza, con esclusione dei reati privi di tale caratteristica.
A differenti conclusioni non induce la lettura della previgente disciplina su pregresse regolarizzazioni di cittadini extracomunitari, fra cui - in particolare - quella di cui al decreto legge 9.9.2002, n. 195, convertito con legge 9.10.2002, n. 222.
Infatti, l’art. 1 comma 8 lettera a), del citato decreto legge, richiama espressamente, quale ipotesi di esclusione della sanatoria, l’art. 13 comma 13 citato, mentre nulla esplicitamente dispone la legge 102/2009, senza contare che in relazione a quest’ultima appare impossibile prescindere dalle conclusioni alle quali è giunta la Corte dell’Unione Europea, in base a quanto già sopra evidenziato.
Sulla fattispecie di cui è causa preme al Collegio evidenziare altresì, ai sensi dell’art. 74 del D.Lgs. 104/2010, un proprio precedente conforme, vale a dire la sentenza del TAR Lombardia, Milano, sez.
II, 29.11.2011, n. 2944.
Per le suesposte ragioni il provvedimento deve essere annullato, con assorbimento di ogni altra censura.
[...]
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
[...]
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2012 [...]
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